Solo un egoista.

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Gerard era tornato a casa dopo circa un'ora, dopo avergli riempito il cuore.

Si erano sdraiati sul letto di Frank, guardando il soffitto, sorridendosi quando, voltandosi per osservare l'altro, i loro sguardi si incrociavano.

Le loro mani erano rimaste unite, anche quando furono sudaticce e la voglia di passarsele sui pentaloni per asciugarsele era insopportabile.

Solo dopo quaranta minuti dopo, Gerard aveva chiesto al più basso di suonargli qualcosa.

«Non mi va.»

«Per favore.» Gli aveva chiesto, stringendo un po' più forte le dita intorno alle sue.

Frank aveva emesso una risata leggera, sospirata.

«Dai, Gee. Voglio rimanere qua sdraiato a non far nulla con te finchè non te ne andrai.»

«Ma io voglio una canzone. Una tua canzone.»

Aveva scosso la testa, osservando Pansy, indeciso se afferrarla e iniziare a pizzicare le corde o meno.

Alla fine lo fece. Se Gerard voleva sentirlo suonare, l'avrebbe accontentato.

Scelse una canzone tranquilla. La melodia l'aveva scritta alla fine della prima settimana senza l'amico. 

Le parole facevano davvero schifo, rendevano il tutto più triste, pesante.

Non cantò, nonostante sapesse che il più alto l'avrebbe apprezzato.

Quando finì, lo abbracciò, sussurrandogli un «Adoro come suoni.» per poi alzarsi, prendere il suo cappotto, lasciargli un bacio sulla tempia e uscire dalla camera.

«Te me vai già?» Aveva urlato Frank, in modo che potesse sentirlo, sorridendo appena.

«Già! Ci si vede domani!»

Sospirò, scuotendo la testa, il sorriso che crescceva sempre di più.

«Okay. Vedi di non farti investire mentre torni a casa, principessa.»

Udì una risata provenire dall'ingresso, poi, la porta che sbatteva.

La mattina dopo, era arrivato a scuola felice, a differenza del solito. L'aveva cercato con lo sguardo, ma di Gerard non c'era traccia.

Poco male.

Alzò le spalle, dirigendosi verso la sua classe. L'avrebbe incontrato poi nei corridoi, di sicuro.

Marceline era già lì ad aspettarlo.

Non appena lo vide, parve colta alla sprovvista.

«Frank, stai bene?» Gli chiese, notando le labbra incurvate in un sorriso, i piercing che non metteva da giorni di nuovo al loro posto.

«Sì, sì sto bene. Benissimo, Marceline!» La sua risata la influenzò. Ora anche lei era felice. Se Frank era di buon umore, di certo c'era un motivo.

Probabilmente aveva finalmente superato la mancanza di quell'altro e capito che con lei sarebbe stato bene.

Era sicuramente così.

«Ti vedo strano...»

«Sono normalissimo, invece.» Lei scrollò le spalle, mascherando la sua gioia verso la spiegazione che si era appena creata.

«Calcolando che fino a ieri sembravi in punto di suicidarti, direi che ora non sei 'normalissimo'.» Ammiccò.

«Forse hai ragione.» Disse, i denti ancora in bella mostra, quasi avesse una paralisi facciale. Non che a lei dispiacesse tutto questo: adorava il sorriso di Frank. «Mi preferivi triste?»

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