Il suo nome

221 17 9
                                    

Varcata la soglia dell’appartamento, la prima cosa che feci fu prendere nuovamente la cassetta del pronto soccorso e dargliela.

«Fai da solo», gli dissi.

Lui si medicò con una certa dimestichezza.

Mi chiesi se lo avesse già fatto, se fosse già stato morso da un vampiro e si fosse dovuto medicare da solo. Il suo sangue in fondo aveva un sapore squisito. Non sarebbe stato così assurdo se qualcun altro prima di me lo avesse azzannato. Eppure, questa idea mi disturbava.

Quando ebbe finito la medicazione, riordinò la cassetta e poi mi domandò: «Posso fare qualcosa per lei?».

Era tornato a darmi del “lei”.

Risposi in modo secco e sgarbato: «No». E me ne andai nella mia stanza da letto.

L'indomani, appena alzata, corsi a vedere se lui fosse ancora lì. Era in cucina a preparare la mia colazione.

Appena mi vide, accennò il suo solito sorriso e disse: «Buongiorno».

«Buongiorno», gli risposi.

Per la prima volta avevamo avuto un barlume di conversazione: ci eravamo salutati.

Mi sedetti e lui mi servì da mangiare come un cameriere provetto.

Poi, mentre sorseggiavo il caffè, affermò di punto in bianco: «Io mi chiamo Alan».

Vampiri 2.0Onde as histórias ganham vida. Descobre agora