3° - Ritorno.

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Era da qualche giorno che Hitoshi rimaneva nella casa del signor Aizawa.

Seppur sembrasse molto freddo e distaccato, l'uomo si preoccupava molto per lui. Dato che faceva ancora fatica a muoversi, gli portava i pasti in stanza e spesso rimaneva con lui in attesa che finisse. Con Eri invece ci passava quasi tutte le mattine, dato che il signor Aizawa doveva andare a lavorare alla U.A. e non poteva badare alla bambina.

- Toshi! Toshi! Shin ti vuole salutare! –

Il giorno stesso in cui il ragazzo dai capelli viola si svegliò nella casa Aizawa, un gatto dal pelo nero con una macchia più chiara, di un colore quasi violaceo, era stato portato in casa da Shota e da Eri, che dicevano di averlo trovato addormentato vicino ad un paio di cassonetti della spazzatura.
Era stata la bambina a voler chiamare il gatto Shin.

"Ti somiglia!" aveva detto al viola.

Il gatto, prima tenuto in braccio da Eri, fece un piccolo balzo e andò ad accoccolarsi direttamente tre le braccia di Shinsou, che non perdeva occasione per accarezzargli la schiena e la testa.
Il rapporto tra i due era diventato sempre più stretto, e così come il ragazzo dai capelli viola stava iniziando a considerare Eri come una piccola sorella, la bambina definiva già da subito il giovane come il suo fratellone.
Durante l'ultimo giorno della settimana scolastica, Shinsou era riuscito a rimettersi in piedi e camminare senza troppa fatica. Non che prima non ci riuscisse, ma il suo corpo doveva ancora riprendersi per bene dalla botta subita qualche giorno addietro, ed era stato Aizawa stesso a vietargli di alzarsi.
Era venerdì, tardo pomeriggio, ed Hitoshi stava badando ad Eri mentre il moro era fuori.

- Toshi, cosa farai per cena? – chiese ad un certo punto l'azzurrina, mentre recuperava l'animale dalle coccole del ragazzo.

- Cosa... Farò per cena? –

- Sì! Lo sai che il venerdì papà non è casa, no? –

Veramente, lui non lo sapeva.

- Di solito mi lascia da Midnight, però oggi neanche lei poteva, così gli ho detto che sarei rimasta qui con te! – sorrise lei, mentre teneva stretto il gattino, che apprezzava la sua compagnia.

- Io... Non so cucinare molto bene, Eri –

- Oh! Non hai mai cucinato a casa tua? –

- No... Mio padre non voleva che imparassi. –

Eri inarcò un sopracciglio, ma subito la sua espressione perplessa venne sostituita da un largo sorriso.
- Allora possiamo ordinare del cibo da fuori! Hai mai provato la pizza? Lo sai, è un cibo italiano! C'è un posto che ne vende qui vicino! – esclamò, saltellando.

- Oh... Sì, va bene, ma dobbiamo ordinare. Sai per caso se avete un telefono fisso? –

Lei annuì. Fece segno al ragazzo di seguirla. Distrattamente, Shinsou scostò via le coperte color grano calde che lo coprivano, si infilò un paio di ciabatte e si alzò in piedi. Raggiunse la scrivania di legno, dove erano poggiati i suoi libri e alcuni vestiti, vi prese una felpa nera e la indossò, per poi seguire davvero Eri che, impaziente, era già sgusciata fuori dalla stanza. Appena furono giù, la piccoletta scortò il viola verso il telefono fisso.

Trenta minuti dopo, i due erano beatamente stravaccati sul divano a mangiarsi della buona pizza margherita.
- Era da un sacco che non mangiavo la pizza, Toshi! – esclamò Eri, sorridendo.
- Sai, papà dice che è meglio non esagerare, ma fosse per me la mangerei quasi ogni giorno... A proposito, chissà se anche lui la sta mangiando! –

A quella frase, Hitoshi realizzò di non avere la più pallida idea di dove l'uomo fosse andato. Ma prima di quello, si preoccupò di come si stesse comportando come se quella fosse casa sua, anche se non lo era affatto. Poggiò ordinatamente la fetta di pizza su un tavolino e, preso da chissà cosa, iniziò a rimettere in ordine un po' tutta la stanza. Eri intanto lo guardava interrogativa.
- Che fai? – chiese, perplessa.

𝐒𝐇𝐈𝐍𝐊𝐀𝐌𝐈❞ˌ˚» 𝘀𝗶𝗹𝗲𝗻𝗰𝗲 ˡˡ 𝚑𝚊𝚗𝚊𝚑𝚊𝚔𝚒 𝚍𝚒𝚜𝚎𝚊𝚜𝚎Where stories live. Discover now