Capitolo Trentaquattresimo

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Batto furiosamente il pugno sul legno della porta, sperando che qualcuno possa aprirmi finalmente questa cavolo... Si apre. Ma non è la persona che desideravo vedere.

«Ehi Beth» dice Ashton, assonnato e con mezzo occhio chiuso «Che ci fai qui?» domanda.

Io, al contrario, sono sveglissima «Voglio sapere dov'è adesso il tuo stupido compagno di stanza» rispondo, cercando di mantenere un tono calmo, forse senza emozioni.

Ashton mi scruta, appoggiandosi allo stipite della porta con il corpo. Noto solo ora che è senza maglietta «Hai pianto?» mi chiede invece.

Passo velocemente le dita sotto gli occhi, sicuramente con il mascara colato «Non importa. Sai dov'è Michael?»

«Perché vuoi vedere Michael? Non pensavo nemmeno ti stesse simpatico dal primo impatto che hai avuto» inizia a svegliarsi «E poi hai pianto. Vuoi entrare? Non penso sia normale una tale improvvisata a notte fonda»

Stringo ancora le braccia intorno al vestito azzurro, ora testimone di una serata disastrosa con un ragazzo strano. Mi sento distrutta, ho l'animo prosciugato da tutte le lacrime che mi hanno assalito dopo la fuga di Michael, sarò restata in Paradiso per un'ora se non di più.

«Scusa per l'ora, Ash» sospiro, passandomi una mano sui capelli «Voglio solo trovare Michael, devo parlargli»

«Entra» dice, dandomi un sottile filo di speranza. Notandolo continua «Ma no, mi dispiace, non è tornato in camera questa sera»

Supero la soglia, andandomi a sedere sul letto disfatto di Ashton e tenendo lo sguardo basso. Cosa è successo? Perché Michael non ha accettato quello che stava per succedere tra noi? Perché è sparito?

«Eri tu» dice, venendo al mio fianco. Gioco con le mie dita, sfilandomi e rinfilandomi in continuazione il piccolo anello che porto da sempre.

«Sì» dico soltanto. Sappiamo quello che vogliamo dire.

«Non parlava moltissimo di te, ma quando lo faceva gli brillavano gli occhi» dice il ricciolo «Non parlava tanto spesso quanto lo facevo io, ma vedevo anche quanto stava fuori quasi tutti i pomeriggi che era importante»

«Mi ha detto che parlavi spesso di me e che lui sapeva che ci conoscevamo» alzo gli occhi nei suoi «Tu lo sapevi tutto questo?»

Scuote la testa «Sapevo quanto te. Pensavo non vi conosceste, pensavo che ad astronomia vi eravate visti di striscio qualche volta e basta, ma non pensavo tutto questo. Ho iniziato a sospettarlo da quando ti sei presentata qui due settimane fa, però»

Annuisco. Non so più cosa dire, vorrei soltanto parlare di quanto mi sono sentita male quando Michael se n'è andato, lasciandomi lì con il cuore veloce e il cervello lento. Lo desideravo, volevo restare veramente con lui questa sera, anche senza fare sesso.

«Eravate insieme» sembra più un'affermazione «Perché hai pianto?»

Scrollo le spalle. Mi sta tornando l'angoscia, il groppo in gola che preannuncia lacrime imminenti «A me piace lui, Ash. Probabilmente sei l'ultima persona a cui dovrei dirlo, ma a me piace tanto. Questa sera mi ha lasciata sola...»

«Perché?» chiede lui. E cosa dovrei rispondergli? "So che sei innamorato di me e lo sa anche lui, per questo mi respinge per non farti soffrire"?

«Devo parlargli» dico solamente. Deglutisco, cercando di mandare giù il pianto.

«È tardi ormai» risponde lui.

«Che ore sono?»

«Le 3.45 di notte. Posso dirti una cosa?»

«Certo»

Silenzio «Va' in camera»

«Cosa? Perché?» chiedo stranita.

«Non tornerà questa notte, se la tua intenzione è aspettarlo non servirà a niente. È meglio se te ne torni a letto a dormire un po', domani ci sono le lezioni»

Mi prendo il viso tra le mani. Forse ha ragione, se lui dice che non tornerà stanotte, se lo dice lui che lo conosce, sarà vero. E a me un po' di sonno non farebbe che bene. Mi alzo in piedi, traballo un po' e respiro forte prima di voltarmi a guardare Ashton, alzato come me.

«Ti prego, digli che gli voglio parlare» faccio.

Lui accenna un sorriso «Certo, lo farò» promette.

Mi accompagna alla porta (solo qualche passo) e la apre facendomi strada. Mi volto, lo guardo e poi mi alzo sulla punta dei piedi per abbracciarlo forte. Lui ricambia, stringendomi per i fianchi e facendomi sentire un tantino meglio.

«È a lui che hai dato il tuo cuore, vero?» chiede, riferendosi all'uscita al cinema in cui l'ho definitivamente lasciato.

«Sì, è lui» ammetto. Al momento, però, il cuore me lo sta calpestando.

«Va bene» risponde solamente. Mi stringe un po' di più prima di lasciarmi andare, augurarmi la buonanotte e tornarsene a letto.

Lo odio. Lo odio da morire. È un cavolo di stronzo.

Sono passati altri 4 giorni e Michael non si fa vivo per niente al mondo, non sembra più esistere sulla faccia del pianeta. Alle lezioni, almeno a quello di astronomia, non viene più. Ashton afferma che torna tardi la sera e che sparisce dalla sua vista appena ne ha la possibilità.

Ma io ho bisogno di vederlo, ho bisogno di sentirlo e di parlargli, di chiarirmi. Non ha capito che Ashton non deve centrare niente con me e lui, che tutte le preoccupazioni che ha fanno solo parte di quella strana paura per cui non gli piacciono le persone. O almeno, questa è la soluzione che mi sono data per il suo comportamento da deficiente.

Fatto sta che non riesco a trovarlo da nessuna parte, che sia in Paradiso o in camera sua, che sia a lezione o al bar del campus. E letteralmente da 4 giorni che non vedo la sua stramaledetta faccia, e mi manca da morire.

Infatti manca poco che non mi venga un batticuore quando, all'alba del quinto giorno all'ora di pranzo, lo vedo gironzolare fuori dal bar e farmi gesto di uscire fuori.


Ma quanto mi sono fatta aspettare? Troppo, forse è una settimana che non aggiorno. Vi prego, ditemi che in biblioteca avete storie che aggiornano meno spesso di me, mi farebbe sentire decisamente meglio, io non sono troppo abituata a fare così, poi si perde il filo della storia. Comunqueeee... Com'è? Vi piace? Spero di sì, anche se è solo una specie di capitolo di passaggio. Vi adoro, spero che continuiate a leggere questa storia <3

Multicolor || Michael CliffordWhere stories live. Discover now