Capitolo 1 - Nuovo anno, nuova vita.

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«Mi mancherai moltissimo, tesoro», piagnucolò mia madre mentre mi stringeva in un forte e confortante abbraccio che sembrava non voler terminare mai.

«Anche tu mi mancherai, verrò a trovarti tutte le volte che potrò», le promisi.

L'idea di separarmi da mia madre, adesso che era arrivato il momento di salutarla, mi spaventava molto.
Ero abituata ad averla accanto sempre, in ogni momento. Eravamo sempre state io e lei, contro il mondo.
Ma sapevo anche che non sarebbe cambiato nulla, sapevo che ci saremmo sempre state l'una per l'altra.

Mi riempì la guancia di baci, per poi stringermi un'ultima volta.

Salutò anche Trevor e Sharon, che per lei erano come figli dato che li aveva visti crescere insieme a me, per poi salire sull'auto e andare via, mandandomi un ultimo bacio volante con la mano.

Sorrisi e, puntando lo sguardo verso l'enome struttura dinnanzi a me, presi un profondo respiro.

Ero pronta.

«Noi andiamo in segreteria a chiedere il numero della stanza, dai Ally», esclamò Sharon, tirandomi per un polso, che era impaziente di sistemare le proprie cose in quella che sarebbe stata la nostra camera da qui ad un paio di anni.

«D'accordo, andiamo. Trev, ci vediamo più tardi. Comportati bene», dissi riferendomi poi al mio migliore amico che sembrava alla ricerca continua di guai e risse.

Sperai che non si facesse conoscere già dal primo giorno.

Lui sorrise e mi disse di stare tranquilla, così, insieme alla bionda, mi avviai alla ricerca della segreteria perduta.

Quell'università era immensa, sembrava un labirinto e perdersi pareva piuttosto semplice, specialmente per noi che eravamo delle semplici matricole.

Quando arrivammo all'interno della struttura ci guardammo intorno, confuse e spaesate più che mai.

«E adesso? Non la troveremo mai», esclamò Sharon, frustrata.

Odiava ritardare in qualcosa e questo implicava anche le lezioni che, spesso, io saltavo.

Era un genio di ogni materia e si era diplomata con il massimo dei voti.
Poteva puntare più in alto, tipo Yale che l'aveva accettata, ma non voleva separarsi da noi e fu irremovibile dopo che prese la sua decisione.

Era molto testarda, quando ci si metteva.

«Ci penso io», dissi guardandomi intorno e adocchiando un ragazzo che sembrava molto più grande di noi e orientato perfettamente.

Mi avvicinai con passo deciso a lui che, quando mi vide, mi guardò dalla testa ai piedi come se si stesse chiedendo chi fossi e da dove venissi.

Odiavo quel tipo di sguardo.

Avrei tanto voluto scegliere qualcun'altro a cui chiedere informazioni ma ormai era fatta ed io non ero il tipo di persona che si tirava indietro.

«Ciao, scusami, sai dirmi dov'è la segreteria?», gli chiesi tentando di essere il più cortese possibile.

«Ehm, certo... padiglione sinistro, secondo piano, ultima stanza a destra», spiegò.

Ah beh, almeno era stato gentile.

«Okay, ti ringrazio, ci si vede», dissi frettolosamente, tornando dalla mia migliore amica.

Le dissi dove dovevamo andare ma sembrava essere rimasta incantata, non mi prestava attenzione e non stava ascoltando una sola parola.

«Terra chiama Sharon», dissi sbuffando.

Lei sembrò risvegliarsi dallo stato di trance in cui era caduta solo quando le passai una mano davanti ai suoi occhi color ghiaccio.

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