It's a Cliché

By -Happy23-

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Hayden Miller è un eccellente pianista, vincitore di moltissime competizioni, prossimo prodigio della Juillia... More

Premessa
Prologo
Capitolo 1
Capitolo 2
Capitolo 3
Capitolo 4
Capitolo 5
Capitolo 6
Capitolo 7
Capitolo 8
Capitolo 9
Capitolo 10
Capitolo 11
Capitolo 12 - Parte 1
Capitolo 12 - Parte 2
Capitolo 13
Capitolo 14
Capitolo 15
Capitolo 16
Capitolo 17
Capitolo 18
Capitolo 19
Capitolo 20
Capitolo 21
Capitolo 22
Capitolo 23
Capitolo 24
Capitolo 25
Capitolo 26
Capitolo 27
Capitolo 28
Capitolo 29
Capitolo 30
Capitolo 31
Capitolo 32
Capitolo 33
Capitolo 34
Capitolo 35
Capitolo 36
Capitolo 37
Capitolo 38
Capitolo 39
Capitolo 40
Capitolo 41
Capitolo 42 - Parte 1
Capitolo 42 - Parte 2
Capitolo 43 - Parte 1
Capitolo 43 - Parte 2
Capitolo 44
Capitolo 45
Capitolo 46
Capitolo 48
Capitolo 49
Capitolo 50
Capitolo 51
Capitolo 52
Capitolo 53
Capitolo 54
Capitolo 55
Capitolo 56
Capitolo 57
Capitolo 58
Capitolo 59 - Parte 1
Capitolo 59 - Parte 2
Capitolo 60
Capitolo 61
Capitolo 62
Capitolo 63
Capitolo 64
Capitolo 65
Capitolo 66
Capitolo 67
Capitolo 68
Capitolo 69
Capitolo 70
Capitolo 71
Capitolo 72
Capitolo 73
Capitolo 74
Epilogo
Capitolo 1 Bonus - Parte 1
Capitolo 1 Bonus - Parte 2
Capitolo 1 Bonus - Parte 3
Capitolo 2 Bonus - Parte 1
Capitolo 2 Bonus - Parte 2
Capitolo 3 Bonus - Parte 1
Capitolo 3 Bonus - Parte 2
Capitolo 3 Bonus - Parte 3
Capitolo 4 Bonus
Capitolo 5 Bonus
Profilo Instagram

Capitolo 47

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By -Happy23-

Quella mattina ero in viaggio per Charleston con Hayden. Sapendo che i miei genitori, soprattutto mio padre, non avrebbe mai accettato di lasciarmi andare in un'altra città con solo un ragazzo 'con cui avrei potuto fare chissà che cosa', avevo detto loro che sarei stata qualche giorno da Mal essendo da solo per un paio di giorni. In realtà lui sarebbe stato a casa Miller con Brandon, ma loro non lo avrebbero mai scoperto.

Era perciò da diversi minuti che si stava creando una lotta interna per la decisione di restare a fissare la mano che aveva deciso di appoggiare fin da subito sulla mia coscia, oppure di fare finta di niente e guardare fuori dal finestrino.

Alla fine, vinse la mano perché quegli anelli e quelle vene attivavano in me pensieri molto sbagliati ma impossibili da non immaginare.

Non avevo idea del perché avesse voluto mettere la mano lì, di certo non era un gesto da semplice amico, ma non mi potevo lamentare. Mi piaceva.

Eravamo partiti da non molto, e secondo le tempistiche del Mr togli-i-piedi-dal-cruscotto saremmo arrivati per mezzogiorno. Alla fine, saremmo restati lì due notti e sinceramente l'idea di passare quarantotto ore con lui sembrava così surreale che se non fosse stato per il calore che irradiava la sua mano sulla mia pelle, non ci avrei nemmeno creduto.

Sovrappensiero, raggiunsi la mano e gli sfilai l'anello d'oro a fascia larga che si trovava sul medio. Me lo provai nonostante fossi già consapevole che mi sarebbe stato gigante su ogni dito. Era semplice ma bello. E sicuramente caro.

