It's a Cliché

By -Happy23-

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Hayden Miller è un eccellente pianista, vincitore di moltissime competizioni, prossimo prodigio della Juillia... More

Premessa
Prologo
Capitolo 1
Capitolo 2
Capitolo 3
Capitolo 4
Capitolo 5
Capitolo 6
Capitolo 7
Capitolo 8
Capitolo 9
Capitolo 10
Capitolo 11
Capitolo 12 - Parte 1
Capitolo 12 - Parte 2
Capitolo 13
Capitolo 14
Capitolo 15
Capitolo 16
Capitolo 17
Capitolo 18
Capitolo 19
Capitolo 20
Capitolo 21
Capitolo 22
Capitolo 23
Capitolo 24
Capitolo 25
Capitolo 26
Capitolo 27
Capitolo 28
Capitolo 29
Capitolo 30
Capitolo 31
Capitolo 32
Capitolo 33
Capitolo 34
Capitolo 35
Capitolo 36
Capitolo 37
Capitolo 38
Capitolo 39
Capitolo 40
Capitolo 41
Capitolo 42 - Parte 1
Capitolo 42 - Parte 2
Capitolo 43 - Parte 1
Capitolo 43 - Parte 2
Capitolo 44
Capitolo 45
Capitolo 46
Capitolo 47
Capitolo 49
Capitolo 50
Capitolo 51
Capitolo 52
Capitolo 53
Capitolo 54
Capitolo 55
Capitolo 56
Capitolo 57
Capitolo 58
Capitolo 59 - Parte 1
Capitolo 59 - Parte 2
Capitolo 60
Capitolo 61
Capitolo 62
Capitolo 63
Capitolo 64
Capitolo 65
Capitolo 66
Capitolo 67
Capitolo 68
Capitolo 69
Capitolo 70
Capitolo 71
Capitolo 72
Capitolo 73
Capitolo 74
Epilogo
Capitolo 1 Bonus - Parte 1
Capitolo 1 Bonus - Parte 2
Capitolo 1 Bonus - Parte 3
Capitolo 2 Bonus - Parte 1
Capitolo 2 Bonus - Parte 2
Capitolo 3 Bonus - Parte 1
Capitolo 3 Bonus - Parte 2
Capitolo 3 Bonus - Parte 3
Capitolo 4 Bonus
Capitolo 5 Bonus
Profilo Instagram

Capitolo 48

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By -Happy23-

I nonni di Hayden non sembravano assolutamente della categoria di Meredith, anzi. Entrambi tra i sessanta e i settant'anni, erano due persone che non dimostravano assolutamente la loro età.

Abitavano in questa accogliente e piccola villetta vicino al mare, in quella via erano tutte uguali, bianche e in legno, con una veranda in quel momento coperta con lucine natalizie. L'interno era decorato con antichi e costosi mobili in legno scuro, tappeti, poltrone con motivi tipici dell'ambiente costiero e in più avevano in soggiorno un meraviglioso pianoforte a muro.

Dopo il nostro bagno al mare, e il nostro lungo bacio che venne interrotto da un mio urlo quando sentii qualcosa di sospetto toccarmi la gamba, Hayden guidò fino alla loro casa, nonostante fossimo gocciolanti e con nessun asciugamano.

Appena il nonno, Jeremy Miller, signore alto, capelli bianchi e corti, il viso ancora scolpito ma la pelle abbronzata leggermente segnata dall'età e un paio di occhi azzurri come cielo, aprì la porta di casa con appesa una ghirlanda, fu notevolmente sorpreso di trovarsi di fronte suo nipote e una sconosciuta completamente fradici e tremanti.

"Ragazzi, santo cielo, cosa vi è saltato in mente vi beccherete un accidente.

Questa reazione fu alquanto tranquilla, ma quella di sua nonna, Dorothea, fu divertente. Almeno per me. Era una bella signora, capelli bianchi e ben cotonati, con un fisico asciutto e ancora in forma, che quando ci vide sgranò gli occhi scuri e quasi la teglia di biscotti che aveva in mano stava per cadere.

"Giovanotto, vuoi per caso far ammalare questa ragazza? Portala immediatamente in bagno che sta tremando. E dalle dei vestiti asciutti, per l'amor di Dio."

"Ciao anche a te nonna. Si, ho freddo anche io. Grazie per averlo chiesto." 

Alla fine, riuscii a presentarmi ai nonni di Hayden in modo decente -e asciutto- solo dopo una bella doccia calda, che feci nel bagno privato della nostra camera da letto al piano superiore, sistemata apposta per il nostro arrivo.

«Mi dispiace per aver bagnato il pavimento.» mi morsi il labbro, guardando l'ingresso che però trovai asciutto.

«Oh, non preoccuparti cara. A Jeremy piace pulire. Non è vero, tesoro?» diede una pacca giocosa alla spalla del marito.

Lui alzò gli occhi, «il mio passatempo preferito.»

Eravamo seduti in salotto, lui su una poltrona, sua moglie seduta sul bracciolo con una tazza di caffè in mano e io seduta sul divano di fronte a loro ad aspettare che Hayden terminasse la sua doccia.

«Hayden ha detto che suoni.» commentò nonna Dorothea con un dolce sorriso.

«Già, sei tu che lo ha battuto, vero?» aggiunse Jeremy.

«Cosa? Oh, accidenti, devi essere stata orgogliosa.»

Sorrisi, «sono io. E si, devo ammettere che sia stato abbastanza soddisfacente.»

«Cos'è stato soddisfacente?» sentii Hayden dalle scale mentre ci raggiungeva.

Mi voltai e mi persi qualche a guardarlo, i capelli erano umidi ma ora indossava vestiti asciutti e caldi.

«Vincere contro di te.»

«È successo una volta, non vantarti troppo,» commentò seccato, «hai fame?»

«Non avete pranzato?»

Guardai sua nonna e negai con la testa.

«Ma, Hayden! Che figure mi fai fare. Avresti dovuto dirmelo.»

«Tranquilla, nonna. Preparo qualc--»

«Tu non entri nella mia cucina,» si alzò in fretta, «con quelle manacce metterai tutto in disordine.»

«Forse mi confondi con Brandon.» ribattè annoiato.

«O forse tu non ricordi quando mi hai bruciato quel pentolino che mi aveva regalato la mia cara amica Ophelia.»

«Avevo nove anni e quel pentolino era già rovinato.»

«Sei bugiardo proprio come quell'altro.»

Trattenni un sorriso dietro alla mano notando Hayden sgranare gli occhi incredulo.

«Quell--»

«Io starei zitto se fossi in te, ragazzo.» intervenne il nonno.

Alla fine sua nonna ci riscaldò due porzioni di lasagna fatta in casa. Era squisita ma non volevo chiederne ancora per risultare ingorda perciò mi limitai a ripulire per bene il piatto vuoto.

«Vuoi?»

Guardai il piatto di Hayden con una striscia intatta di lasagna.

«Sicuro? Non ne hai mangiata molta.»

«Prendi.»

Mi passò il suo piatto e felice terminai anche la sua porzione.

Nel pomeriggio, dopo aver fatto una breve passeggiata in quel quartiere molto silenzioso e pacifico, Hayden sparì con suo nonno in garage mentre io rimasi con Dorothea in soggiorno a sorseggiare del tè caldo.

Stavo osservando le foto sul camino. Alcune di color seppia ritraevano Dorothea e Jeremy da giovani, c'era anche un collage con tante piccole foto e riconobbi alcuni punti più famosi di New York.

«Questi sono i suoi figli vero?» chiesi, indicando la foto di due bambini, quello con gli occhi blu che aveva il braccio sopra le spalle dell'altro. Vestiti per bene e con i capelli a caschetto in ordine.

«Steven e Walt, si.» rispose, affiancandomi.

Assomigliavano molto ad Hayden e Brandon. Vagai con lo sguardo alla ricerca di una loro foto da piccoli, ma trovai solo una di Brandon su un'altalena, probabilmente all'età di quattro o cinque anni. E al suo fianco c'era una donna, molto bella, era sua madre. La riconobbi perché era lo stesso disegno che avevo visto nel diario di Hayden.

«Questi sono Brandon e Helen, sua madre,» disse indicando la foto che stavo osservando, «purtroppo è venuta a mancare diversi anni fa. Era una donna meravigliosa, troppo per uno come Walt...»

Le lanciai un'occhiata stranita e lei accennò un sorriso triste, «non dovrei parlare così, sono i miei figli ma...non sono stati ottimi genitori. Brandon ha avuto la fortuna di avere Helen affianco ma Hayden...lui è diverso.»

«Una volta mi ha raccontato che sua madre gli ha fatto portare via il cagnolino che gli aveva regalato Helen, e lo ha trovato...morto in strada.» mormorai, ancora scioccata da quella storia.

«Mi piacerebbe dire che è l'unica volta che si sia comportata da, perdona il francesismo, vera stronza, ma non è così,» rispose con occhi duri fissando ora le foto dei suoi figli, «...non so quanto sai di Hayden, ma la sua vita non è così brillante e perfetta come può apparire da fuori.»

Mi morsi il labbro e sospirai, «lui si sta aprendo, con calma. Ma l'ho sempre immaginato.»

Lei mi guardò incuriosita.

Mi sedetti sul bracciolo della poltrona e bevvi un sorso di tè prima di parlare, «ho sempre seguito Hayden per la musica e quello che scrive è sempre stato...cupo e particolarmente profondo. Quel tipo di musica non puoi farla se affronti solo cose belle nella vita.»

Ripensai alla confessione fatta in spiaggia e mi sentii ribollire il sangue dalla rabbia e il dolore.

Sorrise piano e poi andò a sedersi sul divano accavallando lentamente le gambe.

«Sai, quando Hayden ha detto che avrebbe portato un'amica mi sarei aspettata di tutto tranne che una persona come te.»

«Perché?»

«Perché tu sei tutto ciò che lui non è. Siete letteralmente il giorno e la notte, penso te ne sia accorta che non è esattamente la persona più amichevole e spensierata di questa terra...» ridacchiò.

«Giusto un paio di volte.» scherzai.

Lei rise brevemente e poi mi fissò, «sono certa che Hayden non si sarebbe mai aspettato di avere nella vita qualcuno come te. Qualcuno di così leggero. Probabilmente non se ne capacita anche lui.»

Non sapevo cosa dire ma il mio cuore accelerò lo stesso.

«Per qualche strano motivo ad Hayden piace la mia compagnia, anche se la maggior parte delle volte vorrebbe strozzarmi.»

«Conoscendolo, suppongo sia reciproca.»

«Abbastanza.» sospirai finta drammatica.

«Sei un'influenza positiva per lui e si vede, credimi.»

«Lui direbbe il contrario.» arricciai il naso.

«Perché è un bugiardo.» ruotò gli occhi.

Lo era.

«Sinceramente, ero preoccupata di conoscervi perché avevo paura di essere alla vostra altezza.» ammisi.

«Oh, tesoro, non dire sciocchezze. Noi siamo persone comuni,» scrollò le spalle, «sono i nostri figli che hanno fatto la fortuna e si sono persi il quel mondo maledetto del denaro. Ma a noi piace la semplicità.»

«Mi fa piacere di aver fatto un'impressione positiva.» ammisi leggermente imbarazzata.

«Chiunque riesca a far sorridere quel lupo solitario di mio nipote ha la mia approvazione e tu, cara, l'hai superata con l'eccellenza.»

Premetti le labbra in un sorriso che nascosi poi dietro la tazza per bere.

«Un'ultima cosa e che resti fra noi,» indicò lo spazio vuoto e poi mormorò, «tra te e quella sua amica modella, sei mille volte meglio te.»

«Oh, lo so,» mi pavoneggiai, «ma non diciamoglielo.»

Lei alzò la tazza, io feci lo stesso per imitare un brindisi di consenso e insieme ridemmo subito dopo.

⚜️

Mi girai verso Hayden appena entrato in bagno e misi le mani sui fianchi, tirando i muscoli addominali e tenendo lo spazzolino tra i denti.

«Cosa?» aggrottò la fronte.

«Focca.» biascicai.

Mi palpò una tetta.

«No!» gli scacciai una mano, «intendevo gli addominali.» dissi, dopo aver sputato il dentifricio ed essermi asciugata la bocca.

«Non l'hai specificato.» ammiccò, avvicinandosi all'altro lavandino a fianco al mio.

«Idiota,» sbuffai e mi rimisi con me mani sui fianchi sorridendo, «vai, tocca.»

Prima avevo notato che se li tiravo, si vedevano leggermente, tipo uno sputo--un sospetto di muscoli. Ma c'erano, giuro. Gli allenamenti con Hayden stavano iniziando a dare risultati, o forse era solo la mia immaginazione, di fatto mi facevano stare meglio.

Divertito, allungò una mano e mi tastò l'addome con due dita.

«Wow, acciaio.»

«Stronzo, guarda che ci sono.»

Tastò ancora ma essendo rilassata mi fece solo il solletico e infatti scoppiai a ridere. Mi scansai rapidamente e lo guardai male.

«Vuoi toccare i miei?» sogghignò, spremendo il dentifricio sullo spazzolino.

Si.

«Non è una gara.» puntualizzai.

«Se fosse la vincerei ad occhi chiusi.»

«Sai, non a tutte piacciono gli uomini muscolosi. Soprattutto quando sono troppo muscolosi.» ribattei altezzosa.

Mi guardò dallo specchio e si tolse lo spazzolino, «io sono troppo?»

Premetti le labbra perché lui era esattamente quello che sognavo. Di nuovo sorrise in quel modo fastidioso e mi fece sbuffare. 

Terminò di lavarsi i denti e si girò appoggiando una mano sul lavabo, «non hai risposto.»

«Non li voglio toccare.» mentii risoluta.

Poi, feci per andarmene ma mi tirò indietro circondandomi la vita e mi fece sedere sul ripiano in marmo che separava i due lavandini rettangolari.

«Mi fa piacere sapere tu stia iniziando a dimenticare quelle vocine bugiarde sul tuo corpo.» disse, picchiettando un dito sulla mia testa.

Accennai un sorriso e gli afferrai una mano giocando con le sue dita, «fa piacere anche a me.»

«Dai, tira.» punzecchiò l'addome.

Drizzai la schiena e tirai i muscoli.

Premette due dita e piegò in giù le labbra, «si. C'è proprio una nuova Wonder Woman in città.»

«Dio, se sei fastidioso.»

