28. Non è quello che volevi, in fondo?

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Lunedì 15 Ottobre.

《Non devi andare per forza El, se non ne sei sicura al cento per cento.》 Mi rassicura Jeff mentre finisco di preparare lo zaino per scuola. Non fa altro che ripeterlo da quando ci siamo alzati.

《Credo sia arrivato il momento di tornare, insomma, è già passata una settimana e non voglio far preoccupate gli altri più del dovuto.》 Per "altri" mi riferisco ai miei due migliori amici e ai miei genitori, che nonostante mi abbiano generata non sanno proprio come gestirmi quando ho una crisi: soltanto Jeff e Becka, sua sorella, riescono ad aggirare la situazione.
Jeffrey non sembra convinto come lo sono io; in questo momento non fa altro che lanciarmi sguardi del tipo: "sai che non sono d'accordo, fosse per me staresti a casa un mese" ma sa anche che non c'è niente che può fare, odio assentarmi troppo da scuola e, soprattutto, prima riprenderò il ritmo normale della mia vita e prima riuscirò a sentirmi meglio.

《Sai anche tu che non posso continuare a scappare. Sto meglio, devo solo tornare a fare quello che facevo prima.》 Metto l'astuccio nello zaino e lo chiudo. In seguito mi siedo sul mio letto, affianco a lui.

《Io... io non so cosa avrei fatto se tu non fossi venuto. Ed è stata una gran fortuna che fossi già per strada. So che te l'ho detto mille volte e so che ti piacerebbe fare qualcosa di più divertente che fare da baby sitter alla tua cuginetta depressa, soprattutto quando ti concedono il congedo dal servizio militare, però... io ne avevo davvero bisogno.》 Gli occhi mi si riempiono di lacrime e mi sorprendo, perché con tutte quelle versate negli ultimi giorni credevo di averle terminate completamente.

Lui mi passa un braccio sulle spalle circondandomi con il suo odore familiare che sa di casa e tranquillità. Jeff per me è sempre stato tutto questo.

Io e i gemelli siamo cresciuti insieme, più che cugini eravamo e siamo tutt'ora fratelli; certo, le nostre strade si sono dovute dividere, ma niente può smorzare l'affetto reciproco. Anche Becka che ora è all'università non fa che chiamarmi almeno tre volte a settimana per raccontarmi delle sue nottate fra feste e studio matto.

《Non sei depressa piccola e mi piace farti da baby sitter. Poi non ti devi nemmeno azzardare a pensare di essere un peso, El. Ci sarò sempre per te, io e Beck ci saremo sempre.》 I capelli di un castano scuro molto simile al mio, gli occhi grigio azzurri caratteristici della famiglia Lockwood, alla quale appartengono le nostre mamme.

《Lo so. E non vi ringrazierò mai abbastanza per questo.》 Strofino un'ultima volta il naso sulla sua maglietta grigia scura, abbinata ai pantaloni verdi militari: dice che gli danno un tono, anche se fuori dal servizio non è costretto ad indossarli.
Ricordo ancora il giorno in cui ha deciso di entrare nell'esercito: io e Becka lo sapevamo già da un po', anche se io non ne ero del tutto convinta, visti i rischi che corre. Ma so che ama la strada che ha intrapreso.

Mia zia Emery non era della nostra stessa opinione, infatti quando Jeff gli ha comunicato la sua decisione è svenuta, facendo preoccupare tutti e non poco, anche se un po' ce lo aspettavamo: è una donna forte come lo sono i suoi figli, soprattutto dopo quello che ha passato, ma è sempre stata un po' drammatica. Comunque alla fine ha ceduto anche lei e non lo ha rinchiuso in casa per impedirgli di partire come ci aspettavamo che facesse.
È sempre stata una tipa protettiva e non la biasimo assolutamente; la vita con lei non è stata molto carina.

Guardo Jeff con l'ammirazione negli occhi: i capelli sono rasati, ogni tanto sento la mancanza dei fili castani morbidi nei quali mi divertivo a passare le mani. Ora hanno una consistenza buffa, se lo faccio mi fanno il solletico.
Nonostante fosse sempre stato ben piazzato, ora i muscoli erano ancora più evidenti, merito dell'addestramento duro di cui discute spesso con mio padre, che lo ammira come me.

𝐃𝐎𝐖𝐍 𝐁𝐄𝐋𝐎𝐖 - ɴᴏɴ ғᴀʀᴛɪ ᴛʀᴀsᴄɪɴᴀʀᴇ ɪɴ ʙᴀssᴏWhere stories live. Discover now