Capitolo 45 - Dannata me.

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«Quindi se ne va?» domandò Margaret, facendo passare il suo sguardo tra tutti noi, che eravamo seduti attorno ad un tavolo di legno al centro del cortile per pranzare.

Nessuno osò rispondere alla sua domanda, attorno a noi aleggiò soltanto un cupo e soffocante silenzio che impediva quasi all'ossigeno di circolare perfettamente.

Mi sentivo mancare l'aria, ma tentavo in tutti i modi di non farlo capire a nessuno, di comportarmi come se nulla fosse accaduto, come se questa notizia non mi avesse colpita con la violenza di un pericoloso tzunami che si imbatte su una piccola cittadina, spazzandola via, sommergendola.

Trevor tossicchiò nervosamente, mentre Alex alzò semplicemente lo sguardo, prima puntato sul suo vassoio, in alto, come se stesse osservando qualcuno.

Quel qualcuno era proprio Kyle, che si era avvicinato a noi, con in mano un sacchetto di carta contenente sicuramente il suo pranzo.

Si sedette al fianco di Paul, dandogli una leggera pacca sulla spalla.

Osservai ogni suo movimento, cercando di non farmi notare.

Lo osservai salutare tutti con un sorriso e un cenno simpatico del capo, tranne, naturalmente, me.

Lui era bello come sempre e stronzo come mai lo era stato.

Il suo atteggiamento mi feriva e mi confondeva, perché non riuscivo a capirlo, per quanto mi sforzassi.

I suoi occhi - adesso molto più tranquilli rispetto all'ultima volta che li avevo visti - non si spostarono mai nella mia direzione, non accennarono a guardarmi, nemmeno per sbaglio, nemmeno per un secondo.

Quando sarebbe partito? Mi domandai.

E risposte non ne avevo, qui nessuno sembrava voler toccare l'argomento, specialmente con lui presente.

«Allora», disse improvvisamente Brian «Dato che hai deciso di fare il bastardo egoista e lasciarci, almeno verrai all'ultima festa con noi?» chiese, tentando di spazzare via la strana tensione.

Kyle scoppiò a ridere, anche se non ci trovavo nulla di divertente in ciò che il suo amico aveva detto.

«Ci sarò», rispose poi, addentando il suo panino.

«Ah! Perfetto! La tua ultima festa alla UCF, dobbiamo festeggiare alla grande», esclamò Trevor.

«Tu calmati, che sappiamo tutti come finisce quando esageri con l'alcol», lo ammonì Sharon, facendo ridere tutti i presenti.

Io, purtroppo, non ci riuscii e questa cosa, ne ero sicura, l'avevano notata tutti.

Margaret mi colpì con una debole gomitata ed io, dopo aver alzato lo sguardo verso di lei, le sorrisi forzatamente, come per dirle che andava tutto bene.

Anche se bene non andava proprio per niente.

Parlottarono del più e del meno ma io non li ascoltai, ero troppo applicata a guardare il cibo sul mio vassoio e sminuzzarlo, dato che mi era anche passata la fame.

Ad un tratto, una fastidiosa voce acuta perforò i miei timpani, facendomi contorcere il viso in un'espressione disgustata.

«Kyle! Amore, ciao! Ho saputo che forse te ne vai...» disse, attorcigliandosi una ciocca di capelli biondi ossigenati tra le dita.

Inutile dire che provai l'assurdo voglia di alzarmi da quel tavolo per non dovermi subire più il suono della sua voce e i suoi atteggiamenti da gatta morta.

«Togli il forse», rispose brusco Kyle, lanciandole un'occhiataccia di avvertimento.

Mi accigliai: per quale motivo aveva reagito così?

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