Sogghignò e poi mi buttò sulla sua spalla. Mi arresi al fatto che quella stesse iniziando a diventare una cosa normale e mi lasciai trasportare fino al letto.

«Allora, dobbiamo prendere una stanza d'albergo o possiamo restare qui?» domandò, piegando un braccio sotto la testa una volta sdraiato sul letto.

Ridacchiai e mi girai su un fianco per rispondergli.

«I tuoi nonni sono forti,» ammisi, «e tua nonna mi adora.»

«Già, ho notato,» si accigliò, fissando il soffitto, «ti ha addirittura fatto assaggiare i biscotti prima di me. Mi stai soffiando il posto di nipote migliore, Adams. Non lo accetto.»

«Io penso che non sia mai stato tuo.»

Mi fece un pizzicotto alla gamba nuda ma non mi fece male. Sorrisi e sentii il mio stomaco aggrovigliarsi quando lasciò la mano sulla mia coscia.

«Sei sereno con loro.» dissi, mettendo una mano sotto la guancia.

Guardò la sue dita muoversi sulla mia pelle nuda, «non sono come i miei genitori, mi trattavano come un bambino ma io non riuscivo ad esserlo. Non so come spiegarlo...»

«Non potevi comportati come bambino o ragazzino per tutti gli impegni che avevi.»

«Si,» deglutì, «diciamo cosi.»

«Da quanto non li vedevi?»

«Un anno più o meno.»

«Oh,» tentennai se continuare, «loro sono ancora in contatto con tuo padre e tuo zio o...»

«Si sentono il minimo indispensabile,» sospirò, «ci sono...cose che hanno fatto, che non possono essere perdonate e non hanno intenzione di farlo. Almeno, da mio padre. Per quanto riguarda mio zio- lui è semplicemente un coglione. Un ombra di mio padre.»

«Mi dispiace, Hayden.»

Mi guardò e portò la mano alle mie guance per schiacciarle, «non voglio sentirtelo dire, Adams. Non c'entri nulla.»

Annuii e mi liberò. Allungai un braccio con lo sguardo fisso sulle catene che sbucavano dal collo della maglia a maniche corte.

«Posso provarne una?» chiesi, passando il dito sopra alla catenina a serpentina. Tra tutte era quella che mi piaceva di più.

«Quale?»

Aveva abbassato il mento per vedere quale volessi e dopo aver osservato cosa stesse toccando il mio dito, con una mano raggiunse il retro del collo e pochi secondi dopo la catena si smollò.

«È la mia preferita, Adams. Trattala bene.»

«Pensavo di rivenderla, ci farei una fortuna.»

Alla sua brutta occhiata risposi con un ghigno divertito mentre mi sollevavo puntellando i gomiti per lasciare che me la allacciasse al collo. Rabbrividii nel sentire le sue dita sfiorare la mia pelle ma ignorai la sensazione.

Non era pesante ma sentivo la sua presenza attorno al mio collo una volta agganciata. Sorridente, afferrai il telefono dal comodino alla mia sinistra e attivai la fotocamera per guardare il mio collo con la sua collana.

«Sta meglio a me, ovviamente.» mi vantai, accarezzando le faccette dorate.

Non era vero. Su di lui stava mille volte meglio. Ma ammettevo che mi piacesse molto anche attorno al mio collo.

Poco dopo la sua mano si intrufolò sotto la canotta e avvolse un seno nel suo grande palmo, affondando le dita nella carne abbondante che sbucava fuori dallo scollo. Nello stesso momento, si avvicinò e nascose il volto nell'incavo del mio facendomi accelerare il battito, che temetti sentì.

«Scatta la foto.» morse il mio collo.

Deglutii ma riprendendomi solo dalla bocca in giù, feci quanto richiesto.

Poi, lasciai il telefono sul comodino e chiusi gli occhi sentendo il suo palmo sfregare contro la punta turgida e ansimai piano. Mi stava baciando anche il collo e sapevo dove avrebbe portato tutto quello.

«I tuoi nonni dormono...»

«Se fai piano non sentiranno.» cantilenò roco, stuzzicando la punta e mandandomi una scarica elettrica lungo la spina dorsale.

Imprecai sottovoce quando si spostò sopra di me e sollevando la canotta, tuffò il viso nei miei seni baciandoli e succhiandoli. Mi sfilai la canotta, ormai arrotolata sopra le spalle, e affondai le dita nei suoi ricci che mi solleticavano la pelle delle braccia e inarcai la schiena facendogli premere la bocca contro di me.

Più avevo una dose di lui e più non ne avevo mai abbastanza.

Succhiò i miei capezzoli rubandomi leggeri gemiti poi iniziò ad abbassarsi e notai i segni rossi lasciati da lui sui miei seni. Mi baciò l'addome in vari punti. Tracciò una linea di baci umidi che arrivarono fin sotto l'ombelico e ansimai tirandogli i capelli.

«Solleva i fianchi, bellissima.» disse contro la mia pancia.

Affannata e immersa in una pozza di desiderio, alzai i fianchi e lui mi tirò giù i pantaloni e le mutandine fino a sfilarli completamente e buttarli a terra.

L'aria della stanza colpì il mio corpo nudo ma non avevo freddo. La mia pelle era ustionante e quando, tenendo il contatto visivo con me, mi spalancò le gambe il mio sangue ribollì di piacere nelle vene.

«Così bella...» baciò l'interno coscia, accarezzandomi le gambe, «immensamente bella.»

Le mie palpebre faticavano a stare aperte e tirai le lenzuola sotto di me per allentare quella tortura. Le sue labbra baciavano ovunque tranne ciò che doveva essere toccato. Quando succhiò un lembo di pelle, mi sfuggii squittio per la vicinanza alla mia intimità.

«Piano, Kay.» mormorò come una melodia dalle note della dolce e affamata lussuria.

Mi morsi il labbro e finalmente, buttai fuori un sospiro sollevato quando affondò la lingua tra le mie pieghe calde e scivolose. Assaporò e divorò ogni angolo di me, affondando e scandendo con colpetti precisi la voglia di sentirmi contro di lui.

Presi il suo cuscino e le lo portai sulla faccia per soffocare i gemiti che ormai non riuscivo a controllare. Mentre lui puntellava la lingua dentro di me e accarezzava le mie pareti strette, io non riuscivo a stare ferma. Mi agitai cercandolo sempre di più. Lui dovette piantarmi una mano sul basso ventre per bloccarmi i movimenti e poi la sentii risalire lungo mio busto e massaggiare il mio seno.

«Cazzo, Hayden.» piagnucolai contro le piume del cuscino.

I suoni della sua lingua a contatto con i miei umori riempivano la stanza ed erano gloriosamente osceni. Potevo sentire quando fossi eccitata.

Succhiò avidamente un labbro e poi fece lo stesso con l'altro. E ripetè tutte le altre mosse. Stuzzicando il mio centro pulsante e gonfio che amava essere stimolato dalla sua lingua esperta.

Spostai il cuscino per guardarlo con occhi appannati e affondai una mano nei suoi capelli tirandoli e facendolo gemere rauco contro di me. Quello mandò delle vibrazioni in tutto il mio corpo.

«Devi venire sulla mia faccia.» mormorò facendomi perdere l'ultimo briciolo di sanità rimasta.

Baciò ogni singolo centimetri del mio sesso infiammato poi tornò dentro di me con la lingua. Soffocai un gemito potente perché contemporaneamente prese a stuzzicare con il pollice il bottoncino pieno di nervi e quella bolla di piacere aumentò a dismisura.

Iniziavo a sentire la pressione dell'orgasmo nel basso ventre e mi dimenai contro di lui tentando di chiudere le gambe con insuccesso perché era in mezzo.

«Dio...» gemetti piano ad occhi chiusi.

«Quello non è il mio nome.» ruggì, tornando nell'immediato a stuzzicarmi.

Così, dissi il suo nome più e più volte quando finalmente esplosi e lasciai che l'orgasmo mi travolse facendomi affogare nell'immenso piacere. Le gambe mi tremarono e le palpebre si fecero più pesanti mentre un sorriso appagato si incurvò sul mio viso.

Mi sovrastò nuovamente con la sua bellezza solo dopo aver leccato anche l'ultima goccia e ci scambiammo un bacio crudo e per niente romantico. Assolutamente l'opposto di quello di questa mattina ma riuscì comunque a strapparmi l'ossigeno.

Una sua mano scese sfiorando il mio corpo e accarezzando la mia coscia. Premette le dita nella mia carne e fu un gesto spontaneo sollevare i fianchi per cercarlo e sentirlo. Lui purtroppo mi tenne giù e si staccò dal bacio che aveva surriscaldato il mio corpo.

«Piano, Adams.» mi morse il giocosamente il collo.

Arrossii e soffiai uno 'scusa'. Continuò a muovere la mano lungo la coscia, arrivando al ginocchio piegato e sollevato, e scendere affondando i polpastrelli con sicurezza. Imprimendo la sua presenza.

«Serve una mano?» scherzai, quando scese con le labbra sul mio petto.

«Non preoccuparti.» borbottò, mordendo la mia carne morbida.

«Non farmi passare per l'amica egoista.»

Sollevò la testa, le labbra ancora gonfie e rosse e i suoi occhi blu sembrarono fari che segnavano la strada per l'inferno.

«Non osare ridere ma sono venuto da solo.»

«Oh.»

Non potei fare a meno di sorridere e lui ruotò gli occhi, «non darti troppe arie, Adams.»

Ridacchiai, «tranquillo, il tuo segreto è al sicuro con me.»

Strinse lo sguardo e mi diede un pizzicotto sulla coscia facendomi quasi strillare.

«Stronzo.»

