It's a Cliché

By -Happy23-

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Hayden Miller è un eccellente pianista, vincitore di moltissime competizioni, prossimo prodigio della Juillia... More

Premessa
Prologo
Capitolo 1
Capitolo 2
Capitolo 3
Capitolo 4
Capitolo 5
Capitolo 6
Capitolo 7
Capitolo 8
Capitolo 9
Capitolo 10
Capitolo 11
Capitolo 12 - Parte 1
Capitolo 12 - Parte 2
Capitolo 13
Capitolo 14
Capitolo 15
Capitolo 16
Capitolo 17
Capitolo 18
Capitolo 19
Capitolo 20
Capitolo 21
Capitolo 22
Capitolo 23
Capitolo 24
Capitolo 25
Capitolo 26
Capitolo 27
Capitolo 28
Capitolo 29
Capitolo 30
Capitolo 31
Capitolo 32
Capitolo 33
Capitolo 34
Capitolo 35
Capitolo 36
Capitolo 37
Capitolo 38
Capitolo 39
Capitolo 40
Capitolo 41
Capitolo 42 - Parte 2
Capitolo 43 - Parte 1
Capitolo 43 - Parte 2
Capitolo 44
Capitolo 45
Capitolo 46
Capitolo 47
Capitolo 48
Capitolo 49
Capitolo 50
Capitolo 51
Capitolo 52
Capitolo 53
Capitolo 54
Capitolo 55
Capitolo 56
Capitolo 57
Capitolo 58
Capitolo 59 - Parte 1
Capitolo 59 - Parte 2
Capitolo 60
Capitolo 61
Capitolo 62
Capitolo 63
Capitolo 64
Capitolo 65
Capitolo 66
Capitolo 67
Capitolo 68
Capitolo 69
Capitolo 70
Capitolo 71
Capitolo 72
Capitolo 73
Capitolo 74
Epilogo
Capitolo 1 Bonus - Parte 1
Capitolo 1 Bonus - Parte 2
Capitolo 1 Bonus - Parte 3
Capitolo 2 Bonus - Parte 1
Capitolo 2 Bonus - Parte 2
Capitolo 3 Bonus - Parte 1
Capitolo 3 Bonus - Parte 2
Capitolo 3 Bonus - Parte 3
Capitolo 4 Bonus
Capitolo 5 Bonus
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Capitolo 42 - Parte 1

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By -Happy23-

Perché avevo accettato?

No, perché lui non poteva aspettare un giorno anziché obbligarmi a farlo il giorno dopo una fottuta festa di cui avevo ancora una tremenda sbornia?

Mi aveva anche ricordato di mettermi qualcosa di sportivo. E ora mi stavo specchiando e osservavo il mio top sportivo che mi stringeva il seno e mi sentivo soffocare. In più una parte spuntava fuori con prepotenza.

Era l'unico che avevo e lo usavo se mi allenavo con Donna e Malcolm, quindi non mi facevo problemi ma adesso era Hayden e--

«Devo cagare. Esci!»

Ruotai gli occhi e uscii dal bagno dando una spallata a Gabriel, «tutto tuo, maiale.»

«Perchè sei conciata cosi?»

Mi bloccai e mi girai per guardarlo confusa, «è una abbigliamento sportivo.»

Inarcò il sopracciglio, «lo vedo, ma perché

«Perchè vado ad allenarmi.»

«E con chi?»

«Hayden. Problemi?»

Scosse la testa con un pigro sorriso, «ricorda le precauzioni, sorellina.»

Gli feci il medio.

«Le cosa

Sgranai gli occhi e mi girai di scatto alla voce di Dave. Aveva uno sguardo accigliato.

«Niente.» replicai velocemente.

Analizzò il mio corpo e si fece più confuso, «perchè sei vestita così?»

Spalancai le braccia, «è possibile che sia così strano pensare che voglia allenarmi?»

«Tu hai voglia e basta.»

Fulminai scioccata Gabriel e lo spinsi in bagno per poi chiudere la porta e appoggiarmi contro con un leggero imbarazzo mentre incrociava lo sguardo dell'altro mio fratello.

«Dovremmo aggiornarci noi due.» incrociò le braccia, appoggiandosi al muro dietro di lui.

Feci un'espressione innocente, «e perchè mai?»

«Mak--»

«Devo andare.» premetti le labbra e me ne andai.

O ci provai perché mi afferrò il braccio e incrociai le sue iridi simili alle mie.

«Non sarò Ethan, ma sai che puoi parlare di tutto anche con me, vero?»

Sospirai perché non potevo non essere grata per i meravigliosi fratelli che avevo -almeno alcuni- e gli sorrisi sinceramente, «lo so e credimi se ti dico che non devi preoccuparti.»

«Mh, non ti credo ma va bene lo stesso.»

Mi alzai sulle punte per baciargli la guancia e punzecchiai la guancia come una vecchia zia, «sei troppo intelligente, fratellone.»

Mi guardò male e ridacchiai allontanandomi. Questa volta non mi fermò.

⚜️

Quando Hayden arrivò sotto casa erano quasi le undici e, col mio zaino con dentro un cambio, uscii di casa salutando tutta la famiglia.

Però mi bloccai al primo gradino appena notai qualcosa di strano. Non c'era la sua macchina. Era infatti appoggiato ad una moto nera. La stessa che vedevo sempre parcheggiata in garage.

Scesi lentamente i gradini con lo sguardo incredulo fisso sul veicolo su cui era seduto.

«Sei in moto...»

«Ho dovuto prestare l'auto a Brandon. Tieni.»

Mi passò il casco e lo afferrai titubante. Non ero mai salita su una moto. E questa sembrava molto potente.

Mi guardò divertito, «ci sei, Adams?»

«Cosa? Si, io-» tossii, fissando la scritta Ninja in alto, «non sono mai salita su una moto.»

«Hai paura?»

«Non lo so. Non penso. Va veloce?» la fissai con lo stupore di una bambina.

«Cercherò di non farlo.»

Lo guardai incerta e poi gli mostrai lo zaino, «dove lo metto questo?» 

«Dammi.»

Glielo passai e nel mentre mi concentrai sul casco. Me lo rigirai tra le mani e mi sistemai i capelli indietro per poi infilarlo in testa. Oh, era pesante.

Cercai i gancetti ma poi non riuscii comunque a chiuderlo così picchiettai la sua spalla e si girò.

«Mi aiuti?»

Con un leggero sorriso, afferrò i gancetti dalle mie dita e lo chiuse.

«È largo?»

«No,» agitai la testa per constatare che stesse fermo, «va bene.»

Buttai fuori un grosso e respiro e tamburellai le dita sul sellino più in alto, «come ci salgo qui- Oddio

Strabuzzai gli occhi di fronte alla facilità con cui mi sollevò per i fianchi e mi mise sul sellino. Mi sentii immediatamente in bilico e gli afferrai il braccio obbligandolo a non muoversi.

«Non cadrai.»

«Sicuro?» domandai, stavo quasi sudando. Valeva come allenamento?

Sorrise, «si, sicuro.»

Mi aggrappai alla sella sotto di me mentre lui scavalcava con la gamba sinistra la moto. Sospirai e girai la testa verso casa mia e trovai parte della mia famiglia spiarmi dalla finestra.

Ruotai gli occhi e agitai la mano per fare loro cenno di allontanarsi. Per fortuna lo fecero.

«Sistema i piedi lì...» disse, guardandomi oltre la spalla.

Guardai i pedalini e misi sopra i piedi. E poi socchiusi gli occhi guardandolo.

«Questa è la parte cliché in cui dici di tenermi stretta a te?»

«La puoi vedere così oppure la puoi vedere come l'unico modo per non cadere e morire.» ghignò.

Dio, che guastafeste. Mi piaceva l'idea del cliché.

Appoggiai leggermente le mani sui suoi fianchi con nervoso. Guardò le mani e poi mi guardò oltre la spalla.

«Devi stringermi sul serio, Adams.»

Premetti le labbra e inspirai a fondo.

«Non dirmi che ti vergogni.»

«Non mi vergogno.» mi indispettii.

Un po' mi vergognavo.

Si leccò le labbra, «e allora stringi forte, piccola

Ignorai il piccolo infarto al cuore e storsi il naso, «troppo cliché.»

Scosse la testa, mi tirò giù la visiera e poi disse, «muoviti.»

Allungai le braccia e circondai la sua vita, stringendo forte. Appoggiai il casco alla sua schiena e presi un profondo respiro.

Il rombo di quando accese il motore mi arrivò dritto nel petto e nello stomaco. Istintivamente rafforzai la presa delle mie mani appiccicose su di lui e deglutii quando si abbassò mettendosi in posizione per partire.

Non va veloce. Non va veloce. Me l'aveva promesso. Non- porca puttana!

Mi sfuggii un urlo di terrore misto a sorpresa appena partì e allo scatto pensai quasi di cadere. L'aria mi sfrecciò tra i capelli scompigliando la parte fuori dal casco. Era una sensazione strana. Essere completamente scoperti e non avere niente che ti proteggesse.

Non volevo muovermi. Non volevo nemmeno respirare per timore di fargli perdere l'equilibrio.

Comunque aveva mentito quel bastardo. Stava andando veloce. E ci potevo scommettere che stesse godendo.

Dopo qualche minuto, di paura nel poter prendere una buca e cadere, iniziai a rilassarmi e osservai l'ambiente, ai miei occhi senza contorni e molto sfumato.

Quando si fermò ad un semaforo, non mi mossi ma sentii il cuore palpitare in gola. E poi sprofondò quando percepii un tocco sul mio dorso e capii essere il suo pollice che sfregava come per tranquillizzarmi.

Avvampai ma mi scaldò il cuore il pensiero.

Ovviamente quando ripartì lo insultai nonostante sapevo non mi avrebbe sentita, perché poteva evitare di partire a quella velocità e farmi rischiare un infarto. Questa volta almeno non urlai.

Quando raggiungemmo la salita che portava alla sua villa, non potei che tirare mentalmente un sospiro di sollievo.

Ma poi lo feci per davvero quando, una volta raggiunto il garage, spense il motore e si tirò su mettendo anche il cavalletto.

«Sei viva?» lo sentii chiedere mentre mi tiravo su la visiera e mi slacciavo i gancetti.

«Hai detto che non saresti andato veloce, brutto stronzo.» sbuffai, sfilando il caso e sentii tutti i capelli arruffati.

Scavalcò la moto e poi mi aiutò a scendere prendendomi ancora per i fianchi. Sembravo essere così leggera per lui. 

«Non sono andato così veloce.»

«Ho rischiato quattro infarti.» borbottai piccata.

«Esagerata,» mi passò il mio zaino e chiese, «pronta per l'allenamento?»

«No, vorrei solo dormire in questo momento.» sospirai.

«Peccato, non lo farai.»

Ruotai gli occhi e lo seguii mentre camminava verso l'ascensore.

«Ti devi allenare anche tu?» gli chiesi.

Sarebbe stato un fantastico incentivo per farmi iniziare. 

Mi guardò con la coda dell'occhio e piegò all'insù un angolo della bocca, «no, Adams. Sappiamo bene che sarei solo una distrazione.»

Uffa

«Ti sopravvaluti troppo, Miller. Mi allenerei anche con di fronte Chris Hemsworth.»

«Spara meno cazzate.»

Lo guardai male ma nel profondo sapevo avesse ragione. 

Feci scivolare lo zaino contro la parete e guardai tutti gli attrezzi che componevano quella palestra. Anche il sacco da boxe sulla sinistra che ricordavo avergli visto usare per sfogarsi quella mattina dopo quegli orrendi messaggi su internet. 

«Sono già stanca.» dissi, stiracchiandomi.

Mi guardai allo specchio che si trovava nella parete di fronte all'ingresso. Era molto grande e sapevo lo usassero per controllare le posizioni o qualcosa di simile. 

«Tra poco ti sveglierai.»

Feci una smorfia e decisi di legarmi i capelli in una coda bassa mentre lo osservavo raggiungere un tapis roulant. 

«No, ti prego. Odio correre.»

Mi guardò seccato, «ti stai già lamentando troppo.»

Gli feci il verso e poi mi avvicinai. 

«Quanto mi fai correre?»

«Dieci minuti.»

«Dieci minuti?! Mi vuoi uccidere per caso?» esclamai scioccata.

«E quanto vorresti fare, sentiamo?» incrociò le braccia, assottigliando lo sguardo.

«Tre.»

Rimase impassibile.

Sbuffai, «va bene, quattro.»

«Sette e non si discute più. Ora sali.»

Dio. E io che pensavo Donna fosse il generale tedesco. 

Feci il giro superandolo, poi mi misi sul nastro nero e mi slacciai la felpa che appoggiai sulla maniglia del tapis roulant. Lo guardai a braccia conserte in attesa che attivasse quell'aggeggio infernale. 

Ma, lo trovai fissarmi le tette che in quel top sportivo erano schiacciate e in mostra.

Gli diedi uno schiaffetto in fronte che lo fece risvegliare e distolse immediatamente lo sguardo infastidito. Non so se per il gesto o perchè gli avessi interrotto la sua visione.

Schiacciò un pulsante e lentamente il nastro sotto ai miei piedi iniziò a muoversi. Dopo aver cercato la velocità giusta la impostò e iniziai a correre seriamente.

Dopo tre minuti iniziavo a sentire un leggero dolore all'addome. La fine era vicina, me lo sentivo.

«Sto per...morire.» ansimai, tenendomi la mano contro la milza.

«Mia nonna ha più resistenza di te.» disse alle mie spalle.

«Buon per lei,» sospirai e deglutii, «perchè stai dietro?»

«Perchè ti fisserei.»

Non specificò cosa ma non serviva.

«Quindi ora non mi stai fissando il culo?» 

«È esattamente quello che sto facendo ma con più indiscrezione.»

⚜️

Un'ora e mezza dopo ero distrutta. Morta. Letteralmente. Poteva tirarmi su con un cucchiaino.

«Dio, le gambe...» piagnucolai, «non le sento più.»

Ero sdraiata a terra. Le gambe erano due massi indolenziti. E mi tiravano anche gli addominali. Mi faceva male ovunque.

«È una frase che mi è stata detta spesso.»

Aprii di scatto gli occhi, che avevo chiuso per la stanchezza, e lo fissai.

«Divertente.» replicai seccata.

Sghignazzò e poi allungò una mano, che però era troppo lontana da me anche se avessi alzato il mio braccio.

«Hai fatto solamente quattro esercizi.» commentò.

«Si, che mi hai fatto ripetere all'infinito,» schioccai, «di questo facciamo due serie da quindici ripetizioni. Questo invece facciamo tre serie da dieci ripetizioni. Quest'altro--»

«Io non parlo così.»

«Nella mia testa si.»

«Nella tua testa ho la voce di quello scoiattolo che canta?»

Incrociai le braccia e feci una smorfia da superiore, «quando sei irritante, si parli così. E si chiama Alvin, stupido babbano.»

Ruotò gli occhi poi si piegò leggermente in avanti e a quel punto allungai le braccia per farmi tirare su.