«I tuoi nonni sanno che avranno ospiti?» gli chiesi mentre gli provavo l'anello su altre dita per vedere dove stesse meglio. Lui mi lasciò fare.

«Si.»

«E a loro va bene? Sono d'accordo?»

«No, hanno detto che dormirai in giardino. Ti darò due coperte, così non avrai freddo.»

Lo guardai male e sbuffò una mezza risata.

«Certo che sono d'accordo.»

Sospirai e mi morsi il labbro, «come sono? Voglio dire...potrebbero storcere il naso nel vederti con qualcuno non ricco o a loro non importa?»

Sono più come Brandon o come Meredith?

Mi guardò traverso e prese a muovere il pollice sul tessuto elastico che copriva la mia coscia, «sei preoccupata di non poter piacere perchè non sei ricca?» Lo aveva detto come se fosse un'assurdità.

«Sono abituata a persone più come me che come te. Io non ho mai preso champagne e caviale durante una ipocrita cena di beneficenza.»

Pensai di essere stata troppo cattiva ma poi lo vidi sorridere.

«Fa schifo il caviale e quelle cene sono piene di gente ipocrita,» mi strinse la coscia come per darmi supporto, «ma i miei nonni sono brave persone. Ti troverai bene, fidati.»

Mi dava sollievo perchè non credevo che i suoi genitori lo fossero stati.

«...ma se così non fosse, dovrai solo dirmelo e andremo in un hotel.»

Era gentile ma non lo avrei mai detto. Speravo però che avesse ragione e che fossero persone simpatiche e che non mi guardassero dall'alto al basso come Meredith.

L'argomento cadde e io puntai lo sguardo fuori dal finestrino, beandomi della sensazione delle sue dita scorrere sulla mia coscia. In quella mattinata invernale il cielo era privo di nuvole e il sole splendente era l'unico protagonista.

A metà strada ci fermammo in un punto di sosta con un benzinaio e un piccolo negozio che vendeva qualsiasi cosa.

«Vuoi qualcosa?» chiesi, tirando su tutta la cerniera della giacca.

«No, tu?»

Scrollai le spalle, «entro a fare un giro. Vieni?»

Annuì e insieme ci dirigemmo verso il negozietto.

Dietro al bancone, subito a destra dell'entrata, c'era solo un ragazzo smilzo con un paio di occhiali decisamente troppo grandi per il suo viso e la targhetta sulla maglietta a righe diceva Klaus.

Ci accolse con un saluto che ricambiammo. All'interno c'erano altri clienti, più precisamente un gruppetto di quattro ragazzi, probabilmente sulla nostra età, non propriamente silenziosi.

Mi allontanai momentaneamente da Hayden andando nel reparto dolci e biscotti. Mi ero allenata il giorno prima con lui, quindi, era doveroso un po' di energia. Dovevo ammettere che nonostante fossero passate solo un paio di settimane da quando avevo iniziato mi sentivo meglio. Non vedevo i cambiamenti ma psicologicamente era un bel modo di distrarsi e sfogarsi un po'.

Passai in rassegna tutti i prodotti fino a che non decisi prendere un pacchetto di Oreo, quelli ricoperti di cioccolato. Mi allungai per afferrarne uno e in quell'esatto momento sentii un paio di fischi provenire alle mie spalle.

«Hai un culo che urla!» esclamò una voce maschile. Una proveniente da quel gruppo di ragazzi.

«E scommetto che supplica di essere sfondato.» sghignazzò un altro.

Mi voltai di scatto, disgustata dai commenti, ma non feci in tempo a dire qualcosa che Hayden sbucò a lato dello scaffale e si avvicinò lento, come a voler gustare con calma la sua preda. A differenza di loro quattro era più alto e grosso e potei vedere i volti dei ragazzi farsi meno divertiti.

«Se non volete che io vi sfondi la faccia a pugni, vi consiglio di sparire in fretta.»