«Stronzo è proprio l'ultimo modo in cui dovresti chiamarmi dopo essere venuta sulla mia faccia, grazie a me

Dannato narcisista.

Subito dopo lo feci spostare, con sue lamentele, e recuperai i miei vestiti. Feci una tappa veloce in bagno, ricevendo uno schiaffo sonoro sul culo che mi fece ridere e, dopo essermi sistemata, fu lui ad andare in bagno con un nuovo paio di boxer.

Quando tornò a letto stavo rispondendo ad un messaggio di Donna.

«Chi è?»

«Il mio fidanzato.»

«La mia lingua lo saluta con affetto.»

Gli lanciai un'occhiata divertita poi lasciai il telefono sul comodino e tirai le coperte sotto al mento. La luce ora era quella notturna che entrava dalle finestre frontali a noi.

Il suo braccio si chiuse attorno alla mia vita e mi tirò contro il suo petto.

«Oh,» mi toccai il collo, «la collana--»

«Domani. Ora, dormi.» mugugnò contro la mia testa.

Sospirai mentre la sua mano trovava il solito posto sul mio seno.

«Hayden...» mormorai, fissando la stanza semi buia.

«Mh?»

Deglutii, «grazie per esserti confidato con me.»

Seguì un assordante silenzio che mi fece pensare che forse avrei dovuto non dire nulla. Poi, però, mi strinse come se potesse farlo ancora più di quanto già non stesse facendo e quasi mi spezzò il respiro.

Non rispose a voce ma mi baciò con premura la testa e fu abbastanza per farmi rilassare. Fu tutto quello che mi serviva per farmi rilassare e finalmente cadere nel sonno profondo.

⚜️

«Sai cosa mi piacerebbe fare?» dissi, allungando le gambe sul cruscotto.

Lanciò uno sguardo contrariato ai miei piedi ma disse solamente, «cosa?» 

«Un piercing al capezzolo.»

Il suo silenzio piombò in auto, Lo guardai con un sorriso a fior di labbra. Lui strinse la mano sul volante e con l'altra si prese il labbro inferiore stringendolo.

«Ah.»

«Sono indecisa se farlo sul destro o sul sinis--»

«Destro.»

«Vada per il sinistro.» schioccai.

«Ma a me piace sul destro.» protestò.

«E a me non interessa,» risi scuotendo la testa e poi continuai, «vorrei farmi anche qualche tatuaggi, ma costano troppo. E i miei mi ucciderebbero.»

Fissai il lungo mare alla mia destra e sorrisi nel vedere un cagnolone tuffarsi il mare per recuperare un bastone.

Era tardo pomeriggio, il sole stava quasi per tramontare e Hayden aveva deciso di portarmi in un posto ma eravamo in macchina da quasi mezz'ora e ancora non eravamo arrivati. 

«In quali punti?» mi lanciò un'occhiata traversa.

«Sicuramente dove c'è la clavicola -la scoprii maggiormente dallo scollo della maglia- poi, ovviamente, in mezzo al seno che prende anche lo sterno, e--»

«Non penso di aver capito bene, dovresti mostrarmelo.»

Gli diedi una sberla sulla mano quando provò a sollevare la felpa.

«Stai guidando, Miller. Concentrati su quello.»

«Difficile farlo quando mi parli di piercing e tatuaggi sulle tette.» borbottò.

Risi e continuai, «mi piacerebbe sul costato e anche sulla spina dorsale, ma dicono che fanno male sulle ossa quindi non lo so.»

«Non è così insopportabile.»

«La tua soglia di dolore è decisamente più alta della mia, Mr Robot,» ribattei, «e anche, un simbolo e una parola qua -indicai la zona inguinale con sorrisetto malizioso- e anche sul culo.»

Restò a fissare le mie cosce e poi inspirò a fondo tornando a fissare la strada deglutendo.

«Non dovresti farli quelli.»

«Perché?»

«Perché mi costringerai a far perdere gli occhi e le mani di chiunque ti toccherà in quei punti.» replicò rauco.

Il mio stomaco si infiammò, «non puoi essere così geloso, Miller.» Di me.

«Non mettermi alla prova.»

Scossi la testa e cercai di ignorare a tutti quei battiti mancati, «tu sai farli?»

Mi lanciò uno sguardo con un sorriso pigro, «si, ma non posso farteli io.»

«Perché no?»

«Non ho tutto questo autocontrollo. Potrei farti di tutto, tranne che i tatuaggi.»

«Non vedo il problema, Miller.» lo provocai con un sorrisetto.

Lo vidi scuotere la testa fissando il finestrino e poi sospirò a fondo appoggiando la nuca al poggiatesta, «e sappi che questo è un problema, Adams.»

Si, lo sapevo bene.

Parcheggiò in prossimità di una lunga e deserta spiaggia. Il sole stava per raggiungere la linea dell'orizzonte e perciò il cielo aveva queste pennellate più o meno sottili di rosa, arancione e rosso se ci si avvicinava al sole infuocato. Dall'altra parte il manto era di quel blu ceruleo che man mano ci si spostava diventava sempre più scuro.

Ma ciò che catturò l'occhio fu questo lungo ammasso di sassi che portava ad un faro in mezzo al mare.

«Hai la chiave per entrare?» domandai, attenta a non scivolare sui sassi bagnati dagli schizzi delle onde che si infrangevano ai lati.

«Non distrarti e cammina.» rispose alle mie spalle.

Aveva insistito nel farmi andare per prima perché non voleva rischiare che cadessi e non se ne accorgesse.

«E se c'è il guardiano?» lanciai un'occhiata alla base del faro, c'era una porta chiusa.

«Non c'è.»

«Come lo sai?»

«Se non stai zitta ti butto in mare.»

Gli feci il verso consapevole che non potesse vedermi e continuai a camminare su quei grossi massi mantenendo l'equilibrio.

Appena raggiunsi la terra su cui era stato costruito quel gigante faro, mi voltai e mi guardai attorno. La spiaggia era ad almeno un centinaio di metri di distanza e poche persone stavano passeggiando. Inoltre qui il vento tirava più forte e ringraziai che Hayden mi avesse dato la sua felpa. Lo affiancai e mi accigliai notando che avesse una grossa chiave in mano.

«Dove l'hai presa?»

Mi lanciò un'occhiata sbieca mentre apriva la porta in metallo cigolante, «è un segreto.»

«Sei sicuro possiamo entrare?»

«No,» sospirò esausto spingendomi però a farlo, «se ci beccano dirò che sono tuo ostaggio e ti farò arrestare.»

«Davvero simpatico.»

Ruotò gli occhi e iniziò a salire le alte scale a chiocciola in ferro, «stai attenta.»

Dopo dieci scalini mi girava già la testa. Ma mi feci forza e proseguii.

Una volta arrivata in cima spalancai la bocca alla vista del bellissimo tramonto che si vedeva dalle vetrate e c'era anche una porta che ti permetteva di uscire su questo balconcino che circondava tutto il perimetro.

«Wow...è stupendo.» mormorai senza fiato avvicinandomi al vetro. Non era pulitissimo ma mi concentrai solo sulla palla arancione che stava per toccare l'oceano e rifletteva i suoi colori in esso.

«Vieni.» Hayden mi afferrò la mano e mi portò alla porta.

Dopo averla aperta notai quando fossimo davvero in alto ed ebbi per un momento paura di mettere anche solo la punta del piede su quel balcone fatto di cemento e legno.

«È solido, non preoccuparti.»

Mi fidai di lui ed uscimmo. L'aria quassù era decisamente più forte e mi strinsi nei vestiti. Hayden si sedette a terra e mi tirò giù con sé, facendomi sistemare tra le sue gambe con la schiena premuta contro il suo petto. Tra le assi di legno del parapetto si poteva scorgere il tramonto e fu qualcosa di spettacolare.

Sembrava tutto così magico e romantico.

«Ci sei venuto spesso?» chiesi, fissando incantata quella meraviglia naturale.

«Qualche volta, soprattutto di notte.»

Di notte era tutto un'altra storia. L'oceano era buio ma con la luna a specchiarci era una vista suggestiva.

«Si vedono bene le stelle da qui.» aggiunse.

Alzai lo sguardo e dalla parte del cielo in attesa della notte si poteva intravedere qualche lucina bianca.

«È bellissimo...» soffiai, puntando lo sguardo all'orizzonte.

Il sole aveva iniziato la sua discesa e scomparsa dietro il mare.

«Lo è.»

Accennai un sorriso, «se il mio ragazzo non mi porterà in posti del genere mi arrabbierò molto.»

«Se il tuo ragazzo non ti porterà in posti del genere, lo prenderò a calci in culo e ti ci porterò io.»

Il mio cuore sprofondò lentamente come il sole affondava nell'oceano e dovetti ripetermi più e più volte che non diceva mai sul serio.

Notai poi a terra, sulle assi in legno, che c'erano delle scritte in pennarello: date con cuori, sigle, qualche insulto, frasi...
Mi girai tra le sue braccia e scoprii che ci fossero anche sul muro esterno del faro.

«Chiunque venga qui deve scrivere qualcosa. È la regola del faro.»

Mi alzai e sfiorai il muro con tutte quelle scritte che prima non avevo notato. Erano davvero molte.

«Anche tu hai scritto qualcosa?» chiesi, lanciandogli velocemente un'occhiata mentre si alzava e veniva al mio fianco.

«No.»

«Ovviamente devi fare sempre il noioso.» borbottai.

La maggior parte erano di coppie. Venni sopraffatta da un senso di profonda tristezza nel sapere di essere con la persona che mi faceva battere il cuore e non poter dire o fare niente.

«Ehi,» sentii le sue dita sfiorarmi la guancia e la girai, «cos'hai?»