Appena i miei piedi dovettero reggere tutto il mio peso mi sembrò impossibile farlo.

«Ti odio, Miller.» mi lamentai.

Borbottò qualcosa e poco dopo mi sfuggii un gridolino, sentendo le sue braccia infilarsi dietro le mie ginocchia e attorno alla schiena. Ritrovandomi a mo' di sposa, allacciai le braccia attorno al suo collo e gli sorrisi innocentemente.

«Ti odio un po' meno adesso.»

Scosse la testa e poi iniziò a camminare fuori dalla stanza.

«Devo farmi una doccia.»

«Si, devi

«Ehi!» mi imbronciai ma poi mi annusai, «puzzo sul serio?»

Sorrise, alzando gli occhi, «no, Adams.»

Non mi fidavo.

«Hai bisogno di una mano?» domandò sfacciato appena mi lasciò andare davanti alla porta del bagno in corridoio.

Premetti una mano sul suo petto allontanandolo, «sparisci, pervertito.»

Mi voltai e mi diede uno schiaffo sul culo facendomi girare di scatto per guardarlo stupita.

«Era dal tapis roulant che volevo farlo.»

«Be', fallo ancora e ti taglio la mano.»

Alzò le spalle, «sappi che vale la pena riprovarci.»

Non riuscii a trattenere un sorriso e poi mi infilai in bagno.

Dopo la mia bella doccia calda e rigenerante che mi massaggiò tutti i muscoli con quei mille getti, indossai il cambio che mi ero portata da casa e scesi al piano inferiore sentendo anche la voce di Brandon.

«Ciao.» esclamai, appena fui nella loro area visiva.

«Dolcezza, non mi hai inviato alla tua seduta di squat. Mi ritengo offeso.» disse teatralmente con una mano sul cuore.

Accennai un ghigno, «sto valutando se accettare l'abbonamento. Se dovesse succedere sarai sempre il benvenuto.»

Un finto colpo di tosse mi fece spostare lo sguardo verso destra del divano, dalla parte lunga del divano a L.

«Tre cose. Primo, non hai asciugato i capelli. Secondo, cosa vuol dire che stai valutando e terzo, lui non è il benvenuto.» terminò con un'occhiata storta verso il cugino.

Passai di fianco al tavolino per raggiungerlo, «sto valutando perché sei molto cattivo.»

«Io, cattivo?»

Mi sedetti sul divano, incrociando le braccia offesa, «mi hai detto che ho la forza di un bambino di tre anni e la resistenza di un bradipo in fin di vita.»

«Ma è vero.»

«Fottiti, Miller. Sei tu che pretendi troppo al primo colpo.»

Ruotò gli occhi, «prometto che cercherò di non dirti la verità.»

Gli lanciai un'occhiataccia, «se non sentissi dolore ovunque ti picchierei.» 

In realtà, mi era piaciuto allenarmi con lui. Per spiegarmi alcuni movimenti o sistemare la posizione mi toccava e mi piaceva avere le sue mani sul mio corpo. Oltre che essere il centro della sua attenzione. Okay, questo ultimo pensiero non andava bene...

«Quindi continuerai ad allenarti?» insistette.

«Brandon può guardare?»

«Perchè vuoi che ci sia?»

«Perchè è divertente infastidirti e lui ci riesce benissimo.» ammisi.

«Anche tu, non preoccuparti.» 

Sorrisi sorniona e poi puntai lo sguardo verso la televisione. C'era uno di quei programmi di ricostruzione delle case.

«Dovresti asciugarti i capelli.» ripetè, toccandomi delle ciocche.

«Non sono così bagnati.»

«Fuori fa freddo, rischi di ammalarti.»

«Starò bene, papà.» sbuffai piano.

Mi diede un colpetto sulla testa con le dita facendomi male e mi voltai di scatto con una mano alzata pronta a colpirlo ma appena mi avvicinai, lui veloce come una saetta, mi afferrò il polso e lo tenne bloccato contro il suo petto.

Cazzo. Grugnii e cercai di liberarmi dalla presa. Fu inutile sia perché avevo davvero la forza di un bambino di tre anni sia perché quel bambino dopo un'ora e mezza di allenamento era in stato catatonico.

Con la mano libera mi diede un altro colpetto, questa volta sulla fronte. Sussultai e inspirai a fondo.

«Ti tiro una testata.»

«Buona fortuna a provarci.» sogghignò.

Ora basta. Ero cresciuta in mezzo a fratelli più grandi e sapevo perfettamente come attaccare in queste situazioni. Anche se, tendenzialmente il mio metodo di difesa e attacco era mirare alle parti basse, e con lui mi dispiaceva farlo.

Mi guardò alzando un sopracciglio in attesa di una mia mossa.

«Per tua informazione, soffre il solletico.»

«Fatti i cazzi tuoi, Brandon.»

«Aw, soffri il solletico, piccolo?» lo presi in giro, facendo il labbruccio.

«Non ci provare.» mi ammonì secco.

