Capitolo 30

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-Sharon-

Il respiro pesante che ho non è un buon segno, così come la mia vista che sta cominciando a essere offuscata da diversi pallini neri che danzano davanti ai miei occhi. Non posso trasformarmi di nuovo, e per giunta il giorno dopo dalla prima volta perché, in primis, confermerei a tutti che non c'è nient'altro da fare se non uccidermi, poi perché ho paura che questa volta non si possa più tornare indietro, che non possa più tornare normale. Sono contenta però che abbia ancora il controllo sulla mia mente, non come ieri dove ero costantemente in svantaggio con l'altra parte, non importa quanto forte urlassi e combattessi. Ero sempre impotente, e non voglio più esserlo perché è una sensazione orribile. Ho bisogno di recuperare il controllo totale sul mio corpo e di scacciare il pensiero di uccidere mia zia, che resta impassibile a fissarmi. So bene che mi sta osservando senza abbassare la guardia per tenersi pronta a farmi fuori non appena la attaccherò. E fa bene, perché percepisco dei comandi impliciti che mi dicono di muovermi verso di lei da parte del mio cervello, ma non sono sicura se a inviarli ai muscoli sia io o il Bhuta. So solo che senza rendermene conto sono già in piedi e faccio un passo verso di lei, che però non proferisce parola, neanche per intimidirmi di restare al mio posto. Resta solamente a fissarmi impassibile e purtroppo so bene che non è per paura, ma perché sappiamo entrambe cosa farà se riuscirò a rompere questa prigione magica che mi trattiene. Ora non penso neanche più che sia ingiusto tenermi come un animale qui dentro, perché sto diventando una belva. Lo sento nelle mie vene. Dev'esserci un modo per cercare di fermarmi prima che sia troppo tardi, ma è inutile tentare di convincere il mio cervello a calmarmi poiché sono abbastanza consapevole da sapere che mi manderei a quel paese da sola. Cioè, l'altra parte di me lo farebbe. Non posso ragionare con le mie emozioni, perché non sono in grado di controllarle, e loro non possono essere tenute a bada. Se così fosse, il mondo sarebbe un posto di gran lunga più pacifico, ma purtroppo questa è la realtà, ed io sono imprigionata in questo incubo.

Se non posso far nulla a livello mentale, devo cercare di agire a livello fisico. So bene che è un suicidio, dato che comunque è dalla mia testa che partono gli stimoli che mi permettono di muovermi, ma il fatto che non mi sia lasciata andare subito come ieri significa qualcosa. Deve significare qualcosa. Provare non peggiorerebbe la mia situazione, ho già superato il punto di ritorno. Bisogna solo che cerchi qualcosa, qualsiasi cosa per continuare a restare lucida. Che cosa voglio di più in questo momento? Penso uccidere... no! Jackson! Devo uccid... no, non lui. Devo raggiungere mio cugino perché non posso ucciderlo, è già morto per mano mia perché non c'ero e non potevo aiutarlo. Mi odio. L'unica che devo uccidere sono io, non lui, ma devo raggiungerlo, cosa che posso fare solo se riesco a bloccare quelle nuove indicazioni che stanno partendo dal mio cervello per farmi camminare e accendere il fuoco, cosicché possa bruciare il pavimento e scappare. Smetto dunque di essere bloccata nella mia mente, dato che non porterebbe a niente se non a uccidere tutti, e lascio tutto al mio sesto senso. In quell'unico secondo in cui quei comandi impliciti non vengono spediti, mi affretto a piegarmi a terra e a raccogliere un pezzo della tazza ormai in frantumi sul pavimento. Senza pensarci troppo, dato che il Bhuta si accorgerebbe delle mie intenzioni, mi tiro su la manica del maglione più in alto possibile e mi taglio con forza la pelle del braccio in diversi punti, senza andare in profondità per evitare il rischio di morire dissanguata. Stringo i denti per evitare di lanciare un urlo per il dolore atroce, limitandomi a ringhiare con la mia voce stavolta e non quella della bestia che risiede dentro di me. Vedo nuovi pallini davanti agli occhi, ma questa volta appaiono per via di ciò che sto facendo e non perché sono sul punto di trasformarmi. Anzi, le sfumature nere che stavo cominciando a vedere prima stanno finalmente sparendo, così come quella pressione nella mente che stava per prendere il controllo. Quando mi rendo conto che non sono più sul punto di trasformarmi, mi concentro maggiormente sull'azione che sto compiendo, essendo più cosciente di quest'ultima. Non voglio neanche alzare lo sguardo per osservare zia Sally, dato che la sua espressione potrebbe distrarmi anche di pochissimo, e ho il timore che quell'attimo basterebbe al Bhuta per riprendersi il controllo.

Sharon: I Cacciatori OscuriWhere stories live. Discover now