Deglutii e mi appoggiai al muro mettendo su un sorriso, «niente.»

I suoi occhi indugiarono nei miei con sospetto e mormorò, «non è vero.»

«I ragazzi tendono a smettere di fare domande dopo che hanno sentito 'niente'.»

«Dovresti aver capito che non sono come gli altri.»

«Fidati, l'ho capito...» sospirai.

L'avevo capito troppo bene.

Si accigliò leggermente e poi fece scivolare entrambe le mani dietro alla schiena mentre aderiva con il corpo al mio. Mi ritrovai rinchiusa in quella bolla che sapeva togliermi il fiato e improvvisamente non sentii più freddo.

Come mi guardava mi fece sentire le farfalle nello stomaco e le insultai perché dovevano imparare a farsi gli affari loro.

«Voglio baciarti.» sussurrò.

«L'hai già fatto ieri.» gli ricordai con un sorriso languido, allacciando le braccia dietro al suo collo.

«Voglio farlo anche oggi. Adesso.» mormorò roco, fissandomi negli occhi.

Tanto ero già fottuta, peggio di così non poteva andare.

«Mi vuoi baciare di fronte ad un tramonto, Miller,» cantilenai giocosa, «dovrei iniziare a preoccuparmi?»

«Il tramonto è un dettaglio irrilevante,» guardò le mie labbra e poi nuovamente i miei occhi con un ghigno, «io ti bacerei ovunque.»

Lui non poteva dire certe frasi. Non doveva proprio. Perché se parlava così, io non potevo fare altro che alzarmi sulle punte e baciarlo. Che fu proprio quello che feci.

Ansimò sulle mie labbra e mi spinse indietro contro al muro per poi sollevarmi dalle cosce e farmi aggrappare a lui. La sua bocca premette la mia con impeto e il rumore degli schiocchi sonori si perse tra l'eco del mare portato via dal vento.

Sapevo che avrei dovuto fermare tutto quello. Dirgli la verità, che avevo infranto una delle regole del nostro patto e non potevamo più andare avanti ma non potevo. Semplicemente non avevo la forza, il coraggio, di perdere tutto quello. Avrei vissuto in quella dolce menzogna che aveva tanto il retrogusto amaro di una favola interrotta, senza il vissero felici e contenti.

Mi abbandonai completamente a quello scontro magico di labbra, ne bevvi ogni singola goccia e mi lasciai sedurre dal suo movimento lento e profondo che sapeva far vibrare quei punti del cuore che nessuno sarebbe mai più stato in grado di fare.

Quando mi allontanai senza fiato, il sole stava portando con sé anche l'ultimo spicchio lasciandoci in balia della notte, concludendo così il suo operato.

I nostri nasi ancora si sfioravano e mentre riprendevo ossigeno appoggiai la fronte alla sua con il cuore pieno di lui.

«Non dovresti baciarmi così...» confessai debole.

«Tu non dovresti lasciarmelo fare.»

Uno spillo acuto mi fece sobbalzare il cuore. Hai ragione, pensai, ma non posso fare altrimenti.

Si sporse nuovamente e mi baciò a fior di labbra un paio di volte facendo fare una capriola al mio stomaco.

«Non...dovresti neanche così.» deglutii.

«Fermarmi.» disse di gola.

Incastrò le labbra alle mie e le pressò dolcemente, come se fossero petali preziosi da non rovinare troppo. Continuò a baciarle in quel modo soffice e indecente che mi fece sognare di non svegliarmi mai.

«Dovremmo...tornare dai tuoi nonni.» mormorai tra un bacio e l'altro.

«Già,» mi baciò l'angolo della bocca, «dovremmo.»

Quando provò a baciarmi ancora mi staccai con una forza che non credevo di avere e gli premetti una mano sulla bocca.

«Smettila.»

Sorrise contro il mio palmo e subito dopo mi mise a terra. Le mie gambe tremarono leggermente.

«Prima voglio fare una cosa.»

Mi accigliai ma mi tappai la bocca quando lo vidi tirare fuori dalla tasca della giacca un pennarello indelebile.

Stappò il tappino con i denti e non potei non arrossire quando notai quanto fossero gonfie e rosse le sue labbra. D'istinto mi morsi le mie e sentii ancora il suo sapore.

Curiosa lo osservai mentre appoggiava la punta nera su una parte libera del muro scritto e iniziò a scrivere.

Ultimo bacio?

Cercai di non sorridere come un'idiota poi gli rubai il pennarello e scrissi sotto la sua frase: Chiedilo bene

Borbottò qualcosa e riprese il pennarello.

Subito.

Non era quello che intendevo ma quella sera arrivammo comunque tardi a cena.





S/A

Non potevo non fare un regalo di Natale👼🌅

➡️Attenzione...la quiete sta per terminare😶‍🌫️

Lasciate una stellina e un commento se vi è piaciuto!

A presto, Xx❤️👽


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