Ghignai e con la mano libera mi avvicinai. Cercò di prenderla ma riuscii ad evitare la sua presa e puntai al fianco opposto a dove ero io. Appena lo punzecchiai, imprecò e fece uno scatto e senza volerlo liberò anche l'altro polso. Risi e alternai i movimenti da un fianco all'altro continuando a toccarlo e a fargli il solletico.

Dopo qualche secondo riuscì ad afferrarmi entrambi i polsi con una mano e mi tirò a se facendomi premere la schiena al suo petto. Questa volta fu lui a fare il solletico a me, purtroppo io lo soffrivo un po' ovunque. Sotto i piedi, sotto al collo, sul fianco...

Iniziai a ridere e urlare scalciando e agitandomi per liberarmi ma lui aveva una morsa ferrea sui miei polsi e in più a peggiorare il tutto fu l'aggiunta di Brandon che mi bloccò le gambe.

«Ehi! Pensavo fossimo amici noi due!» lo sgridai.

«Scusa, dolcezza.»

Hayden continuava a solleticarmi i fianchi, questa volta sotto la felpa a contatto diretto con la mia pelle. Non riuscivo a sopportarlo. Continuavo ad agitarmi come un'anguilla e questo sembrò divertirlo perché il suo petto vibrò contro la mia schiena.

«Ti- ti prego! B-asta!» dissi con affanno.

«Chiedi scusa.»

«Non ho fatto niente!» sbottai esasperata.

Urlai quando anche Brandon mi solleticò la pianta del piede.

«Hai provato a farmi il solletico. Chiedi scusa.» ordinò dietro di me.

«Stron- no! No! Basta

Stavo sudando, ancora. E i muscoli chiedevano pietà.

«Puoi fermare tutto questo con una semplice parola.» disse e portò la mano sotto al mio collo per solleticarlo.

Provai a scivolare via da lui ma invano e così mi arricciai contro il divano, cercando di proteggermi. Poi tornò a torturarmi il fianco.

«Va bene! Scusa!» esclamai contro il suo braccio, «scusa!»

Finalmente terminò il massacro e io mi ritrovai col fiatone.

«Vi odio.» borbottai senza energie e arricciata su me stessa.

Hayden mi liberò i polsi e dopo qualche secondo per riprendermi mi tirai su. I capelli erano tutti scompigliati. Lo guardai male con le braccia incrociate.

«Lo farai ancora?» chiese con finto fare minaccioso.

«La prossima volta ti stacco il cazzo.» sibilai e mi sistemai al suo fianco ma senza toccarlo. Ero ancora offesa dal suo attacco.

Mi afferrò una ciocca e lo ignorai fissando la televisione.

«Sappiamo che dopo ti mancherebbe troppo, Adams.»

Gli lanciai un'occhiata storta con la coda dell'occhio e lui ammiccò furbo. Alzai un gomito ma lui mi afferrò il braccio e poi anche l'altro e mi tirò sopra di lui cogliendomi di sorpresa.

Il mio cuore battè all'impazzata appena sistemai le gambe piegate vicino ai suoi fianchi e fu spontaneo appoggiare la guancia sul suo petto.

«Perchè siamo così?» sussurrai confusa ma entusiasta di essere sopra di lui in una posizione così...da non amici.

«A volte so essere anche buono.» sospirò.

Deglutii nervosamente e avvolse la mia schiena con un braccio mentre sentii una mano posarsi sul mio sedere e stringerlo leggermente.

Sollevai la testa con gli occhi stretti e schioccai, «l'hai fatto solo per toccarmi il culo. Sei falso.»

Ruotò gli occhi e mi spinse nuovamente giù premendo una mano sulla mia testa.

Sospirai ma non mi spostai. Quella posizione mi piaceva fin troppo e il fatto che fosse stata una sua idea, mi faceva credere cose che non era un bene pensare.

Piano piano, grazie al suo calore e alle leggere carezze sulla mia schiena, mi addormentai sopra di lui.

⚜️

Quanto mi svegliai avevo un certo languorino che si trasformò presto in un fastidioso crampo allo stomaco.

Mi dispiaceva spostarmi da Hayden soprattutto perché significava non avere più le sue mani addosso ma anche lui mi disse di aver fame e quindi alla fine mi alzai.

Preparò da mangiare e fu la prima volta che lo vidi davvero cucinare. Mi fece restare lontano dai fornelli dopo che rischiai di affettarmi un dito mentre tagliavo di pomodori.

Restai a fissarlo mentre si muoveva e mi dava le spalle. Pensai a come sarebbe stato avere questa visione di Hayden cucinare sempre. Era davvero sexy quando era concentrato.

«Tornerai a casa per il Ringraziamento?» chiesi mentre apparecchiavo l'isola.

«Mh?»

Aprii un cassetto vicino a lui per tirare fuori le posate e gli lanciai un'occhiata, «tornerai a New York per il Ringraziamento? Starai con la tua famiglia?»

«Oh,» aggrottò la fronte, girando l'hamburger dall'altra parte sulla padella, «penso.»

«Non sembri convinto.» mormorai, girandomi per lasciare le posate sul ripiano.

«Meno sto con loro e meglio è. Ma probabilmente tornerò a casa.»

«Non hai un bel rapporto con nessuno di loro?» chiesi, curiosa di sapere qualcosa di più sui suoi genitori.

Da quando era qui, non si erano mai fatti vedere. Insomma, se tuo figlio cambia stato una piccola visita dovrebbe essere d'obbligo, no?

«No,» rispose distaccato e poi sospirò, «che cottura vuoi della carne?»

Lo affiancai, delusa dal fatto che l'argomento genitori fosse già caduto, e guardai i due hamburger nella padella.

«Che ne so. Io vivo di cibi surgelati e precotti. Questo è già un piatto gourmet per me.»

Lo vidi scuotere la testa con un mezzo sorriso e poi decise di spegnere il fuoco.

«Dammi i piatti.»

Mi girai prendendoli dall'isola. Il suo aveva pomodori, insalata e zucchine da contorno.

Il mio aveva un panino aperto. Su una fetta di pane c'erano tre fette di pomodori, un po' di maionese -che ricordavo a lui non piacesse- e una sottiletta. Dall'altra parte avevo messo qualche foglia di insalata e del ketchup. Mise su quest'ultima l'hamburger e io lo chiusi.

«È un peccato tu non abbia niente di piccante.»

«Quando lo capirai che non dovresti più mangiarlo?» replicò.

Ci sedemmo sugli sgabelli dell'isola, uno di fronte all'altro e ruotai gli occhi.

«È solo una leggera reazione allergica. C'è chi è intollerante al lattosio e se ne frega.»

«Te ne freghi finché non è il cesso di casa tua.»

Feci una smorfia disgustata ma non potei non dargli ragione.

«Tu cosa farai al Ringraziamento?» domandò lui poco dopo.

Mi incantai nel guardare le sue mani stringere le posate e tagliare l'hamburger.

«Um, niente di ché. Torneranno a casa Jamie e Ethan e faremo il solito pranzo.»

«Non hai altri parenti?»

Ingoiai un boccone e scossi la testa, «i miei genitori sono figli unici e purtroppo i miei nonni sono morti tutti. Siamo solo noi.»

Solo una semplice famiglia da dodici persone.

«E tu? Oltre a Brandon hai altri cugini?» lo guardai, dando poi un morso al mio delizioso panino.

«No,» infilzò delle zucchine, «ma i miei nonni, i genitori di mio padre, loro sono ancora vivi e abitano a Charleston.»

«Charleston, davvero? Adoro quella città. Mi piace il mare, soprattutto d'inverno.» ammisi con un piccolo sorriso entusiasta.

Annuì e continuò, «erano di Greenville, per questo mio padre ha deciso di costruire questa casa. Questo terreno era loro. Poi si sono trasferiti a New York quando mio padre aveva dieci anni penso e sono rimasti lì fino a qualche anno fa. Volevano cambiare aria e così hanno deciso di trasferirsi a Charleston.»

«Wow. È con loro che hai imparato a guidare le macchine di rally?»

Mi lanciò un'occhiata con un sorriso, «si, mio nonno è un appassionato.»

«Sai, è strano immaginare il ragazzino prodigio tutto composto su una macchina di rally.»

«Era strano anche per me ma era divertente. È adrenalinico.»

«Non sembri assolutamente il tipo da adrenalina.»

Glielo avevo detto la prima volta che ero stata qui e che avevo visto quella moto. Erano cambiate tante cose da quella volta, pensai.

«No?»

«No,» mi leccai l'angolo della bocca, «più da tisanina

«Le tisane sono molto buone.»

«Così dicono i vecchi.» ammiccai.

Alzò gli occhi e poi disse, «ti porterò un giorno.»

«Dove?»

«Sulla macchina da rally.»

Sgranai gli occhi e risi, «col cazzo. Stavo morendo sulla moto.»

«Ma se non sei morta, o sbaglio?»

Feci una smorfia e sospirai, «andrai veloce. Rischierei la morte ogni secondo.»

«Quanto sei tragica. Sai, ti facevo meno cacasotto, Adams.» commentò con un leggero sorrisetto.

Assottigliai gli occhi, «non sono cacasotto, dico solo che mi piace vivere.»

«Non ti succederà nulla.»

«Be', vedremo...» dissi e diedi un morso al panino.

Masticai e notai che mi stesse fissando così aggrottai la fronte confusa.

Indicò l'angolo della mia bocca, «sei sporca.»

Lo guardai maliziosa, «vuoi fare tu?»

«Hai le mani. Usale.»

⚜️

Una volta terminato di pranzare, restammo ancora un po' sul divano fino a che non ricevetti un messaggio di mia madre che mi chiedeva di tornare.

«Martedì ci alleniamo ancora.»

«Martedì avrò ancora male al culo.» sbuffai, entrando nell'ascensore.

«Sei un lamentò continuo, Adams.»

Gli sorrisi angelica e lui mi diede un colpetto alla fronte.

«Abbiamo già fatto questo gioco ed è finito male, Miller.»

«Già, per te.»

Sbuffai e poi uscii dell'ascensore quando si fermò al garage.

«Prendiamo la macchina, vero?»

Essendo tornato Brandon, la Porsche era al suo posto.

«Hai odiato così tanto il giro in moto?» domandò, lanciandomi un'occhiata perplessa.

«Mi rende nervosa sapere che non ho nessuna protezione attorno a me.» ammisi, storcendo il naso.

Prendevi male una buca ed eri morto.

«Non lo sapevo.»

«Nemmeno io. Ma quando ci sono salita è stato quello il pensiero che ho avuto per tutto il tragitto.»

Le luci dell'auto si acceso e l'inconfondibile bip dell'apertura risuonò per il sordo garage.

Quando feci per superare il retro dall'auto lui mi afferrò il braccio e riuscii solo a guardarlo confusa che mi ritrovai nei sedili posteriori.

Lo zaino sotto al sedile e lui che si stava arrampicando sopra il mio corpo disteso.

«Ehi.» sorrisi sentendo uno strano nervosismo avvolgermi.

«È da tutto il giorno che voglio toccarti, anzi-» soffiò sopra le mie labbra, «è da ieri sera.»

«Mh, addirittura.»

Sorrise e abbassò il volto iniziando a baciare il mio collo.

«Quel dannato body, Adams, era illegale.»

Inspirai a fondo e chiusi gli occhi sentendo le sue labbra torturare dolcemente il punto debole vicino alla mascella.

«G-grazie.»

«E oggi ti sei messa quei cazzo di leggings con quel top che mi hanno ucciso tutto il tempo.» continuò a parlare contro la mia pelle bollente.

Incastrai le dita nei suoi capelli e deglutii sentendo quel familiare bruciore partire dallo stomaco.

«Non era mia intenzione.» soffiai mielosa.

«Dio, che stronza.»

Ridacchiai e poco dopo si sollevò per fiondarsi sulle mie labbra. Ricambiai subito ma c'era qualcosa--qualcosa non me lo fece gustare come sempre.

Erano passate due settimane dal nostro litigio e mi era mancato questo tipo di contatto fisico con lui e proprio per questo dovevo essere super eccitata ma non era così.

Il mio cervello giocò in modo sporco e tutto un tratto mi fece ricordare quelle foto. Quella ragazza. E come le labbra di Hayden fossero sulle sue.

Ci provai. Ci provai a non pensare a loro due. A quel bacio. Al sorriso che si celava mentre le sue labbra premevano su di lei.

Ci provai a non pensare se lei si sentisse su una nuvola esattamente come mi sentivo io ogni volta che sentivo il suo sapore sulla mia lingua.

Ci provai a non pensare se lui l'avesse mai baciata diversamente, con più passione, più desiderio, più sentimento perchè era la sua ragazza e ci provai a chiudere fuori quei maledetti tarli che non mi stavano facendo godere il momento.

Ci provai sul serio, ma non ci riuscii.

Ci pensai eccome. Troppo intensamente che mi dimenticai del bacio, delle sue labbra, e di lui. Che ovviamente se ne accorse e si staccò piano dalla mia bocca.

«Va tutto bene?»

Sbattei le palpebre come intontita e lo fissai negli occhi con la bocca semiaperta.

«Kay?»

«Um-» deglutii e mi schiarii la gola cercando di cancellare il nervosismo dalla voce, inutilmente, «si, certo. Scusa ero sovrappensiero.»

Con lo sguardo incerto si sollevò da me e mi insultai mentalmente vedendolo sistemarsi i capelli con le dita mentre si sedeva sul sedile contro al finestrino, lontano da me.

Mi tirai su anche io e mi tirai le maniche della felpa oltre le mani per potermi torturare le dita.

Captò il mio gesto e socchiuse gli occhi osservandomi attentamente, «a cosa pensavi?»

«Niente di importante.» mentii, cercando di mostrarmi indifferente.

«Niente di importante?»

Non ci credeva. Glielo leggevo negli occhi.

Abbozzai un sorriso, «si. Erano solo- pensieri

Si passò la lingua sul labbro inferiore e la sua espressione iniziò lentamente a mutare. Ad essere più distaccata e io iniziai a soffocare in quell'ambiente chiuso.

«Sai, anche alla festa ti sei allontanata.»

«Mh, io ricordo perfettamente le tue mani--»

«No,» mi zittì, «sai perfettamente cosa intendendo.»

Si. Lo sapevo. C'era stato un momento in cui aveva provato a baciarmi in macchina per portarmi a casa ma mi ero scansata, usando la scusa del "ci stanno osservando" quando in realtà non c'era nessuno.

Sapevo anche che a breve avremmo discusso perchè non era affatto stupido, a differenza di me.

Aveva il volto rivolto verso il finestrino e si pizzicò il labbro, «dimmi che non è per quello che hai trovato nel mio diario.»

Il cuore perse un battito e abbassai lo sguardo cercando di pronunciare quelle parole ma non aveva senso farlo.

«Makayla,» disse in un richiamo freddo, «dimmi che non è per quello

«Non...posso.» confessai piano.

Prevedevo un terribile risvolto di quelle mie parole.

Non lo guardavo ma potevo percepire la sua tensione.

«Perchè?» sputò, «perchè ci stai pensando?»

