It's a Cliché

-Happy23- tarafından

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Hayden Miller è un eccellente pianista, vincitore di moltissime competizioni, prossimo prodigio della Juillia... Daha Fazla

Premessa
Prologo
Capitolo 1
Capitolo 2
Capitolo 3
Capitolo 4
Capitolo 5
Capitolo 6
Capitolo 7
Capitolo 8
Capitolo 9
Capitolo 10
Capitolo 11
Capitolo 12 - Parte 2
Capitolo 13
Capitolo 14
Capitolo 15
Capitolo 16
Capitolo 17
Capitolo 18
Capitolo 19
Capitolo 20
Capitolo 21
Capitolo 22
Capitolo 23
Capitolo 24
Capitolo 25
Capitolo 26
Capitolo 27
Capitolo 28
Capitolo 29
Capitolo 30
Capitolo 31
Capitolo 32
Capitolo 33
Capitolo 34
Capitolo 35
Capitolo 36
Capitolo 37
Capitolo 38
Capitolo 39
Capitolo 40
Capitolo 41
Capitolo 42 - Parte 1
Capitolo 42 - Parte 2
Capitolo 43 - Parte 1
Capitolo 43 - Parte 2
Capitolo 44
Capitolo 45
Capitolo 46
Capitolo 47
Capitolo 48
Capitolo 49
Capitolo 50
Capitolo 51
Capitolo 52
Capitolo 53
Capitolo 54
Capitolo 55
Capitolo 56
Capitolo 57
Capitolo 58
Capitolo 59 - Parte 1
Capitolo 59 - Parte 2
Capitolo 60
Capitolo 61
Capitolo 62
Capitolo 63
Capitolo 64
Capitolo 65
Capitolo 66
Capitolo 67
Capitolo 68
Capitolo 69
Capitolo 70
Capitolo 71
Capitolo 72
Capitolo 73
Capitolo 74
Epilogo
Capitolo 1 Bonus - Parte 1
Capitolo 1 Bonus - Parte 2
Capitolo 1 Bonus - Parte 3
Capitolo 2 Bonus - Parte 1
Capitolo 2 Bonus - Parte 2
Capitolo 3 Bonus - Parte 1
Capitolo 3 Bonus - Parte 2
Capitolo 3 Bonus - Parte 3
Capitolo 4 Bonus
Capitolo 5 Bonus
Profilo Instagram

Capitolo 12 - Parte 1

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-Happy23- tarafından

Avevo lo stomaco sottosopra.

«Abbiamo portato da bere?»

«No. Avrei dovuto?» domandò Malcolm.

Si, cazzo. Stavo sudando freddo e continuavo a mangiarmi le unghie per il nervoso.

«Io sono eccitato e so perché. Tu perché sei in questo stato?»

Probabilmente, per lo stesso motivo.

«Non lo so.»

Mi lanciò uno sguardo storto, «bugiarda.»

«Zitto e cerca parcheggio.» sbuffai scivolando nel sedile.

Venerdì sera era arrivato più in in fretta di quanto mi aspettassi. O più in fretta di quanto avessi voluto.

Ci sarebbe stata la prima partita di campionato e ciò significava solo una cosa: Hayden avrebbe giocato.

Ed era dannatamente tutto surreale.

Qualche mese prima Hayden Miller era in giro per il mondo ad esibirsi e a presentarsi ad eventi per milionari, e ora era un giocatore della mia scuola.

«Ma che cazzo...»

Girai lo sguardo verso l'entrata della scuola e la mascella mi cadde alla vista della quantità di gente ammassata nel cortile che si stava dirigendo verso il campo da football, illuminato dagli alti lampioni nei vertici del campo.

Non si era mai vista così tanta gente per una partita.

«Queste persone non sono solo della nostra scuola.» commentai con certezza ma perplessità mentre rallentava passando vicino all'ingresso.

Ovviamente, il parcheggio era pieno ma volevamo capire chi fossero e perché fossero lì. E c'era solo una risposta.

«Dici che sono qua per Miller?» chiese mentre schiacciava il piede sull'acceleratore per allontanarsi e cercare parcheggio altrove.

Era ovvio che fossero lì per lui. C'erano moltissime ragazzine e lui era abbastanza famoso per cui non avrebbero di certo perso l'occasione di vederlo sudato con i muscoli delle gambe e braccia che si contraevano a suon di placcaggi e touchdown.

In fondo, io ero li per lo stesso motivo.

«Spero che Donna ci abbia tenuto i posti migliori.» ammisi con un sospiro.

Lei era già qua essendo nel corpo delle cheerleader e dovendo esibirsi prima dell'inizio della gara alla quale mancava ancora mezz'ora.

«Lo spero anche io. Voglio che le sue gocce di sudore mi colpiscano.»

Feci una smorfia di disgusto mentre lo fissavo, «tu sei pazzo.»

Ricambiò lo sguardo con mento alto, «almeno non mento a me stesso.»

Ruotai gli occhi, «non sono agitata per lui. Mi fa strano l'idea che sia davvero qui, in questa città, a giocare nella nostra squadra. È- non so... assurdo.»

«Qualcuno avrà capito che siamo persone fantastiche e doveva premiarci per questo.»

Sorrisi scuotendo la testa e appena parcheggiò poco lontano da scuola, slacciai la cintura per scendere dalla macchina.

L'aria fresca colpii le gambe nude ma non avevo freddo. Inoltre la giacca a bomber che indossavo era abbastanza calda da infondere calore nel mio corpo coperto da una gonna di jeans nera e un top aderente a maniche corte a bianco.

Tenni la borsa a tracolla e affiancai il mio amico che mi circondò le spalle con un braccio. Non essendo così lontani dal campo e dalla scuola, si potevano udire i vari cori e fischi provenienti dagli spalti.

«E se dovesse sbagliare?»

Impossibile.

«Non sbaglierà.» dissi convinta, mentre sentivo lo stomaco aggrovigliarsi sempre di più ad ogni passo verso quel posto.

«Come fai a dirlo?»

«Perchè è bravo ed è Hayden Miller. Lui non sbaglia mai.»

Mi guardò dall'alto con occhi curiosi. Per quella sera aveva fatto delle treccine ai suoi alle lunghe onde dorate e aveva messo un leggero strato di matita sotto gli occhi, risaltando le iridi color ambra.

«Sembri conoscerlo bene.»

«Non lo conosco, lo sai. Semplicemente è uno a cui non piace perdere. Non sbaglierà, fidati.»

Arrivammo al campo e ci mettemmo almeno dieci minuti per superare la folla che era attorno alla recinzione perché non c'era più spazio sugli spalti.

Con le nostre mani strette riuscimmo ad intrufolarci e arrivare ai nostri posti contro la sbarra che delimitava il campo e che si affacciava perfettamente su esso.

Appena vidi Donna già stupenda nella sua divisa da cheerleader, mi sbracciai per farci notare. In pochi secondi fu di fronte a noi, con i suoi capelli a caschetto tenuti fermi da alcune mollette vicino alle tempia. Un trucco perfetto e un leggero strato di sudore sul corpo dovuto probabilmente al riscaldamento e alle ultime prove finali prima dell'esibizione vera e propria.

«Sappiamo perché c'è tutta questa gente, vero?» disse con tono ovvio per poi bere dalla sua borraccia.

Mi guardai attorno e notai moltissime ragazze che attendevano la partita. Ovviamente oltre a tutte le famiglie dei giocatori della squadra. Intravidi anche il padre di Jordan che era affianco a quello di Travis e sembravano già discutere sulla partita da come agitavano braccia e mani.

«Ha già un tifo ben solido.» disse Malcolm.

«Voglio salutare Travis prima che inizi, mi accompagni?» mi chiese e annuii.

Forse avevo in mente chi potessi salutare io. Forse.

«Scavalca, passiamo dall'entrata di sotto.» disse indicando la sbarra che ci divideva dal campo.

Grande scelta la gonna, Makayla.

