Capitolo Ventottesimo

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Ho chiesto a Michael se era proprio sicuro di voler lasciare la sua chitarra lì, ma lui mi ha ripetuto più volte che non l'avrebbe presa nessuno e che non c'era nessun problema. Adesso sono solo curiosa di vedere dove mi vuole portare.

«Quanto manca?» chiedo, seguendolo per le strade della città. Stiamo camminando da una ventina di minuti e io, puntualmente ogni cinque minuti, gli chiedo quanto ancora devo aspettare.

Michael ride, voltando la testa verso di me e guardandomi con i suoi occhioni verdi «Sembri Calum» dice, invece che rispondere con il solito "Mancano cinque minuti".

Sorrido «Allora siamo quasi arrivati» affermo, guardandomi intorno come una bambina alla ricerca di dolcetti.

«Sì, siamo quasi arrivati, non agitarti» mi prende il braccio per farmi evitare un signore distratto che mi stava venendo addosso. Guardo il tizio che non mi ha minimamente notata e poi Michael, che ancora tiene la mano sul mio braccio. Fa per toglierla ma io lo fermo, facendo scivolare le dita tra le sue.

«Non puoi dirmi di non agitarmi. È da mezzora che mi tieni all'oscuro, sono super curiosa» inclino la testa facendo franare i miei capelli da una parte.

Le sue guance si colorano di un rosa tenue mentre abbassa lo sguardo sulle nostre mani, poi vola su tutta la gente che ci circonda in questo viale un po' affollato «Sono certo che ti piacerà. D'altronde ti piace l'arancione» sorride, puntando gli occhi verdi sui suoi piedi.

«Divertimento?» chiedo per accertarmene e lui annuisce «Michael» riprendo «Perché sei voluto venire qui? C'è tanta gente» ora che sono a conoscenza della sua fobia mi piacerebbe molto poter fare qualcosa, qualsiasi cosa. Secondo me dovrebbe sfogarsi con qualcuno, dovrebbe veramente parlare seriamente di tutto quello che prova quando è circondato da così tante persone come ora.

«Speravo che con te mi sarei sentito più tranquillo» ridacchia nervosamente. Io gli stringo le dita.

«E funziona?»

«Un po', soprattutto quando non mi assilli su quanto tempo manca ancora» stessa risatina finta di prima «In effetti di solito non vengo mai per questa strada, esco poco in generale. Non mi piace questa sensazione»

Guardo il suo profilo, seguendo la linea del sopracciglio con il piercing e le labbra leggermente sottili «Cosa posso fare?» domando.

Si volta, fissandomi con il suo verde disarmante «Starmi vicino» cerco di trattenere un piccolo sorriso ma non ci riesco. Michael arrossisce ancora.

«Eccoci» mi tira con una mano verso il grosso cartello e io rimango senza parole «Siamo arrivati. Ora la smetterai di chiedermi quanto manca?» scherza.

Mi volto verso di lui, la bocca aperta da un sorriso stupito, poi esclamo «Mi hai portato ad un Luna-Park?»


È stato il pomeriggio più bello che abbia mai trascorso. Con un po' di pressione sono riuscita a fare quasi tutte le giostre, costringendo (talvolta) Michael a venire con me. Per esempio sulle piccole montagne russe, più o meno isolate dal resto dei giochi per avere spazio, o ancora quando l'ho implorato minuti interi per accompagnarmi sul tappeto volante (una giostra che gira velocemente, andando prima in alto e poi in basso). Più facile è stato convincerlo a sparare a qualche palloncino, a giocare per buttare giù qualche lattina e andare a mangiare lo zucchero filato. Queste cose praticamente mi ha pregato lui. Ma la cosa più bella di tutto questo pomeriggio è stato vedere il suo sorriso per quasi tutto il tempo, vedere i suoi occhi che luccicavano di contentezza o di divertimento, quando lo trascinavo in giro per fare una giostra oppure l'altra.

Ora si sta piano piano facendo buio e io voglio assolutamente fare una cosa prima che sia troppo tardi.

«Michael! Vieni, sbrigati» lo prendo per il braccio e lo tiro, ma non ne vuole sapere.

«Oh basta, ti prego» implora con il sorriso «È tutto il pomeriggio che cammino cercando di non perderti d'occhio, non possiamo fare una pausa?»

«Mickey» mi avvicino, tirandogli ancora la manica della felpa e facendogliela scivolare fino al polso «L'ultima»

«L'hai detto anche per quella da cui siamo appena usciti» si risistema la manica e mi guarda come se fossi una bambina.

Mi metto sulle punte dei piedi e avvicino la bocca al suo orecchio «Sulla ruota panoramica puoi stare seduto. Dai, vieni con me» mi aggrappo al suo collo per rimanere in equilibrio anche sulle punte e sento una sua mano scivolare sulla mia vita per sostenermi meglio. Sorrido «Poi andiamo a casa, te lo prometto»

Esita un po' prima di dire «Va bene, andiamo» con una voce un po' roca.

Mi allontano e batto le mani «Fantastico. Sbrighiamoci che c'è già fila»

In una decina di minuti siamo seduti in una scatoletta sospesa a circa cinque metri di altezza e che continua a salire. Dalla posizione in cui sono posso vedere il sole all'orizzonte che sta per essere inghiottito dagli alberi.

«Grazie Mickey, veramente, è stata una giornata stupenda» gli dico dopo aver guardato per qualche attimo il tramonto. Quando mi volto trovo il suo sguardo già su di me, e una bella sensazione mi investe.

«Anche per me. Ho avuto una buona idea portandoti qui» sorride, distogliendo lo sguardo e puntandolo sul tramonto anche lui. Gli prendo una mano e inizio a giocare con le sue dita.

«Vorrei farti conoscere ai miei amici» ammetto, e aspetto che torni a guardarmi prima di continuare «Sai già chi sono Luke e Calum, ma alla mia compagna di stanza Molly piacerebbe incontrarti. Poi c'è anche Ashton» tentenna un po' «Potresti venire a pranzare con noi una volta» propongo.

«Io... Non lo so Beth, non mi sembra una poi così grande idea» adesso è lui che gioca con le mie dita «È diverso. Non penso di volerlo fare»

«Non sarebbero scortesi. A parte Luke che è un completo idiota gli altri sono a posto. Calum non ti sembra simpatico almeno un po'? Per Molly ed Ashton è lo stesso»

Ma lui scuote solo la testa, appoggiandosi allo schienale «Se pranzassimo insieme farei una figura penosa. Non voglio rovinare tutto con te solo perché non riesco a parlare con i tuoi amici» mi fissa.

«Va bene» non voglio sforzarlo, se non se la sente, pace. Michael si volta dall'altra parte per guardare le luci delle giostre mentre io osservo lui. È un ragazzo stupendo, in tutti i sensi.

Il cuore comincia a galoppare per l'idea che mi vola per la mente, e passo lo sguardo sul ciuffo di capelli verdi, passandolo sul suo naso e fermandolo sulle sue labbra. Posso immaginare quando siano soffici e dolci, quando possa essere fantastico poterle sfiorare e poterle assaggiare.

Mi sposto un po' di più verso di lui, continuando a giocare con le sue dita. So che non dovrei farlo, che è una pessima idea e che molto probabilmente manderò tutto a puttane, ma gli sfioro la guancia con le dita per farmi guardare, e quando lui si gira per guardarmi, allungo le dita e inizio veramente a sfiorargli le labbra rosse. Lui mi fissa, mezzo stranito.

«Cosa stai pensando?» ottima domanda. Alzo gli occhi incrociando i suoi, vedendoli luccicare per le luci del tramonto e delle giostre, poi sorrido e faccio avvicinare i nostri visi, tenendogli la guancia con la mano. Il suo respiro mi colpisce la pelle, come una carezza.

«A qualcosa di bello» avvicino il suo viso al mio baciandogli le labbra, mentre lui rimane quasi pietrificato dal mio gesto. E così ho decretato la nostra fine.

Ma invece no. La sua mano mi scivola dietro la schiena e lo sento ricambiare, seppur molto timidamente, al mio bacio inaspettato. Sorrido quando mi stacco, principalmente per le migliaia di farfalle che mi volano dentro.

«Sei timido anche quando baci» sussurro sulle sue labbra. Lo sento sorridere prima che chini il viso verso il basso, ma io glielo faccio rialzare baciandolo ancora e lui, teneramente, prova a essere meno impacciato. Tengo una mano sul suo viso facendo schioccare le nostre labbra, mentre le dita delle nostre mani giocano tra loro e si accarezzando dolcemente, come stiamo facendo noi.


Allora, come vi sembra? Ne è valsa la pena mettere le stelline al capitolo precedente? Spero che questo vi sia piaciuto, io li trovo molto dolci <3 Spero sia stato abbastanza bello da meritare una vostra stellina ⭐️Alla prossima dolcezze.

Multicolor || Michael CliffordWhere stories live. Discover now