«Perchè non capisco.»

«Capire cosa?» voltò di scatto la testa.

Incrociai le sue iridi prive di qualsiasi emozione calda e positiva e al contrario io cercai di non farmi sopraffarmi dalle emozioni.

«Perchè tu abbia mentito. Mi hai detto di non voler relazioni serie ma--»

«Ma?» aprì il braccio, scuro in volto, «tu hai pensato che io non ne avessi avute, non te l'ho detto io.»

Vero, ma non mi aveva fatto intendere neanche il contrario.

«E sinceramente non saremmo neanche qui a discuterne se ti fossi fatta i cazzi tuoi.» aggiunse con una breve risata fredda.

Inspirai a fondo e cercare di mantenere la calma, inutilmente.

«Mi dispiace!» sbottai esasperata, lo guardai senza essere ricambiata, «quante volte te lo devo dire? Mi dispiace aver guardato nel tuo diario ma ormai il danno è stato fatto. Non ti ho neanche fatto una sola domanda sull'argomento, se ne stiamo parlando adesso è perchè stai insistendo tu.» mi sfogai non riuscendo più a stare nella parte del torto.

Adesso si stava comportando da stronzo.

«Ci mancherebbe altro tu mi facessi delle domande a riguardo. Non era nemmeno qualcosa che avresti dovuto sapere.» ribattè.

«Be', ora lo so.»

Mi fulminò con lo sguardo, «perchè ti importa, comunque? Se ho avuto una ragazza o meno non dovrebbe influenzarti.»

«Non mi importa e non mi influenza.» scattai risoluta.

Sorrise cinico, «se fosse davvero così a quest'ora non saremmo qui a discuterne, non credi?»

Colpita nel segno, avvampai per il nervoso e sentii il bisogno di uscire da quella macchina. E lo feci.

«Oh, non ci pensare neanche...» lo sentii dire mentre apriva la sua portiera e la sbatteva dietro di sè.

Mi voltai rimanendo a distanza e incrociai le braccia fissandolo. Lui era visibilmente arrabbiato e io iniziavo ad esserlo.

«Perchè ti importa?» ripetè, stringendo lo sguardo.

La voce echeggiò nell'ambiente umido del garage.

«Non è così.» continuai a negare.

Negavo si, perchè aveva ragione. Mi importava. Mi importava troppo. 

Scosse la testa e aggiunse, come se non avessi nemmeno risposto, «le relazioni passate dell'uno o dell'altra non devono riguardarci per il tipo di rapporto che abbiamo noi due.» Un semplice rapporto fisico.

Annuii piegando le labbra all'ingiù e poi aggrottai la fronte, «non ti sembra un po' ipocrita da parte tua dire questo?»

«Come scusa?»

Sollevai le sopracciglia incredula, «devo dirti quanti commenti hai fatto sulla mia relazione passata?»

I suoi occhi si rabbuiarono e scattò, «non osare paragonare la mia relazione con la tua. E l'unico motivo per cui mi sono intromesso è perchè mi ci sono ritrovato in mezzo. E perchè non sto a non far niente quando una ragazza viene trattata nel modo in cui quel coglione ha trattato te!»

Okay, avevo sparato una leggera cazzata.

«D'accordo, e che mi dici di Myles?»

«Si sta parlando di relazioni passate.» ribattè con freddezza.

Oh, be', a quanto pare aveva sempre ragione lui.

Scossi la testa e sospirai, già stanca di quella discussione, «non so cosa dirti, Hayden.»

«Pensavo avessimo messo una pietra sopra su questa faccenda e che entrambi avremmo provato ad andare avanti,» si passò la lingua sul labbro inferiore e poi scrollò le spalle, «evidentemente non è così. E non capisco perchè.»

«Non so come funziona il tuo cervello, ma il mio non è in grado di dimenticarsi così facilmente di qualcosa.»

«Perchè no? Non hai trovato uno scheletro sotto al letto,» rise freddo, «hai semplicemente trovato delle foto di una mia vecchia relazione. Cosa c'è di così tanto scandaloso o impossibile da dimenticare?»

Aprii bocca ma non uscì nulla.

La sua era una validissima domanda che però si aspettava una risposta che nemmeno io ero in grado di dargli. O meglio, in fondo, sapevo la risposta ma non potevo confessarla. 

Restai immobile senza riuscire a spiaccicare una singola parola.

Di fronte al mio silenzio, abbassò il mento e si mosse leggermente fino a sedersi sul cofano e mantenere lo sguardo a terra. Il silenzio che piombò per quei secondi fu opprimente. Il mio in cui mio cuore prese a battere era come se prevedesse qualcosa che non mi sarebbe piaciuto. E infatti, quando parlò, sganciò una bomba che sinceramente non avrei voluto assolutamente sentire.

«A questo punto devo chiedertelo...» disse e mi guardò, gelandomi sul posto, «provi qualcosa per me?»



S/A. 

Il prossimo aggiornamento arriverà domani. 🙃

➡️Hayden ma che domande fai...☻️💀

Lasciate una stellina e un commento se vi è piaciuto ❤️👽

A presto, Xx

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