Con l'aiuto di Malcolm che mi sollevò, riuscì a superare la recinzione appena i miei piedi toccarono l'erba, Donna afferrò la mia mano e percorremmo insieme la strada che portava al tunnel che collegava il campo agli spogliatoi.

Mentre scendevamo le scale in marmo sentii il cuore pulsare con troppa insistenza. Ci sarebbe stata solo una porta a dividere me e Hayden e l'idea di essere li fuori e non salutarlo prima della sua prima partita mi provocava in me qualcosa di sconosciuto.

Volevo vederlo prima della partita.

Volevo salutarlo e augurargli buona fortuna.

Era forte troppo eccessivo dato che ci conoscevamo da poco ma mi sembrava che avessimo instaurato un rapporto che mi permetteva di fare quel passo.

«Mi aspetti qui?»

«Mi sembra ovvio.» sorrisi appoggiandomi al muro cementato.

Ricambiò il sorriso e aprì la porta per entrare nel breve atrio che anticipava gli spogliatoi.

Controllata dalla me irrazionale, aprii la borsetta e tirai fuori il telefono per mandare un veloce messaggio ad Hayden: sono fuori dagli spogliatoi, esci.

Lo feci senza ragionarci troppo o lo avrei cancellato.

Non lo avevo neanche messo come richiesta perché volevo mostrarmi sicura in quello che stavo per fare.

Erano solo saluti, dannazione. Cosa c'era di così tanto assurdo? Niente, ma ero lo stesso agitata.

Ero pazza? Probabilmente.

Restai con la schiena contro la parete fredda di cemento dal color azzurro tenue, mentre mi torturavo le unghie mangiucchiandole. Forse non avrei dovuto mandare quel messaggio, sembrava che ci fosse una sorta di amicizia quando in realtà non era così.

Eravamo semplici conoscenti -lo sapevo- però non sembrava una cosa brutta voler augurare a qualcuno buona fortuna, no?

I miei pensieri vennero interrotti quando doppia porta rossa, dalla quale era sparita Donna, venne aperta con un colpo docile ed ecco che Hayden Miller si presentò in tutta la sua bellezza.

Cercai di non far cadere la mascella alla vista della sua figura, perché mi ero totalmente dimenticata che avrebbe indossato quella.

Era indubbiamente perfetto nella divisa della squadra con tutte le protezioni necessarie, sopra ai para-cosce c'erano i pantaloncini bianchi e a coprire i paraspalle, invece, la maglia blu navy con lo stemma a sinistra dello squalo.

Davanti c'era il grosso numero a sfondo giallo che lo avrebbe identificato: diciotto.

Sotto a tutto indossava anche una maglietta a maniche lunghe nera, sicuramente una termica. Non permettendomi ancora una volta di vedere le sue braccia nude.

Tra le dita della mano sinistra aveva il casco.

Incrociai i suoi occhi brillanti, da una sfumatura giocosa e non riuscii a non arrossire leggermente.

Maledetto, Miller.

«Adams.» disse con un cenno del mento, facendo cadere una ciocca più arricciata del solito.

Mi misi le mani dietro alla schiena e incrociai le gambe sorridendo nervosa, «Miller.»

Idiota, non mostrarti tesa!

Da qui, l'uscita al campo era vicinissima e si sentivano grida e schiamazzi delle ragazze che richiamavano il suo nome.

«Wow, ragazzo prodigio, non hai ancora toccato palla e già vieni acclamato come un re.» dissi, con una sorta di sorriso beffardo.

Scosse piano la testa sopprimendo un sorriso e portò avanti le braccia stringendo anche le altre dita sul casco bianco.

Nonostante fossimo in una zona ombrosa del corridoio, quelle iridi luccicavano come fori e non riuscii a capacitarmi di quanto potesse essere mozzafiato.

«A cosa devo l'onore di questa tua visita, Adams?»

Il mio sorriso si fece più imbarazzato e sentii del calore diffondersi dal collo, distolsi per qualche secondo lo sguardo schiarendomi la voce, «volevo- um, volevo solo augurarti in bocca al lupo.»

Affilò un sorriso sfacciato, «ti sembro uno che ha bisogno di queste cose?»

«Non fare lo spaccone, Miller. A tutti serve un in bocca al lupo in certe occasioni.»

Inoltre, era l'unico modo per vederti prima della partita, ma ovviamente non glielo dissi.

Si rigirò il casco tra le mani annuendo con il flebile sorriso, «non sono uno che si agita per situazioni come questa ma apprezzo il gesto.»

«Certo che lo apprezzi, devi essere grato dei miei buona fortuna, Miller.» mi pavoneggiai, dando un colpo ai miei capelli per farli andare oltre le spalle.

Lo vidi sorridere a labbra chiuse e non riuscii a trattenere un sorriso furbo.

«Portano davvero fortuna?»

Scrollai le spalle, «solo se ci credi.» ammisi sincera.

Annuì sorpreso dalla mia risposta e si morse per qualche secondo il labbro facendomi mancare l'aria.

«In tal caso, se dovessi fare touchdown, sarà suo, signorina Adams.»

Un battito saltò. Forse anche due.

Non svenire, Makayla.

«Sei così certo di riuscire a fare un touchdown già alla prima partita?» lo stuzzicai, assottigliando gli occhi.

Dovevo spostare l'attenzione dal suo commento altrimenti non sarei più riuscita a formulare una parola.

Anche lui strinse lo sguardo passandosi la lingua sui denti, «stai dubitando delle mie capacità, Adams?»

Alzai le mani in segno di resa e schioccai la lingua al palato con impertinenza, «chi si loda si imbroda, Miller.»

Strinse la labbra con fare divertito e, rigirandosi il casco tra le mani, indietreggiò senza voltarsi verso le porte alle sue spalle.

Inclinai la testa con un piccolo sorriso in attesa della sua battuta finale perché sapevo che sarebbe arrivata.

«Il primo è per te, Adams.»

Di certo, non mi aspettavo una chiusura di questo genere.

Deglutii cercando di non arrossire più del dovuto e alzai il pollice con fare giocoso lanciandogli un'ultima occhiata, prima che si chiudesse la porta alle spalle.

Ovviamente, avendo avuto Jordan come ex, non sarebbe stata la prima volta che qualcuno mi avesse dedicato un touchdown.

Ma stavamo parlando di Miller, cazzo.

Se l'avesse fatto sul serio, sarei potuta svenire esattamente come quelle ragazze fuori che urlavano il suo nome.

Con un sorriso da ebete stampato sul viso, attesi il ritorno di Donna che sembrava doversi risistemare il rossetto in quanto leggermente sbavato. 

«Aspetta, tieni,» disse prima che potessimo risalire le scale per tornare al campo.

Erano delle chiavi di una macchina e non feci in tempo a chiederle di chi fossero che riconobbi lo stemma della Porsche sul portachiavi. 

La guardai accigliata. Erano le chiavi di Hayden.

«Mi ha detto di dartele.» spiegò, riprendendo a camminare.

Le urla e grida sembravano ancora più insistenti una volta uscite dal tunnel delle scale.

«Perchè?»

Alzò le spalle, «non me l'ha detto. Ora vado, augurami buona fortuna.» disse saltellando su e giù per la tensione ed emozione.

Mancava poco alla loro esibizione che anticipava l'inizio della prima partita di campionato. 

L'abbracciai e le diedi un bacio sulla guancia, «andrai alla grande, D.» le sorrise incoraggiante.

Subito dopo le nostre strade si divisero, lei tornò al gruppo di cheer che stava rivedendo delle ultime prese e salti con le flyer mentre io ritornai da Malcolm che nuovamente mi aiutò a scavalcare la recinzione per mettermi vicino a lui.

«Di chi sono?» chiese appena vide le chiavi nella mia mano.

Giusto. Meglio metterle via.

«Tu sai chi. E no, non so perchè me l'abbia date.»

Inarcò un sopracciglio con fare malizioso e ruotai gli occhi per poi infilare le chiavi nella borsetta e chiuderla per bene. Se le avessi perse, mi avrebbe staccato la testa, ne ero certa.

«Lo hai visto?» indagò senza fare il suo nome.

Eravamo circondati da molte persone e non sapevo chi fossero quelle che scleravano solo sentendo il suo nome, quindi meglio evitare che qualcuno origliasse cose che non avrebbe dovuto.

«Si, volevo augurargli buona fortuna.» ammisi, osservando il campo.

La squadra avversaria era già sul campo. Noi avremmo dovuto aspettare in quanto partita in casa, ci aspettavano gli oneri di casa.

«Interessante.»

Lo guardai annoiata, «non farti strane idee.»

Alzò le mani e scosse la testa, «solo fantasie perverse, tesoro.»

Arricciai il naso per una smorfia mentre lui ridacchiava, «non fare l'innocente, Mak. Chissà cos'hai pensato quando l'hai visto in divisa...»

Che fosse un figo stratosferico, ma quello era già stato detto e ridetto.

«Fai silenzio che tra poco inizia.» replicai per evitare di dover continuare quell'argomento che sapevo non avrebbe portato niente di buono.

Cinque minuti dopo le luci si spensero, segno dell'esibizione delle cheerleader, e le urla di tutti noi echeggiarono nell'aria.

Che la partita abbia inizio.

⚜️

La prima metà tempo era passata. Erano stati ventiquattro minuti di urla e esclamazioni intense.

Eravamo pari. Avevamo fatto piccoli errori che avevano fatto guadagnare spazio e punti agli avversari ma eravamo ancora all'inizio. 

Il coach e l'assistente osservavano lo schema e probabilmente avrebbero richiamato al più presto la squadra difensiva mettendo a riposo quella offensiva. 

La cosa divertente di quei dodici minuti era che si era capito fin da subito che il numero diciotto fosse Miller e ogni volta che prendeva la palla da Travis -numero uno e quarterback- o placcava qualcuno, l'aria si riempiva di urla disumane delle ragazze presenti.

Tra le urla, c'erano anche quelle di Malcolm che alla terza volta l'aveva preso come un gioco per farmi irritare e stordirmi i timpani.

Io lo incitavo ma non in modo così rumoroso ed evidente. 

Più che altro tendevo a fissargli in modo poco educato il culo. Era davvero bello.

E comunque, non aveva ancora fatto touchdown. Non che fosse compito suo, ma ogni volta che prendeva palla aveva l'intenzione di puntare a quello. Fino ad esso però, non era riuscito.

«Non vedo l'ora che entri la difesa per vederlo togliersi il caso!» mi urlò Malcolm nell'orecchio per sovrastare alle urla che ci circondavano.

«Sei pazzo quanto loro.» 

«Almeno non gli controllo il culo ogni tre secondi.» rimbeccò con fare ovvio.

Incrociai le braccia e inarcai un sopracciglio, «bugiardo. Gli hai anche fatto una foto.»

Ruotò gli occhi gesticolando, «comunque non lo fisso in modo così evidente.»

Forse aveva ragione. Ma non avendo la possibilità di incantarmi sulle mani essendo sempre in movimento e troppo lontano, dovevo accontentarmi. Il suo sedere sodo era un'ottima alternativa.

Essendo intervallo del fine primo tempo. Le due squadre invertirono la postazione e gli Sharks finirono tutti nel lato opposto e lontano da noi. 

E proprio appena si sedettero nelle panchine opposte, chi aveva appena finito di giocare, quindi la squadra offensiva, si tolse il casco per bere e riposarsi mentre il coach li informava di nuovi cambiamenti.

Hayden fu l'unico a non togliersi il casco e a bere sparandosi l'acqua direttamente tra buchi in ferro che lo componevano. 

Era in piedi vicino a Travis e ascoltava ogni parola del coach. 

Per quel primo tempo, aveva giocato molto bene. Per essere la prima volta, era davvero un bravo. Un prodigio.

«Guarda.» disse Malcolm dandomi una leggera gomitata al braccio.

Mi mostrò il suo Instagram e nelle storie delle ragazze tutti avevano filmato la partita ma soprattutto Hayden. Ci sarebbero stati anche articoli riguardanti il prodigio musicale, che sparito dalla circolazione, si dava allo sport tra liceali.