Mi avvicinai per tirarlo indietro perché non c'era bisogno di minacciarli, era solo un gruppo di idioti senza cervello.

«Scusa, fratello, non sapevamo fosse con te.»

Sempre la solita frase

«Con lui o no, non dovete permettevi di fare commenti del genere,» intervenni seccata e afferrai il braccio di Hayden, «dai, lascia stare.»

«Era solo un complimento, bellezza.» disse spavaldo uno dei quattro. Sembrava quello più "duro".

«Già, bellezza, non c'è bisogno di scaldarsi tanto. Era solo un complimento.» lo spalleggiò, strascicando le parole. Dagli occhi rossi potevo giurare che fosse fatto.

Hayden fece per voltarsi e affrontarli nuovamente ma gli strinsi il polso e lo guardai decisa, «ignorali.»

«Cazzo, andiamo via, che questi non sanno neanche scherzare...» li sentii dire.

«Lascia stare, ho detto.» scandii appena lo vidi serrare la mascella.

«Ti hanno mancato di rispetto.»

Sospirai, «sono solo dei coglioni.»

Tornai allo scaffale e recuperai il mio pacchetto senza nessun altro commento indesiderato. Pagai con i miei soldi, con qualche lamento di Hayden, e poi tornammo alla macchina.

«Vuoi?» morsi metà biscotto e allungai il pacchetto con l'altra mano.

«No. E non li mangi dentro.» disse, appoggiandosi alla portiera del passeggero.

«Guarda che non sbriciolo.»

«No.»

Ruotai gli occhi e tirai fuori un altro biscotto che -ovviamente- perse alcune briciole. Hayden inarcò un sopracciglio e io gli feci il verso. In auto non avrei sporcato, sarei stata attenta.

Presto la mia attenzione venne catturata da un gruppo di ragazzi, questa volta più grandi, che erano appena scesi da una macchina e stavano parlando tra loro; essendo lontani non capii molto, l'aria invernale trasportò solo poche parole.

Ma, più che al discorso, ero decisamente in fissa su uno dei quattro perché era un gran figo. Aveva gli occhiali da sole appoggiati ad alcune ciocche leggermente ondulate castano chiaro e potevo giurarci che anche gli occhi fossero chiari. Aveva un sorriso furbo ma allo stesso tempo tenero grazie ad una fossetta che stava abbellendo il suo volto.

Restai a fissarlo come un'idiota anche mentre camminarono spaiati e, sentendosi probabilmente osservato da una maniaca, saettò con lo sguardo a destra trovandomi. Perlustrò il mio corpo, in quel momento solo le gambe erano visibili grazie ai leggings di yoga perché sopra indossavo piumino abbastanza pomposo, e arrossii quando mi fece l'occhiolino.

«Basta così, entra.» sbottò Hayden.

«Cosa? Ma hai detto che--»

«Sali

Sbuffando incredula, aprii la portiera ed entrai. Una volta seduta lanciai nuovamente uno sguardo ai ragazzi che però stavano entrando nel negozietto e mi davano le spalle.

Hayden sfuggì da quel parcheggiò più rapido che mai e soprattutto senza fiatare.

Sgranocchiai un altro biscotto e poi lasciai i restanti nel pacchetto che infilai nella portiera. Controllai se avessi briciole e poi mi tolsi la giacca lanciandola nei sedili posteriori.

Dopo altri dieci minuti di silenzio tombale mi decisi a parlare.

«Sei arrabbiato perché mi ha fatto l'occhiolino?» domandai genuinamente.

Inspirò a fondo e tamburellò le dita sul volante guardando la strada, «no.»

«Sicuro?»

«Si.»

Non gli credevo.

«Era carino. Mi piacciono le fossette.»

«A me piace quando stai zitta.» ribadì piatto.

«Che antipatico.» lo guardai male.

«Vuoi che ti porti dal ragazzo carino con le fossette? Scommetto che sarà più simpatico di me.»

Incrociai le braccia, sorridendo sorniona, «sei geloso perché mi ha fatto l'occhiolino.»

