Occasioni sprecate.

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Non appena era rincasato, dopo circa tre ore, si era ritrovato davanti un Mikey in apprensione.

Sembrava preoccupato per lui.

Per andare e tornare da casa di Frank ci aveva impiegato un ventina di minuti.

Poi, si era buttato sui gradini del pianerottolo.

Sentiva le lacrime premere per poter uscire, voleva solo svuotarsi. E non poteva farlo, non poteva piangere davanti a suo fratello.

Era uno spettacolo pietoso. Lì, seduto, scosso dai singhiozzi, che tentava di far silenzio, emettendo versi strozzati e aspirati.

Sentiva il viso gonfio, le guance tirate, le palpebre pesanti.

Non aveva mai pianto per quasi tre ore, dopo la ripresa. Non se lo era mai concesso. Ma questa era un'eccezione: questa volta piangeva per Frank.

Si era alzato, controvoglia, aggrappandosi alla ringhiera. Sentiva le vertigini, aveva la nausea.

Mikey rimase a studiarlo per qualche istante, le sopracciglia corrugate, gli occhi che piano piano si addolcivano, rendendosi conto di cos'aveva davvero fatto Gerard in quel lasso di tempo.

«Tutto bene?» E lo sapeva che era una domanda stupida, ma che altro dire?

Suo fratello maggiore era ceduto. Non sapeva in che modo aiutarlo.

Capitava spesso che fosse giù di morale, che dovesse prendere delle pillole. Un tempo, aveva cercato di suicidarsi.

Depressione, questo gli avevano diagnosticato. E già allora Mikey aveva capito che non avrebbe mai potuto consolare Gerard come avrebbe voluto.

Il tempo passava, la situazione era migliorata, specialmente negli ultimi giorni, con tutta la storia di Frank.

Ma ora, vederlo con gli occhi lucidi, l'espressione distrutta, gli spezzava il cuore, e la sensazione di inutilità ritornava.

Era inutile, se nemmeno poteva dare un po' di conforto a suo fratello.

Il più alto annuì, evitando il suo sguardo, tirando sul col naso.

Sembrava quasi più piccolo.

Si avvicinò lentamente, con cautela, come si fa con un cane randagio, quando si ha la paura di venir morsi.

«Andiamo, Gee. Perchè sei uscito così di corsa?» Disse piano. Non chiese "perché hai pianto?" Sapeva che lo avrebbe infastidito.

Lui, di rimando, scrollò le spalle.

Michael non l'aveva capito ancora bene, il paese delle lacrime. Non aveva capito a pieno il fatto che Gerard molto probabilmente, se avesse parlato, avrebbe avuto una voce rotta e tremante. Che forse, sentendola così, si sarebbe sentito patetico, e sarebbe scoppiato di nuovo.

Ma non poteva saperlo; lui era quello agitato e allo stesso tempo quello tranquillo, quello con gli scatti, ma anche quello più pacato, quello un po' più allegro dei due.

Stava tentando in tutti i modi di capire.

C'entrava qualcosa con Frank, ne era certo, era quasi l'unica cosa che importava al maggiore.

Ma cosa?

Quella storia di Marceline?

Probabile.

Però cosa l'aveva sconvolto così tanto?

Da quando aveva superato il suo periodo più buio, si era auto imposto di non piangere più, di essere forte, di trattenersi. A volte falliva, ma si trattava solo di qualche goccia. Questa era un'inondazione.

I'm not o-fucking-kay.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora