Capitolo 29 - Impulsiva.

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«Va tutto bene?» mi domandò improvvisamente David.

Annuii, senza rivolgergli nemmeno uno sguardo.

Abbassai gli occhi al pavimento mentre tentavo di combattere contro la voglia che avevo di ucciderlo.

«Non sembra proprio...» osservò lui ed io scrollai le spalle.

Non sapevo cosa dire o cosa fare, non ero sicura di come sarebbe stato il mio timbro di voce, non ero sicura di riuscire a controllare le mie azioni, una volta aver aperto bocca.

«Ti piace, eh? Ed io che credevo di poter avere una chance», continuò tentando di sdrammatizzare la situazione.

Allora, solo in quel momento, mi sentii in dovere di ribattere.

Alzai gli occhi, puntandoli dritti nei suoi. «Non mi piace, e sì, magari potresti anche avere una chance», dissi in fretta, senza nemmeno pensarci due volte.

E quello fu un grande problema.

Mi ricordai cosa mi diceva mia madre quando ero una bambina: «Conta fino a dieci, prima di parlare. Rifletti attentamente sulle parole, hanno un peso».

Ed aveva ragione, come sempre d'altronde.

Ma ormai era fatta, non potevo tirarmi più indietro, specialmente quando vidi il suo sguardo illuminarsi.

In fondo sembrava un bravo ragazzo ed io non avevo nulla da perdere.

Un'uscita non avrebbe di certo ucciso nessuno.

E poi, per qualche motivo, volevo fare un dispetto a Kyle, anche se non lo ammettevo a me stessa sapevo benissimo che era così.

Ero alla ricerca di una sua qualsiasi reazione e sperai vivamente che ci sarebbe stata non appena lo avrebbe scoperto.

Non era un atteggiamento maturo, ne ero a conoscenza, ma certe volte ero impulsiva e non potevo farci niente.

«Sul serio? Bene. Dammi il cellulare», disse David ed io lo guardai interrogativa inizialmente, perché non capii.

«Andiamo, non voglio mica rubartelo. Ci scambiamo i numeri, così possiamo sentirci e metterci d'accordo», puntualizzò ed io, dopo aver sorriso leggermente, glielo passai.

Non sarebbe stato affatto carino tirarsi indietro.

Dopo qualche minuto, mi restituì il cellulare.

«Ti chiamo io, d'accordo?» chiese.

«Certamente», risposi.

Inutile dire che me ne pentii immediatamente, perché nonostante fosse un ragazzo simpatico e carino, la mia mente era concentrata da tutt'altra parte.

«Siete d'accordo per cosa?» sentii chiedere ad una voce a me familiare.

Era Trevor, il mio migliore amico, affiancato da Brian, Alex e Margaret.

Tutti mi guardavano interrogativi e, quando David rispose: «Uscirò finalmente con questa bellissima ragazza», le loro espressioni prima confuse passarono ad essere contente.

«Che carini! Vi ci vedo proprio, insieme», commentò Margaret entusiasta.

Brian e Alex si scambiarono un'occhiata, ma non dissero nulla.

Ed io non chiesi nulla per evitare di ritrovarmi in conversazioni poco gradevoli e fuoriluogo.

Trevor si avvicinò a me, mi passò un braccio attorno le spalle e fissò David con sguardo truce.

«È una delle persone più importanti della mia vita. Falle del male ed io ne farò a te», lo avvertì.

E, potevo scommetterci, diceva sul serio.

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