Si passò la lingua sui denti, scuotendo la testa, «ero di fianco a te, sarei potuto essere il tuo ragazzo, e quello ci ha comunque provato con te.»

«Ma non lo sei.» E non ci aveva provato con me.

«Ma lui questo non lo sa.»

«Si è girato solo perché si era sentito osservato,» mi morsi il labbro, guardando fuori dal finestrino, «se tu fossi il mio ragazzo, non avrei neanche fatto caso a loro.»

E proprio perchè non lo sei, non posso restare a fissarti. Meglio farlo con gli sconosciuti.

Sentii il suo sguardo bruciarmi la guancia -o forse ero anche arrossita-, lo guardai di striscio. E gli feci l'occhiolino.

Sbuffò in una mezza risata e scuotendo la testa disse più a se stesso, «oh, Adams. Cosa devo fare con te?»

Tutto quello che vuoi, risposi mentalmente.

«Non darmi queste idee.» mormorò.

Strabuzzai gli occhi rendendomi conto che non l'avessi solo pensato.

Il mio petto si incendiò quando infilò la mano tra le mie gambe chiuse, questa volta portandola più in altro rispetto a prima e iniziò a muovere il pollice sul tessuto.

Sotto quel tocco mi rilassai e presto mi addormentai.

⚜️

Qualcosa premette sulla mia guancia. Una volta. E poi due. Arricciai il naso infastidita.

«Adams, se non ti svegli ti butto giù dalla macchina.»

Oh. Ero con Hayden, giusto. Sbattei piano le palpebre e misi a fuoco la sua figura tra la tendina di capelli che avevo davanti al viso.

«Buongiorno, signorina giuro-che-ti-faccio-compagnia-e-non-dormo.»

Grugnii e lo allontanai dalla mia faccia quando mi resi conto che fosse troppo vicina e la sua voce troppo roca.

I suoi muscoli facciali si tesero in un lieve sorriso e lanciò uno sguardo davanti a sé, «guarda...»

Ancora intontita girai la testa dritta e strabuzzai gli occhi quando realizzai che fossimo parcheggiati davanti ad una gigante spiaggia bianca e in fondo l'oceano luccicava per i raggi del sole che si infrangevano sulla sua superficie. Era leggermente increspato, ma tutto sommato sembrava tranquillo.

«Scendiamo?»

Accettai immediatamente e dopo aver indossato la giacca scesi. Mangiai un paio di mentine che trovai nella tasca e lo raggiunsi. Non c'erano molte persone in spiaggia, ma anche se ci fossero state lo spazio era talmente vasto che non potevi dare fastidio a nessuno.

«Dio, guarda che bello...» mormorai, inspirando a fondo l'aria salmastra e fresca, «invidio chi va in quelle isole caraibiche da sogno per non fare un cazzo e godersi quel mare stupendo.»

Starsene sulla spiaggia a sorseggiare un drink mentre ti beavi di un magnifico tramonto sullo sfondo.

«Se dovessi scegliere tra i Caraibi e New York, cosa sceglieresti?» domandò Hayden.

Arricciai le labbra pensierosa osservando il cielo pitturato di un azzurro chiaro.

«Non sono mai stata in nessuno dei due posti ma sceglierei New York,» dissi, le mie scarpe faticavano a muoversi sulla sabbia bianca, «anche se, se avessi i soldi andrei sempre in vacanza ai Caraibi. Li rifiuterei solo per fare un viaggio in Europa.»

Malcolm era solito mandarmi video dei ragazzi spagnoli...insomma, prima o poi dovevamo fare un salto.

«A te non lo chiedo perchè poi mi dici che sei stato alle Hawaii, a Bora Bora, di qua e di là, e poi ti dovrei mandare a 'fanculo.» borbottai, fermandomi in un punto e osservando il mare che raggiungeva la spiaggia con le sue piccole ma lunghe onde.

«A dire il vero non mi piace il mare.»

Lo guardai stupita e lui scrollò le spalle, «preferisco le stagioni fredde in montagna e si, l'Europa è bella.»

