Capitolo Trentesimo

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I suoi occhi verdi mi stanno ossessionando, troppo tempo che non li vedo più. Lo hanno notato tutti: Calum, Luke, Molly, perfino Ashton, e più volte mi hanno chiesto cosa avessi. Ho risposto tranquillamente dicendo che sono semplicemente preoccupata per gli esami che mi hanno fissato in queste settimane (parte della verità) ma di non preoccuparsi.

La verità è che Michael è sparito da quando l'ho incontrato in camera di Ash, da due settimane ormai, non viene nemmeno più a lezione. E io, sinceramente, sto per impazzire. Non lo trovo più, in Paradiso non c'è mai e non mi risponde al telefono, nemmeno in camera c'è. Ho chiesto ad Ashton, trovando la scusa e dicendo che mancava da troppo tempo alle lezioni di astronomia. Ma semplicemente non c'è, sparito nel nulla come il fumo di una sigaretta.

«Sì mamma, qui tutto bene. Piuttosto, dimmi come sta papà, è tornato a casa non tanti giorni fa mi hai detto» rispondo a mia madre, tenendo il cellulare tra l'orecchio e la spalla, sistemando qualche libro nella borsa. Per oggi le mie lezioni sono terminate, sto per andare in Paradiso a fare i compiti.

«Sta benissimo, a quanto dice lui. Non smette di dirmi che ha voglia di fare qualcosa, che non riesce a non fare niente come gli ha suggerito il dottore. Penso dovrò chiuderlo a chiave in camera» ridacchia, divertita «Scherzi a parte si sente bene, con le pastiglie per il cuore che gli ha prescritto il medico non ha avuto nessun problema»

«Sono felice mamma, sono molto sollevata. E te, come stai? Come va da quelle parti?» mi sistemo un ciuffo di capelli dietro l'orecchio e mi guardo intorno tra le foglie verdi e i colori degli alberi.

«Oh sì, tutto bene. Le mie amiche del circolo di giardinaggio...» inizia il discorso, ma il mio sguardo è attirato da un verde diverso da quello degli alberi, uno più stinto e che mi piacerebbe tanto avere tra le dita.

I miei passi si fermano scricchiolando sulla ghiaia, e lo osservo mentre mi dà le spalle e scrive al telefono. Un'ondata di risentimento mi investe, rancore verso il ragazzo che mi sta rubando il cuore ma che non si degna nemmeno di rispondermi o spiegarmi cosa diavolo sta succedendo.

«Mamma, scusa tanto, ma ora devo proprio andare, mi dispiace» saluto mia mamma, presa alla sprovvista durante il suo racconto. Risponde titubante, salutandomi velocemente prima che io attacchi. Sistemo il cellulare nella borsa, stringendo la cinghia con forza ed incamminandomi verso di lui.

Non sembra accorgersi di me, concentrando la sua attenzione sul telefono. Prendo un sospiro, picchiettandogli l'indice sulla spalla e dicendo «Allora non sei morto»

Sobbalza talmente tanto che il cellulare gli scivola dalle mani, cadendo per terra. Mi fissa, quasi spaventato ma non accennando a muoversi. Mi chino io, dopo un momento, a raccogliergli il telefono. Il mio sguardo cade sullo schermo, fortunatamente intatto, e vedo la chat che aveva aperto, un messaggio non inviato. "Mi dispiace".

Mi strappa il cellulare dalle mani «Cosa ci fai qui?» domanda spegnendo lo schermo e infilandosi il telefono nella tasca dei pantaloni. Incrocio le braccia al petto, guardandolo infastidita.

«Ci sono delle spiegazioni che devi darmi» stringo le labbra, guardandolo alternare lo sguardo da me al paesaggio che ci circonda.

«Beth, non credo sia il momento adatto» mi guarda colpevolmente negli occhi facendo un passo indietro «Devo andare ad una lezione» e fa per girarsi ed andarsene.

Gli prendo il braccio, stringendolo con forza «Michael! Mi stai ignorando da due settimane, non puoi andartene così»

«Avevo i miei motivi» mormora, fermandosi. Delle ombre scure sostano sotto i suoi occhi, e mi pare subito ovvio che non dorme abbastanza.

Multicolor || Michael CliffordWhere stories live. Discover now