«Qualcuno ha esagerato davvero troppo con lui. C'è tutto in una sola persona.» 

Non potei che dare ragione al mio amico. 

In quei video era semplicemente perfetto.

La prima metà del secondo tempo iniziò e noi sembravamo più cattivi di prima.

Infatti riuscimmo a segnare cinque punti in pochissimo tempo.

Hayden e Travis erano stati fondamentali tutte le volte.

In questi altri dodici minuti, il coach alternò due volte l'offensiva con la difensiva e solo una volta gli avversari fecero punto.

Per tutto il tempo saltai e incitai la squadra e ogni volta che facevamo punto abbracciavo Malcolm sorridente.

Mancavano davvero pochi minuti alla fine della partita. Stavamo già vincendo di almeno dieci punti, alcuni fatti grazie al numero diciotto, ma quando segnava lui mi limitavo ad applaudire. Non volevo sembrare troppo una sclerata.

Il touchdown consisteva nel prendere al volo il pallone da quarterback, e senza farlo cadere, correre verso la end zone e poter guadagnare sei punti tanto cercati da tutti i giocatori.

Il compito di Hayden, ricevitore, era esattamente questo -oltre che aprire i passaggi e placcare- era recuperare la palla dal quarterback, e lui era nel ruolo perfetto per poter raggiungere quel tanto agognato touchdown.

E negli ultimi secondi, Hayden afferrò la palla lanciata da Travis da centro campo e corse.

Più lui correva e schivava con agilità gli avversari, più sentivo il mio cuore battere più veloce e raggiungere la gola.

Afferrai d'istinto il braccio di Malcolm con una mano a sfiorarmi la bocca perché stava per farcela. Dai, Hayden! Gli mancava davvero poco e poi un boato esplose da tutti i presenti.

Oh, cazzo... cazzo! Cazzo!

Fu la prima volta che urlai a pieni polmoni, alzando le braccia al cielo e saltando con un entusiasmo mai avuto prima.

Hayden aveva appena fatto touchdown.

Il suo primo touchdown.

Abbracciai Malcolm perché avevamo vinto, anzi, stravinto, ed ero troppo felice per lui.

Si sentivano i cori in rima di vittoria delle cheerleader che richiamarono l'attenzione con salti, ruote, spaccate per aria e movimento di pompon.

Quando tornai a guardare il campo, il sorriso non aveva smesso di essere sul mio volto, e osservai come tutta la squadra era ancora attorno a Hayden mentre il coach guardava i suoi ragazzi con soddisfazione.

Appena i giocatori liberarono Hayden, lo vidi togliersi finalmente il casco e un altro urlo risuonò nell'aria.

Si passò una mano tra i capelli bagnati di sudore e subito dopo guardò verso gli spalti.

Il mio cuore sembrava pronto ad esplodere.

Non sapevo se stesse cercando qualcuno o stesse solo osservando la gente che lo applaudiva e lo lodava; ma quando i nostri sguardi si incrociarono, ecco che sentii quel terribile formicolio che mi obbligò ad aggrapparmi alla sbarra in ferro.

Non accennò neanche un sorriso, si limitò a guardarmi per altri secondi per poi distogliere lo sguardo e seguire la squadra nel tunnel per tornare agli spogliatoi.

«Guardava te. Non mentire, brutta stronza.» sibilò Malcolm al mio orecchio.

Una sfumatura rossastra colorò le mie guance mentre puntavo lo sguardo sul mio amico.

Si, stava guardando me.

Gli sorrisi ma non risposi perché non sapevo cosa dire se non che quel touchdown era per me, cazzo!



S/A.

🚨Questo capitolo è diviso in due parti.
Il secondo aggiornamento avverrà domani. 🚨

Hayden ha dedicato il touchdown a Makayla...☻️👽

➡️Perchè Hayden ha lasciato le chiavi delle sua macchina a Makayla?

Ricordatevi di mettere una stellina e di commentare se vi è piaciuto. ❤️

A presto,
Xx.

Okumaya devam et

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