«E si, l'Europa è bella,» gli feci il verso e sbuffai mentre mi guardava divertito, «zitto, Miller.»

Si sedette sulla sabbia e mi tirò giù tenendomi per il polso. Mi fece sistemare tra le sue gambe e leggermente allungate e piegate e appoggiai la testa sulla sua spalla, spingendo la schiena contro il suo petto.

In quel momento, visti da fuori, saremmo potuti sembrare una graziosa coppia, la realtà era che non lo eravamo.

«Se non ti piace il mare perchè sei voluto venire? Potevi solo venire a trovare i tuoi nonni.»

Senza invitare me, aggiunsi mentalmente. Aveva le braccia appoggiate alle ginocchia e senza pensarci raggiunsi la sua mano destra e lui giocò con le mie dita.

«Mi hai detto che ti piace, soprattutto vederlo d'inverno e rispetto all'estate preferisco anche io venire d'inverno, quindi ho pensato di portarti perchè sapevo ti sarebbe piaciuto. »

Per qualche motivo -oltre al fatto che non gli piacesse stare in mezzo a troppa gente- pensai che forse la ragione fosse perchè doveva spogliarsi, o almeno era sensato farlo d'estate al mare, e lui non si spogliava. Ma l'aveva fatto sabato, per me. Non avevo visto niente ma mi aveva permesso di toccarlo.

Ruotai tra quella barriera che aveva fatto col suo corpo e tenendomi le ginocchia strette al petto appoggiai il mento sul destro e giocai con la sabbia.

«Posso farti una domanda?» Il sole era quasi nel punto più alto e scaldava i nostri corpi mentre le basse e piccole onde del mare risuonavano nell'aria salmastra. «È un po'...invadente e se non vuoi rispondere lo capisco.» aggiunsi.

«Dimmi.»

Disegnai dei cerchi nella sabbia per tenermi un po' lontana dalla mente con lui.

«L'altro giorno...quando hai deciso di spogliarti,» iniziai, «mi hai colto di sorpresa perché non so- è stato un gesto di fiducia che non credevo di poter riavere dopo quello che ho fatto e anche perchè ho- um, sempre pensato che il tuo non voler essere toccato o visto derivasse da qualche...brutta esperienza che hai avuto e non volessi proprio farti toccare da nessuno. Perciò, mi chiedevo se...se solo deriva dal fatto di non volerti esporre troppo con le persone oppure se c'è dietro altro. So che te l'ho già chiesto ma dopo l'altra sera...non riesco a smettere di pensarci.»

Anche se, ricordavo bene che non mi avesse permesso di toccargli la schiena. Quindi, qualcosa c'era, volevo solo capire cosa. Per aiutarlo.

Quando trovai il coraggio guardarlo in viso, i suoi occhi erano già su di me. Penetranti ma leggermente vacui.

«Non sei obbligato a rispondere, davvero, era solo--»

«Curiosità.»

«Preoccupazione,» lo corressi flebile e lui deglutì, «l'idea che qualcuno possa averti fatto del male io- non lo sopporto.» mormorai

Puntò lo sguardo lontano, verso il mare, mischiando il colore dei suoi occhi con quello delle onde e un colpo d'aria scompigliò i suoi capelli, e anche i miei.

«Sono stato ferito in molti modi, questo non posso negarlo.»

«Psicologicamente o...fisicamente?» osai chiedere. Il cuore che pulsava inferocito.

«Entrambi.»

Del filo spinato si avvinghiò alle mie corde vocali, stringendole in una morsa letale e costringendomi ad affondare le unghie nei palmi per il dolore.

«Io--» si bloccò e si schiarì la voce, tenendo lo sguardo distante dal mio. Dei muri di innalzarono nel suo sguardo.

Era nervoso. E mi sentii in colpa per aver rovinato questo momento che era così tranquillo e sereno. Così, allungai una mano e l'appoggiai a lato del suo collo infilando le mani in quei baby ricci sul retro del collo. Per qualche frangente sembrò aiutarlo e prese un profondo respiro.

«Se quello che ti tormenta è una possibile violenza sessuale non è successo, ma...la mia prima volta è stata con una ragazza che neanche conoscevo, solo perché mio padre voleva che diventassi uomo. Io non è che non volessi ma...non so, non era cosi che volevo andasse la prima volta. So che a molti non interessa, soprattutto ai ragazzi, ma volevo farlo con qualcuno con cui avessi un legame. Non è successo ed ormai è andata. Ma il motivo per cui non mi faccio toccare o vedere senza maglia è un altro.»

Non sapevo cosa dire. Che razza di genitore era suo padre?

«Hayden, io-» le dita si bloccarono nei suoi capelli, «...mi dispiace. Non avrebbe dovuto fartelo fare. Questo è abuso.»

«Si- no, insomma,» si schiarì la voce a disagio, era la prima volta che lo vedevo così, «alla fine l'ho fatto senza pensarci. Non ho mai potuto scegliere nella mia vita, sapevo di non poterlo fare anche in quel momento. So che è assurdo ma...come ho già detto i miei genitori sono dei veri stronzi.»

«Non dovrebbero neanche essere chiamati genitori, Hayden.»

Riuscì a guardarmi ancora e quegli occhi mi scovarono l'anima, «sai, a volte ti invidio.»

Lui invidiava me?

«Tu e la tua grande famiglia...» scosse la testa sorridendo malinconico, «non avrete molto di materiale ma avete l'amore. È un concetto che io non ho mai ricevuto in famiglia. Almeno, dai miei genitori che dovrebbero essere coloro che te lo insegnano, no?»

«Mi dispiace che tu non abbia dei genitori su cui contare ma non sei solo,» dissi con sincerità, «hai Brandon, hai Meredith, hai i tuoi nonni che sono sicura ti adorino, hai Jack e Ares...» sorrisi.

Mi fissò con intensità facendomi tremare il cuore.

«Ho te

Sbattei le palpebre e deglutii cercando di non sbilanciarmi troppo con le confessioni.

«Si, hai me,» gli strattonai giocosamente i capelli, «visto? Non sei solo. Non riusciremo ad eguagliare l'amore che avrebbero dovuto darti i tuoi genitori ma puoi contare su di noi. Sempre

Annuì e inclinò la testa, «non voglio tu mi veda come il fragile ragazzo a cui serve compassione.»

«Non lo penso.»

«Bene,» sospirò, «perchè non lo sono. Non sono senza colpe, Kay. Non voglio ti dispiaccia per me perchè c'è molto altro che non sai e quello cancella la possibilità di potermi...piangere addosso per certe cose che ho passato.»

«Parli di te come se fossi una sorta di mostro...» mormorai, «io non ci credo.»

«Lo sono. E se non fossi così egoista, forse, potrei anche raccontarti tutto ma...non voglio perderti.»

Non seppi cosa dire. Ero divisa a metà sul 'cosa mi stava nascondendo' e 'non voleva perdermi'.

La cosa assurda era che non avrebbe potuto perdermi perché per me era impossibile allontanarmi. Non dopo quello che provavo per lui e che ormai non potevo più nascondere a me stessa.

Per motivi diversi, entrambi eravamo egoisti e alla fine la motivazione era la stessa: non volevamo perderci.

Come amici, mi ricordò qualcuno nella mente.

«Per quanto possa valere...io sono qui, se vorrai parlare di quello che hai passato.» dissi a cuore aperto. Un po' sanguinante vedendolo cosi chiuso dietro quei muri freddi e misteriosi.

Si bagnò le labbra con espressione neutra e sospirò, «grazie.»

Non riuscii più a trattenermi e mi buttai al suo collo per abbracciarlo forte. Lui restò rigido per qualche secondo ma poi si rilassò e avvolse le braccia attorno alla mia vita.

Se avessi potuto prendergli un po' di quel dolore che si portava dietro, lo avrei fatto ad occhi chiusi.

