15° - Confusione.

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Quando era tornato a casa, Denki non si era neanche ricordato di consegnare il libro a sua madre. In quel momento era probabilmente l'ultimo dei suoi pensieri.
Era direttamente salito in camera sua, chiudendo poi la porta a chiave. Era seduto sopra il suo letto, sopra le solite coperte nere e gialle tipiche della sua stanza.
Non sapeva nemmeno che ore fossero, ormai. Non gli importava più di tanto.
Forse era rimasto lì in piedi, impalato su quel marciapiede, per ore. Forse per solo un minuto. Non ne era a conoscenza, e forse non l'avrebbe mai saputo.
Quando era stato urtato involontariamente da Shinsou, avevano iniziato una conversazione che sembrava sarebbe andata verso le urla, la rabbia, lo sfogo. Ed invece, no.
Probabilmente, a cambiare tutto era stato lo sguardo privo di emozioni lanciato dal viola. O forse erano state le occhiaie troppo calcate, o l'espressione stanca e malinconica.
Fatto sta che decisamente non erano finiti alle urla, anzi.
Si stavano letteralmente per baciare.
Il problema in realtà non c'era, dato che non era successo niente.
Se non per il piccolo dettaglio che lui in quel momento lo avrebbe seriamente baciato.
Quello era il problema.
Lui era fidanzato, aveva una ragazza, stavano insieme.
Eppure era sicuro di aver provato qualcosa di serio in quel momento. Una sensazione che non aveva mai provato prima, neanche quando era con Jirou.
Era confuso. In quel momento la sua testa sembrava una stanza completamente in disordine, e lui doveva occuparsi il prima possibile di rimettere tutto in ordine.
La verità era che non aveva mai neanche pensato alla possibilità che potessero piacergli persone del suo stesso sesso, non era una cosa che aveva mai preso in considerazione. Era innegabile che fosse attratto dalle ragazze, lo sapeva, lo aveva sempre saputo. Certo, non era come Mineta, che ne era letteralmente ossessionato, ma comunque gli piacevano.
Invece, in quel momento, quel dubbio continuava ad assalirgli la mente. E se fosse stato così?
No, non poteva essere. Dopotutto, appunto, lui era già felicemente fidanzato con la persona che amava...
Ma era quello il punto, quello che adesso continuava a chiedersi.

Lui la amava?

Ormai non ne era più certo. Quella manciata di secondi in cui si era trovato letteralmente a faccia a faccia col viola, in cui aveva avuto l'occasione di studiarne i tratti, in cui aveva sentito per qualche attimo il suo cuore gridare, gli avevano scombussolato tutto. Quello di cui era convinto si stava lentamente sgretolando. Non era nemmeno più sicuro di quello che provassse.
Chiuse gli occhi, tentando di ricordare meglio tutti i fatti straordinari di quel pomeriggio, quegli eventi non programmati che adesso lo stavano portando a farsi un sacco di domande.
Prima lo scontro col ragazzo. Era stato rapido, veloce, forse non se ne sarebbe accorto se quello non lo avesse chiamato.
Poi la piccola discussione. Voleva semplicemente sapere, volva capire, voleva aiutare, ma lui si ostinava a fare l'orgoglioso chiudendosi in sé stesso, mettendolo in difficoltà.
E poi quel momento.
Il gioco di sguardi, lo avrebbe chiamato. Aveva fatto un errore, forse, a strattonarlo. Però non poté fare a meno di pensare di aver provato quella strana sensazione.
Quante volte se lo stava ripetendo in testa?
Tante. Troppe.
Decise che avrebbe aspettato. Decise che avrebbe dovuto capire bene prima di fare scelte affrettate, perchè una volta fatta una cosa, non poteva tornare indietro.

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Quella notte Hitoshi non era tornato a casa.
Era ritornato a sedersi su quella panchina di legno, dove aveva trascorso buona parte del pomeriggio. Si stava stufando, comunque. Non riusciva a dormire, e starsene seduto lì sopra non era proprio fantastico. Così aveva iniziato a vagare in lungo e in largo in mezzo a quella città, tra le vie dello stesso nucleo urbano in cui viveva, ma in rami e strade a lui sconosciute.
Durante la notte, uno strano gelo calava sul posto. Le temperature si abbassavano, ed un venticello freddo iniziava a soffiare sopra gli arbusti e gli edifici lì presenti. Le uniche fonti di luce oltre al sottile spicchio di luna erano i lampioni, che emanavano un calore minimo, ma stranamente piacevole.
Non aveva un cappotto, anzi, dopotutto indossava ancora la divisa scolastica, quindi percepiva meglio di chiunque altro le temperature gelate di quel lasso di tempo. Intanto continuava ad andare in giro senza meta, ma anche privo di pensieri e di preoccupazioni. Era stanco, troppo stanco anche per pensare. Soprattutto per pensare.
Improvvisamente, in mezzo al completo silenzio del buio, udì lo squillare di un cellulare.
Si meravigliò in realtà di averlo in tasca, ma non si fece troppi problemi e lo prese in mano.
Il numero che lo chiamava non era memorizzato nella rubrica, ma lo aveva riconosciuto. Era il numero di casa Aizawa, del telefono fisso, per l'esattezza.
Probabilmente, fosse stato in qualsiasi altro momento, avrebbe fatto la scelta in quel momento più logica. Non avrebbe risposto. Sapeva che sarebbe andato a ricevere una sgridata, e che probabilmente gli avrebbero chiesto dove si trovasse, ma lo aveva detto. Non ci stava con la testa.
Così, senza starci a riflettere troppo, accettò la chiamata in arrivo e si portò l'apparecchio all'orecchio.
- Pronto. - disse, mentre smetteva di camminare.

𝐒𝐇𝐈𝐍𝐊𝐀𝐌𝐈❞ˌ˚» 𝘀𝗶𝗹𝗲𝗻𝗰𝗲 ˡˡ 𝚑𝚊𝚗𝚊𝚑𝚊𝚔𝚒 𝚍𝚒𝚜𝚎𝚊𝚜𝚎Where stories live. Discover now