Capitolo 52 - Stupida gelosia.

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Leggete l'angolo autrice.
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«Kyle, giuro che ti strappo i bulbi oculari», urlai in preda ad una furia omicida, mentre lui sgattaiolava via tra i corridoi ingrigiti del college con l'intenzione di sfuggirmi e se la rideva di gusto.

Certo, lo amavo da impazzire - ed impazzire si intendeva in maniera letterale - ma vedere due ochette del primo anno che ci provavano spudoratamente con lui durante un suo allenamento di calcio, faceva scattare i miei nervi ugualmente.

Specialmente quando, poi, lui non le allontanava ma al contrario ridacchiava e regalava loro occhiolini simpatici.

«Prima devi prendermi però», lo sentì rispondere prima di perdere le sue tracce.

Eh no, non mi sarebbe scappato.

Lo conoscevo talmente bene da riuscire ad anticipare le sue mosse e sapevo benissimo dove sarebbe andato a rifugiarsi.

O, magari, era lui che si forzava di essere prevedibile per far in modo che io riuscissi a trovarlo con facilità.

Due erano le possibilità, ma capire quale tra le due fosse corretta era davvero difficile.

Dal mio punto di vista, la prima, in ogni caso.

Quindi cominciai a correre e fare slalom tra la folla, tentando di non colpire la mandria di studenti che chiacchierava e pascolava liberamente.

Ma, comunque, qualcuno non riuscì a schivarlo, colpendolo così con qualche spallata.

Ma non mi fermavo, non volevo perdere tempo, perciò urlavo un "scusa, mi dispiace" volante, e chi s'è visto, s'è visto.

Al diavolo le occhiatacce o i rimproveri sul perché non si dovrebbe correre nei corridoi. Al diavolo tutto.

Dovevo raggiungerlo.

Finalmente riuscì ad arrivare davanti la grande porta di ferro, che era leggermente socchiusa, quella volta, e la spinsi in avanti per poi ritrovarmi sulla terrazza del grande edificio che era il dormitorio.

Lo vidi immediatamente, e lui percepii la mia presenza poiché disse: «Ci hai messo meno delle altre volte, fai progressi, angelo», ridacchiando.

Mi avvicinai a lui, con passo spedito e sguardo furente.

Gli occhi ribollivano di rabbia e d'amore, le mani tremavano a causa del freddo e della voglia di prenderlo a schiaffi.

«Ah, sei pure diventato simpatico, adesso?» domandai sarcasticamente, ma con un po' di acidità nascosta nel tono di voce.

«Lo sono sempre stato, angelo. Oltre ad essere dannatamente bello, intelligente, carismatico, divertente, affascinante...» fece per elencare tutti i suoi presunti pregi ma io lo bloccai immediatamente.

«Nella tua fantasia, forse, tesoro», lo scimmiottai.

Lui si accigliò e mi afferrò per la vita, avvicinando i nostri corpi.

Notai una scintilla di malizia attraversare il suo sguardo e un magnifico sorriso farsi spazio tra le sue labbra magnificamente disegnate.

«Vorresti dire che non è vero?» domandò, con voce più bassa, più rauca.

Alzai lo sguardo al cielo e finsi di essere scocciata, sbuffando.

«Oh, magari è soggettivo. Vallo a chiedere a quelle due che ti mangiavano con gli occhi... magari per loro sei perfetto», ribattei.

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