«Sai, ho sempre pensato che il modo con cui riesci a giocare con il dolore e renderlo reale e graffiante sulla pelle degli altri grazie alla musica è pura magia, una magia triste ma è stupenda.» dissi, staccandomi per guardarlo negli occhi.

Non replicò, mi fissò solamente in un modo che mi fece quasi soffocò il cuore. Mi guardò come ti guardavano i bambini in procinto di scoppiare in un grosso pianto ma lui non lo fece. Restò composto nonostante gli schiaffi che aveva ricevuto dalla vita. Nonostante questo, mi sembrò di captare uno spiraglio flebile di gratitudine e qualcos'altro che non identificai.

Non riuscendo a sopportare quello che mi aveva ancora detto e il modo in cui si era spento, decisi di togliergli quella patina buia dal volto. Così, mi alzai e mi ripulii i leggings dai granelli di sabbia.

«Vieni.» dissi, sfilandomi la giacca e togliendomi le scarpe.

«Che vuoi fare?»

«Un bagno.»

«Sei impazzita? Ci saranno anche quasi venti gradi ma l'acqua--»

«Parli troppo, Miller.»

Mi tolsi il maglioncino rimanendo solo con un semplice top sotto e lui scosse la testa.

«Tu sei fuori.»

«Quindi non vieni con me?» chiesi, inclinando la testa.

«Assolutamente no.»

Fa niente. L'obiettivo era distrarlo e dal momento in cui mi stava fissando le tette schiacciate in quel top bianco, direi che stava funzionando.

«Allora, resta qui.»

E con quello, mi voltai e affondai i piedi scalzi nella sabbia mentre mi legavo i capelli in una crocchia alta per non bagnarli.

Appena sentiti l'acqua solleticarmi i piedi rabbrividii per la temperatura ma non era così fredda.

Un'altra piccola onda arrivò ma non riuscì a toccarmi perché venni sollevata di colpo e scacciai un urlo sorpreso.

«Che diavolo, Hayden!» risi a testa in giù.

Mi aveva buttato sulla sua spalla e sentivo il calore delle sue mani trapassare il tessuto elastico e scaldarmi il retro delle cosce.

«Se mi ammalo sarà per colpa tua e mi avrai sulla coscienza, sappilo.» disse e nel mentre notai che stesse camminando verso il mare.

Anche lui si era tolto la giacca e ora indossava solo il maglione bianco.

«Non ti ho obbligato a seguirmi.» ribattei.

L'acqua iniziò a colpirgli le caviglie.

«So che non aspettavi altro, Adams.»

Arrossii perché era vero.

«Hai intenzione di lanciarmi?» chiesi, spostando l'attenzione su altro.

«Ovvio.»

Ora era immerso fino alle ginocchia.

«Bene.» sospirai.

E poi, attesi il mio fato. Che arrivò subito perché mezzo secondo dopo mi ritrovai ad urlare in aria e l'istante successivo ero sott'acqua.

Cazzo, mi aveva lanciato davvero forte. L'impatto non era stato piacevole.

Aiutandomi con le gambe e braccia, tornai in superficie e annaspai leggermente. Era ad un paio di metri di distanza con il vento si intrufolava tra le ciocche e gli occhi divertiti.

«Non sono una palla da football, Miller! Potevi essere più delicato!» esclamai, alzando le ginocchia per camminare sott'acqua.

Sentivo la mia crocchia cedere. Ottimo...e io che non volevo bagnarmi i capelli.

«Esagerata.»

Lui non era ancora bagnato. E questo mi irritava perché io sentivo freddo ovunque.

Arrivai di fronte a lui con l'intenzione di buttarlo giù ma mi afferrò per i fianchi e mi lanciò nuovamente in mare.

Tornai su più spazientita e lo schizzai con un bel po' d'acqua. Ruotò il busto per evitare di essere colpito in faccia. Mi avvicinai nuovamente con il desiderio profondo di farlo bagnare e, quando provò a prendermi, schivai le sue mani ridacchiando e schizzandolo nuovamente.

«E poi non dovrei chiamarti bambina.» scosse la testa.

