14 (Parte II/II)

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L'ultima volta che lo aveva visto era stato il giorno prima, quando erano tornati a casa e lei aveva avvertito un terribile dolore agli occhi causato dallo Yugen. Le pupille avevano cominciato a farle così male da non riuscire neanche a vedere, e lei aveva accettato controvoglia l'aiuto che lo Shinigami le aveva offerto nell'accompagnarla a casa.

"Ti fai una bevuta, eh?" Le chiese, osservando la bottiglia bianca contrassegnata dagli ideogrammi del sake dipinti in rosso sulla superficie.

Shiori si verso quello che sarebbe stato l'ultimo bicchiere, non voleva ubriacarsi davanti a qualcuno che conosceva appena. "Come le persone tristi e sole."

Momo rise, imbarazzato. "Quanta felicità che mi trasmetti."

"Sono una Kawaakari, che ti aspettavi?" Shiori posò il bicchiere davanti a lui, incrociando il suo sguardo capace di riscaldare anche la stalattite più gelida. "Dovresti tornare dai tuoi amici."

"Volevo solo sapere se stavi meglio, non sembravi avere una bella cera ieri."

"Perché ti interessa?"

"Perché ero, e sono, preoccupato per te." Borbottò lui, torturandosi la treccia rossa che gli pendeva sul lato destro della spalla. "Perché mi guardi così?"

La Kawaakari aveva spalancato le palpebre a quelle parole dolci e premurose. Nessuno, a parte Yori e il ricordo che le rimaneva di sua madre, si era mai preoccupato per lei. Quell'attenzione superficiale sembrava averle alleggerito il cuore più di quanto dovesse.

"Mi fa piacere." Mormorò alla fine, notando le sopracciglia del giovane inarcarsi. "Che tu ti sia preoccupato per me, intendo."

"Oh, figurati!" Le disse Momo, sorridendole a trentadue denti. "Anche io posseggo lo Yugen, quindi per certi versi ti capisco. Tu però riesci a usarlo correttamente, io invece... combino solo pasticci."

"È perché non ci sei nato." Asserì la ragazza, che aveva covato quel dubbio dentro di sé fino a quel momento. "Non è così?"

"Non ne ho idea, non ricordo nulla del mio passato. L'unica cosa che so è che un mese fa mi sono svegliato dentro una stanza profumata d'incenso, attorniato da gente che non avevo mai visto e che mi hanno raccontato tutto quello che c'era da sapere sul mio passato."

A quelle parole, Shiori aggrottò le sopracciglia. Era convinta che ci fosse molto di più sotto la facciata che Momo le mostrava. "E cosa c'era da sapere sul tuo passato?"

"Oh beh, mi chiamo Usui Momotarō, ho ventun anni e sono nato in una delle nove province di Kyūshū. Mia madre è morta in seguito a un'epidemia di peste, perciò nostro padre decise di vendere me e mia sorella come schiavi per procurarsi il pane. Una volta in viaggio verso la nuova residenza, il carro che mi trasportava venne attaccato da un gruppo di Yokai. Nel disordine generale, sbattei la testa e persi la memoria. Quando mi risvegliai l'Imperatore mi disse che potevo restare nella sua gilda, se lo volevo, e servirlo in cambio di vitto e alloggio." Parlava in modo vago, annoiato e quasi monotono. Come se le stesse ripetendo una storia che aveva ormai sentito troppe volte, fino a credere che quelle vaghe parole potessero corrispondere a una verità che lui non sentiva tale.

"Questo è quello che ti hanno detto loro." Rimarcò Shiori, nonostante avesse il cervello offuscato dal vino di riso.

Momo annuì, sentendo lo stomaco brontolare a causa della fame. "Sì, ah! E mi hanno anche detto che sono un mezzodem..."

"Non azzardarti a dire quella parola." Sibilò Shiori, fulminandolo con lo sguardo. "Alle persone non piace stare con quelli come noi."

"E perché?" Le chiese lui, corrucciando le labbra carnose in una smorfia seccata.

𝐋𝐀𝐌𝐄 𝐃𝐈 𝐒𝐀𝐍𝐆𝐔𝐄 - 𝐶𝑒𝑛𝑒𝑟𝑒Tempat cerita menjadi hidup. Temukan sekarang