Capitolo 43 - Guai in vista.

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«Dove diavolo è andato?» domandò Paul allarmato dalla situazione.

Per quanto ne sapevo, Kyle non poteva permettersi un altro richiamo o avrebbe potuto rischiare l'espulsione, dato che l'anno prima aveva già avuto precedenti penali e denuncie ricavate da risse di strada.

Il padre, che era il rettore, era riuscito a far chiudere un occhio ai docenti tutte le volte, ma l'ultima volta l'aveva avvertito: un'ennesimo guaio e sarebbe stato fuori.

«Non lo so! È andato via come una furia e basta», spiegai, nervosa.

«Porta puttana! Chiamatelo al telefono», urlò Paul, sferrando un pugno al muro.

«Non risponde!», rispose Alex alzando anche lui il tono di voce.

Tutta quella agitazione mi spaventava da morire e anche Sharon che era con noi sembrava terrorizzata, mentre tentava inutilmente di calmare il suo ragazzo.

Ad un certo punto, dato che sembrava essere svanito nel nulla, Brian ebbe l'idea di andare a cercarlo alla confraternita, ma poco prima che potessimo incamminarci verso il posto, vidi Margaret correre verso di noi mentre urlava i nostri nomi.

Sembrava disperata e, quando ci raggiunse e con voce affannata disse: «Nel cortile sul retro, si stanno picchiando, veloci», sospirai per un momento di sollievo.

Almeno sapevamo dove si trovasse, pensai.

Potevamo fermarlo, sperai.

Ma, naturalmente, mi sbagliavo di grosso.

Quando raggiungemmo il luogo indicato, notai una flotta di persone radunate in cerchio, alcune urlavano di approvazione, altri invece parlottavano tra di loro a bassa voce commentando ciò che stava accadendo sotto i loro occhi, altri ancora sembravano spaventati.

Mi feci largo tra la folla, spintandoli e urlando di lasciarmi passare.

E, quando riuscii a raggiungere il centro, la scena che si presentò ai miei occhi fu terribile.

Kyle era ridotto una schifezza, aveva sangue che gli scolava dal naso, da una ferita sulla fronte e dalle nocche; ma Will era combinato di gran lunga peggio di lui.

«Kyle!», gridai e lui si voltò nella mia direzione.

Aveva gli occhi infuocati, ricchi di rabbia e rancore, le narici dilatate, le vene del collo ingrossate: non sembrava nemmeno lui.

Mi stava guardando, ero convinta che fosse consapevole che io fossi lì, ma in realtà non mi stava vedendo.

Era come se in quel momento non fosse lui, come se la sua parte peggiore fosse improvvisamente emersa dal nulla, come se davanti avessi un'altra persona, totalmente differente da quella che conoscevo io.

O che pensavo di conoscere.

In quel momento, Will ne approfittò per tirargli un pugno sullo stomaco, facendolo così barcollare indietro.

«La tua puttanella è venuta a salvarti la vita, come ci si dente a diventare un rammollito per una ragazza? Una ragazza che adora farsi scopare, non hai idea di quanto gli piaccia che io la tocchi, come l'ultima volta», sputò Will in un tono che era un mix tra il velenoso e l'eccitato.

Vedevo il suo volto ricco di soddisfazione e mi veniva da vomitare, era disgustoso.

Era disgustoso il modo con la quale parlava tranquillamente di un crimine che stava per commentare, di un abuso, tutto in lui lo era.

«Che cazzo hai detto?» ringhiò Kyle.

«Mi hai sentito benissimo», ghignò divertito Will.

Ma ebbe ben poco da ridere, poiché Kyle non perse tempo e si lanciò contro di lui, prendendolo per il collo e sferrandogli poi un pugno in pieno volto, tanto che sputò sangue dalla bocca e cadde a terra.

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