Ridacchiai e mi fermai con l'acqua che ondeggiava attorno al mio bacino per sistemarmi i capelli. Tolsi l'elastico e li lasciai liberi. Con la coda dell'occhio lo spiai e notai che aveva lo sguardo in basso, altezza petto. L'aria mi stava facendo rabbrividire ed ero certa che mi stesse guardando i capezzoli, li sentivo premere contro il tessuto zuppo.

Poi mi immersi fino alle spalle per sfuggire all'aria fresca. Lui subito dopo si tuffò e nuotò verso di me. Sorrisi quando me lo ritrovai di fronte e agguantò le mie cosce tirandomi verso di lui e le allacciai alla sua vita.

Essendo in direzione della spiaggia vidi i passanti che voltavano per vederci. Mi abituai all'acqua e a lui.

«Voglio baciarti.» mormorò contro la mia spalla nuda e bagnata.

Mi scostai leggermente, lasciando le mani nei suoi capelli gocciolanti.

«Non possiamo fare niente qui. La gente ci vedrà.»

Le ciglia umide creavano ombre sul suo viso e seguii delle goccioline che rigavano il suo viso.

Accostò la fronte alla mia tempia e il suo respiro caldo si infranse contro la mia pelle bagnata.

«No, Adams. Voglio solo baciarti.»

Oh.

Questo--questo era qualcosa di strano.

Sbattei le palpebre e schiusi le labbra, incredula della sua richiesta. Non ci eravamo mai solo baciati. I nostri baci erano sempre legati ad altre azioni.

Lo guardai, «fallo.»

Non se lo fece ripetere due volte e attaccò le nostre labbra. Appena mossi la bocca in simbiosi con la sua, venni attraversata da una miriade di brividi e emozioni.

Fu un bacio totalmente diverso da tutti quelli che ci eravamo scambiati.

Questo non aveva il sapore di essere solo un bacio ma effettivamente lo era. Incastrò una mano dietro la mia testa spingendomi contro lui quando gli permisi di approfondire con la lingua e io strinsi più forte le braccia attorno al suo collo e anche le gambe attorno al suo bacino.

Il mio cuore non avrebbe retto, lo sapevo, quel bacio mi avrebbe trascinata negli abissi dai quali non sarei mai più risalita, ma per ora rimanevo a galla e non ci pensavo.

Le nostre lingue danzavano un lento che aveva il sapore del mare e di altro. Qualcosa che non riuscii a decifrare perché ero troppo concentrata su di lui. Su noi.

Nessuno dei due allungò le mani con diverse intenzioni. Rimanemmo così. Abbracciati in acqua a baciarci come se fosse la cosa più normale da fare, quando entrambi sapevamo non essere così. Non sarebbe dovuto esserci un contatto di questo tipo, senza secondi fini.

Ma era appena successo e io non avevo idea se avesse un senso oppure no.

Tutto quello a cui pensavo, però, era che riusciva a darmi ossigeno e allo stesso tempo a togliermelo. Le sue labbra erano la linfa del mio cuore e il proiettile che lo avrebbe distrutto.

Quando ci staccammo, avevamo il respiro pesante e lo ricercai disperata tenendo la fronte attaccata alla sua. La sua mano scivolò a lato del mio collo e mi accarezzò la mascella con il pollice.

«Come ti permetti, Makayla...»

«Di fare cosa?» mi accigliai.

«Di farmi sentire così fottutamente vivo.»

E tornò a baciarmi.





S/A.

Come vi avevo detto, piano piano scopriamo sempre di più un tassello della vita di Hayden.

I più importanti si sapranno a breve e potrebbero sconvolgervi 🌑😵‍💫

➡️Ma, ritorniamo alle cose belle...Quale confessione ci ha scioccato di più🥺🖤:

1 - "Ho te"
2 - "Voglio solo baciarti"
3 - "...Di farmi sentire così fottutamente vivo"

Lasciate una stellina e un commento se vi è piaciuto!

A presto, Xx ❤️👽

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