Capitolo 34 - Natale con i fiocchi.

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«Santo cielo, bambina mia, sei zuppa! Vieni dentro, su», esclamò mia nonna in allerta, mentre ordinava a mia madre di prendere una coperta per me, con la quale poco dopo mi coprirono.

«Dove sei stata?» domandò mia madre preoccupata.

Non risposi, mi limitai a guardarla e quando i suoi occhi color nocciola incrociarono i miei color ghiaccio, capii dall'espressione del suo volto che avesse capito immediatamente, senza bisogno di parole e così, un attimo dopo, mi ritrovai stretta tra le sue braccia.

Nessuno delle due disse nulla e quando ci staccammo mi sentivo un po' meglio rispetto a prima.

«Vai su a cambiarti, tesoro, o ti verrà un raffreddore», mi consigliò poi la nonna ed io diedi ascolto al suo consiglio, correndo su per le scale e chiudendomi poi la porta della camera alle spalle.

Mi gettai sul letto, incurante del fatto che i miei vestiti fossero fradici, e quando sentii bussare alla porta pensai si trattasse di mia madre e invece no, era proprio la nonna.

Si avvicinò con cautela a me, per poi sedersi al mio fianco sul letto a baldacchino.

Poggiò una mano sulla mia gamba e mi sorrise tristemente e quello bastò per farmi ricadere in lacrime, davanti ai suoi occhi.

Mi sentivo una nullità, in quell'istante.

Io, che dovevo portare allegria; io, che dovevo essere forte per mia madre; io, che rimettevo sempre in piedi non solo me stessa, ma anche gli altri; io, la stessa che in quel momento aveva mollato, lasciando cadere la maschera ed era crollata.

Mia nonna mi circondò le spalle con un braccio ed io nascosi il viso contro il suo maglione ricamato, singhiozzando silenziosamente.

«Tesoro, con me puoi parlare, non hai bisogno di dimostrarti forte in mia presenza», sussurrò ed io la abbracciai più forte.

Aveva centrato in pieno la situazione, aveva capito tutto.

Ero davvero un libro così aperto o era lei che riusciva a leggermi dentro?

«Non posso, nonna, non posso piangere... ma non riesco a smettere», affermai con voce spezzata.

Mi accarezzò un braccio, poi mi scostò i capelli dal viso, portandoli dietro.

«E perché mai?» chiese dolcemente.

«Perché io non voglio essere debole», mormorai.

La sentii sospirare. «Ma tesoro, piangere non vuol dire affatto essere debole. A volte per farlo ci vuole più coraggio di quanto pensi», disse.

Scossi la testa. Non la pensavo affatto così.

«Devo essere forte per la mamma», ribadì.

«Sei una figlia meravigliosa, ma tua madre vorrebbe soltanto vederti serena e felice, in questo momento. E se tieni tutto dentro non riuscirai mai ad esserlo, perché porterai dentro te sempre lo stesso fardello pesante», continuò lei a bassa voce, ma con un tono di voce dolcissimo.

«E sono convinta che anche tuo padre la pensa come me, che anche lui vorrebbe che tu andassi avanti», concluse poi, lasciandomi senza parole.

La nonna non parlava mai di papà, non lo aveva mai nominato in mia presenza, e fu una sorpresa sentirgli pronunciare quelle parole.

«Tu lo conoscevi?» domandai tristemente.

Solo io non avevo avuto questo privilegio.

«Diciamo di sì. All'inizio non mi piaceva, sai, sembrava il classico cattivo ragazzo... ma tua madre combatteva con le unghie e con i denti per difenderlo e allora un giorno mi dissi: "magari ha qualcosa di speciale"», raccontò.

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