⚜Giacinto rosso⚜

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Ma no, egli ha rifiutato, ha rinnegato la vita che gli avevo promesso, alla gioia che io ero disposto a donargli e alla libertà che ero pronto a regalargli.

Perché ha rifiutato?

Il solo pensiero di poter essere con lui adesso mi fa piangere, mi procura un intenso dolore amaro e pungente che mai avevo provato. Il calice delle doglie del parto non l'ho mai bevuto e il dolore di un osso fratturato non l'ho mai assaggiato. Dicono che siano i dolori più atroci che un uomo possa provare, e se ciò è vero, dunque questo che cos'è?

Serro i pugni strappando via alcune margherite dal terreno, le mie dita affondano nel fango e strizzando gli occhi da essi fioriscono incessanti lacrime.

Solo io e lui in un luogo lontano, in un luogo perfetto! Tempo fa pensavo alla nostra fuga come un dolce pensiero ma adesso è solo un amaro sogno che mai si realizzerà.
Tuttavia, per quanto sono furioso non riesco a essere arrabbiato con queste piccole margherite. È colpa mia, avrei dovuto insistere, avrei dovuto strapparlo dal terreno e portarmelo via assieme le sue fondamenta; invece l'ho assecondato e mi sono arreso subito, mi sono arreso subito...

Mi sono arreso e ho perso.


~⚜~


Cammino oppresso di pensieri e stanchezza, il mio stomaco mugugna di riflessioni e trepidazioni, le mie palpebre sono ardenti, gonfie e pesanti. Non stillano più lacrime dagli occhi, ne ho versate così tante che ora quest'ultimi sono aridi e secchi come un terreno dimenticato dalla pioggia.
Lo sguardo è chinato ai miei piedi, violacei e freddi, le unghie adornate di terra e flaccidi fili d'erba.
Ho camminato a testa bassa senza mai inciampare né scontrare contro alcun un tronco d'albero, mi sono addentrato in un fitta foresta ignota senza che me ne accorgessi.
Il sole è in alto nel cielo ma le chiome degli alberi sono talmente folte e rigogliose che proibiscono ai raggi di baciare il terreno, neppure una lama di luce giunge sul mio volto.

Avanzo appesantito di pensieri e disegni, sono assalito di voci e ricordi.

Dove mai andrò adesso?

Al castello non vi è più nulla per me, non mi è rimasto niente se non i miei genitori. Ma tornare indietro da loro sarà come ammettere di aver torto, non voglio dar loro una corona d'alloro per l'atto compiuto, non voglio tornare dagli assassini del mio amato.

Cammino e cammino ma passo dopo passo la mia stanchezza accresce.
Esausto e con affanno, sfrego i palmi l'uno contro l'altro per scaldarli, ma per quanto io sfreghi la pelle essa non si scalda.
Procedendo in avanti il mio piede, sebbene insensibile, riconosce di aver calpestato qualcosa, il tatto è misero ma pare essere una pianta.
Abbasso lo sguardo e trovo ai miei piedi il ciuffo di una carota.

Accanto a essa ve ne sono molte altre e con loro altri ortaggi piantati in quello che pare essere un orticello.

Alzo lo sguardo e mi guardo attorno, l'orto sebbene sia piccolo è ben curato e se non fosse stato per la mia poca attenzione adesso queste carote sarebbero state pronte per essere colte.
Il proprietario dell'orto vive in questa piccola dimora fatta in legno e nascosta tra gli arbusti, e il fumo che danza fuori dal camino dichiara che il padrone è all'interno.

Mi avvicino alla casa camminando per il breve sentiero fatto di piccoli sassolini bianchi.

Giunto dinanzi alla porta comincio a bussare e a domandare se qualcuno sia presente e disposto ad accogliermi.
Busso due volte ma nessuno risponde, così busso altre tre volte ma non ottengo alcuna replica.
Porto la mano alla maniglia e la porta si apre, ma prima di varcarne la soglia mi guardo attorno, se il proprietario dovesse sorprendermi mentre irrompo in casa sua non saprei che dire. So di star sbagliando ma se non domando aiuto morirò di fame e freddo fuori in questa fitta e sconosciuta foresta.

Il principe azzurro è gayWhere stories live. Discover now