Principessa.

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Rimasero in quella posizione per un tempo indefinito.

Un minuto? Due? Tre? Venti? Un'ora?

Poi Gerard iniziò a sentire un formicolio alle gambe. Fece per cambiare posizione, e Frank si risvegliò da quello stato di trance, alzandosi in piedi.

«No, non ti preoccupare.» Disse Gerard. Senza quel peso sulle cosce sentiva freddo.

L'altro scosse la testa, stirandosi. Guardò l'orologio, erano quasi le sei.

«Ti ho usato come sedia per circa un'ora e mezza. Direi possa bastare.» Gli sorrise.

Il più alto chiuse gli occhi e annuì. Nell'arco di due secondi qualcosa di duro gli cadde sulla pancia, colpendo uno dei lividi.

«Ahia, cazzo!»

«Oh, scusa principessa. Ora però mi andrebbe una partita, quindi prendi il controller e trattieni il dolore.»

Si tirò su a fatica, sospirando e tenendosi una mano dove il pezzo di plastica nero lo aveva colpito.

Quando fu in piedi notò una chirarra poggiata accanto alla scrivania.

«Frank, tu suoni?»

Il ragazzo coi pearcing arrossì violentemente. Si era dimenticato di metterla via.

«Qualcosina.»

«Davvero? Perché non l'hai mai detto a me e agli altri?»

Abbassò lo sguardo, fissandosi le dita che si intrecciavano tra loro.

«Non sono abbastanza bravo.»

«Suonami qualcosa.»

Guardò Gerard allibito.

«Cosa? No.» Ma all'altro brillavano già gli occhi. Non avrebbe sentito scuse.

Si avvicinò allo strumento, per poi porgerglielo.

«Suonami qualcosa.» Ripeté, entusiasta, sedendosi sul letto accanto a Frank.

Anche in quel momento sembrava un bambino, uno di quei bambini euforici, come quando li si porta per la prima volta al Luna Park.

Il più basso sbuffò, fulminandolo. Afferrò la chitarra, ma prima di iniziare a pizzicare le corde, diede un ammonimento all'amico.

«Vedi di non fare commenti stupidi, Gee, o sei morto.»

«Per chi mi hai preso?» Rispose sbrigativamente.

«Okay.»

Frank tentò di ricordarsi un pezzo. Ci sarebbero dovute essere anche le parole, ma non era ancora pronto a cantare davanti a qualcuno, anche se questo era il ragazzo più importante in quel momento.

Iniziò a suonare, tenendo gli occhi chiusi, scrutando le corde di tanto in tanto.

Si faceva assorbire dalla sua musica, e poi sapeva gli accordi a memoria.

Ben presto non fece più caso alla presenza di Gerard. Prese a far andare una gamba su e giù, tenendo il ritmo veloce e incalzante.

Ogni tanto muoveva la testa, enfatizzando così ogni nota.

In mente si ripeteva il testo, ce l'aveva sulle labbra. Sembrava cantasse senza voce. Si limitava a far andare la bocca, senza emettere nemmeno un suono.

Il tutto durò per due minuti, anche se a lui sembravano di più, il tempo sembrava essersi dilatato. Si sentiva più leggero.

Quando finì, venne bruscamente riportato alla realtà.

Appoggiò lo strumendo, voltandosi verso Gerard, lievemente imbarazzato.

Questi era immobile, e lo fissava negli occhi, la bocca semi aperta. Dopo qualche secondo parlò.

«Non sei abbastanza bravo?»

«Non ti é piaciuto? Lo so, dovrei fare più pratica, e...»

«Piantala. Odio la falsa modestia, é un altro modo di mentire. É bellissimo.»

Frank non sapeva cosa rispondere. L'amico sembrava convinto di ciò che aveva appena detto. Era la prima volta che suonava per qualcuno.

«Non lo so, Gee, io non...Insomma, avrò preso si e no tre lezioni prima di abbandonare il corso.»

«Frank, ti sottovaluti. Ci sai fare. Dico davvero.»

Sorrise, quasi lusingato. Forse era solo gentile, ma anche se così fosse, gli faceva piacere.

«Grazie.» Guardò il televisore.

«Alla fine ce la facciamo questa dannata partita?»

Gerard sorrise, annuendo.

-

Partita dopo partita, non si erano resi conto dell'ora che si era fatta.

Gerard era nel pieno della frenesia, aveva stracciato Frank in quasi tutti i giochi, che fossero di lotta o di corse in macchina.

«Gee, non vorrei rovinarti il tuo momento di gloria, ma sono le nove e mezza.»

«Eh?» Mise in pausa, confuso. «Merda, é tardi! Devo tornare a casa. Dannazione. Domani c'é pure la scuola.»

Frank gli mise una mano sulla spalla.

«Se ti va puoi anche fermarti a dormire.»

«No, non voglio disturbare.»

L'amico fece un gesto sbrigativo.

«Ma figurati.»

«Dove dormo? E poi non ho un pigiama.»

Il ragazzo coi pearcing sorrise, come se fosse ovvio.

«Ti presto uno di quelli di mio padre. I miei sospetto sarebbero troppo corti per te. Per quel che rifuarda il dormire...»

Si girò, indicando il suo letto come fanno le vallette nelle pubblicità di materassi.

«Oh. E tu dove dormi?»

Frank tirò indietro le braccia, per poi riportarle avanti nella stessa posizione di prima.

«Sei sicuro?»

«Certo. Ci staremo entrambi.»

Gerard avrebbe anche potuto dormire sul divano, ma non gli dispiaceva l'idea di condividere il letto. Il più basso uscì dalla camera, per tornare poco dopo con un pigiama blu a righe in mano. Si guardarono.

«Dovrei cambiarmi...»

«Ah, si, si, scusa.» Frank si voltò dall'altra parte ghignando. Sentiva ogni singolo movimento che faceva Gerard, e il fruscio della stoffa contro la sua pelle. Quando lui ebbe finito, fece per andare in bagno.

«Ma tu resti coi vestiti?» Domandò il più alto, confuso.

«Ti pare? No. Sto andando in bagno a cambiarmi.»

Quando entrambi si furono sistemati, entrarono nel letto. Ci stavano, ma essendo a una piazza e mezza il contatto era quasi inevitabile. A sorpresa, Gerard si sentì stringere da dietro.

Spalancò gli occhi, rilassandosi subito quando percepì la testa di Frank contro la spalla, il suo respiro caldo sulla schiena.

«Buonanotte.» Sussurrò sorridendo.

«Notte, Principessa.» Disse l'altro da dietro stringendolo più forte.

I'm not o-fucking-kay.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora