Come il vetro.

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Due settimane senza Frank.

Due settimane che gli erano sembrate un incubo.

Lo spiava, costantemente, arrossendo quando il più basso se ne accorgeva.

Ogni tanto Marceline gli lanciava qualche frecciatina, accertandosi che non stesse comunicando in alcun modo col ragazzo.

No, Marceline, tranquilla, non ho intenzione di farlo.

E' tuo, tienitelo.

Hai vinto.

Non l'aveva più cercato.

Non gli aveva più dedicato canzoni, la sua segreteria era vuota, la sua casella postale pure.

La sua vita era un po' più vuota; 

Aveva solo quattro amici. Uno era suo fratello, un altro se n'era andato.

A conti fatti, l'unico amico che aveva era Ray, e di quei tempi era troppo impegnato a vegliare, se così si può dire, su Frank, per concentrarsi su Gerard, che apparentemente era lo stronzo della situzione.

era quello che dal nulla si era distaccato, quello che stava facendo soffrire il ragazzo coi tatuaggi.

Come non odiarlo?

Frank era una persona meravigliosa, chiunque la facesse soffrire non valeva nulla.

Ma di non valere nulla, l'aveva sempre saputo.

Giorno dopo giorno, la pressione cresceva.

Capitava, che nel corridoio, all'uscita da scuola, essendo in classe insieme, si ritrovassero travolti dall'ondata di studenti e, involontariamente, si sfioravano, in casi eccezzionali si scontravano, anche violentemente.

In quei momenti, dentro Gerard nasceva un desiderio incontrollabile, il desiderio di prendere per mano il più basso, portarlo in un angolo appartato, raccontargli i suoi pensieri, rivelargli tutto, e baciarlo.

Ovviamente non poteva. Era costretto a ricacciare indietro questi suoi stupidi impulsi.

Certe volte, erano talmente forti, lo colpivano come un pugno in pancia, tanto da farlo sentire smarrito. E si ricordava che Frank, dopotutto, era un maschio, e che non si era ancora premurato di discutere della sua sessualità nè con Mikey, nè tantomeno con se stesso.

La cosa lo turbava.

Si setntiva come una lastra di vetro che veniva pressata; resisteva, negava la realtà quanto voleva, ma prima o poi si sarebbe rotta.

Sperava di non rompersi mai, sperava di resistere per sempre, o almeno, finchè il ricordo di Frank non fosse scomparso.

Ma tutto si spezza.

Può succedere gradualmente, oppure può succedere così, da un momento all'altro.

Gerard si spezzò senza preavviso.

Uno di quei giorni in cui tutti scalciavano e scalpiatavano e spingevano e premevano per poter uscire dalla piccola porta d'ingresso della scuola, sfiorò la mano di Frank, e per la prima volta dopo quattordici giorni lo guardò negli occhi da una distanza più che ravvicinata.

Una distanza che gli era mancata. Gli era mancato guardarlo da così vicino. Era ancora più bello, quando riusciva a percepire il suo calore.

Lì realizzò.

Non ebbe bisogno di interrogarsi, di farsi mille complessi, di domandarsi cosa fosse giusto e cosa fosse sbagliato, cosa fosse naturale e cosa no.

Semplicemente, capì.

I'm not o-fucking-kay.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora