Capitolo 32 - Cuori incompatibili.

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"Mi degraderebbe sposare Heathcliff ora: così lui non saprà mai quanto lo amo; e non perché sia bello, Nelly, ma perché è me stesso più di quanto io lo sia. Non so di che cosa siano fatte le nostre anime, ma la mia e la sua sono identiche."

Rilessi quella frase un milione di volte durante il giorno seguente e non solo perché fosse una delle mie preferite, ma perché in quel momento mi sembrava più adatta di qualsiasi altra cosa, di qualsiasi altra parola, di qualsiasi altro gesto o consiglio di una persona a me cara.

In quel momento, quella frase mi sembrò fatta a posta per me.

E per tutto il resto della mattinata scolastica continuò a frullarmi in testa.

Pure quando, la professoressa di letteratura, mi chiamò a fine lezione per farmi i complimenti per il corso extracurriculare svolto, informandomi del fatto che tutti ne erano rimasti contenti e soddisfatti, poiché ci sapevo davvero fare con i bambini.

Sorrisi al ricordo di Caroline e mi rattristii al pensiero che, probabilmente, non l'avrei più rivista.

Quando le lezioni terminarono avevo intenzione di tornare in camera, chiudermi lì dentro e rileggere ancora una volta il mio libro preferito.

Poiché non ero dell'umore adatto per fare... praticamente niente.

Ciò che era accaduto la sera prima era stato devastante per la mia persona, per la mia dignità che a causa sua avevo calpestato sotto le suole delle mie scarpe, per il rispetto che avevo mancato nei confronti delle mie sensazioni ed emozioni che consideravo importanti.

Avevo accantonato tutto, diventavo una persona diversa con lui.

E non riuscivo a capire se mi piacesse sul serio oppure no, tutto ciò che ero quando gli stavo vicino.

Avevo troppi dubbi, perfino su chi ero davvero.

E mi sentii come uno dei molti filosofi immersi dentro ad periodo di crisi esistenziale.

I miei programmi, come al solito, vennero sconvolti completamente.

Ricevetti un'altra telefonata di David, che sembrava non voler mollare nonostante non gli avessi più parlato dopo l'accaduto.

Ma, quel giorno, un po' per la confusione, un po' perché volevo fargliela pagare, dimostrare che non avevo bisogno di nessuno, né tantomeno di lui, risposi.

«Ehi! Sei scomparsa... va tutto bene?» mi chiese con un tono di voce quasi preoccupato.

Non va bene niente e proprio per niente, pensai.

«Sì, è tutto okay... è solo un periodo un po' confuso», risposi invece.

«A causa di Hunter?» domandò all'improvviso, facendomi quasi mancare l'aria.

«No, assolutamente... non m'importa nulla di lui, figurati», mentii spudoratamente.

Lui rimase qualche secondo in silenzio, come se stesse tentando di capire se fossi sincera oppure no.

Poi, disse: «Beh, meglio così! Perché volevo proprio chiederti se ti andrebbe di uscire, questa sera, dato che la prima volta non è finita nel migliore dei modi».

Per un momento fui tentata di accettare e la mia mente diceva di sì, che era meglio dargli una seconda possibilità.

Ma la mia bocca rispose ancor prima che il mio cervello potesse mandare i giusti segnali.

«Mi piacerebbe ma sono un po' stanca, sai l'università non è una passeggiata...» sospirai.

Il suo timbro di voce cambiò radicalmente e dal rilassato passò al deluso.

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