XXIII

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Passarono diversi mesi, io mi informavo riguardo le sue condizioni tramite amici in comune, esultavo ogni volta che faceva passi in avanti e mi dispiacevo ogni volta che falliva,ma lo facevo da lontano.
Lo avevo visto tante volte per strada, ma con il cuore stretto in pugno lo avevo evitato. Lo facevo per lui, oltre per quello che una volta era un noi. Volevo mantenere pura la nostra storia, e in quelle circostanze la mia presenza avvertita da lui come un qualcosa di estraneo poteva compromettere la purezza di quella che era stata la nostra storia. Lui stava recuperando, man mano grazie a terapie mirate stava iniziando a ricordare qualcosa, ed io sapevo che prima o poi avrebbe di certo ricordato anche di noi. Volevo solamente che fosse lui, con le sue sole forze a ricordarlo, non volevo che fossi io a inculcargli una cosa che lui non ricordasse.
Tante volte lo incrociavo per strada, non lo chiamavo, ma lo seguivo con gli occhi, lo scrutavo, e m'innamoravo sempre più dei suoi modi di fare, però restavo in silenzio e soprattutto in disparte, quando poi anche lui si accorgeva di me e i nostri occhi si incrociavano, i miei si riempivano di lacrime e scappavo poi via.
I sensi di colpa li avevo, erano tanti e di notte vi giuro mi massacravano. Avrò fatto la scelta giusta? È meglio stargli lontano o aiutarlo ? E se poi non capirà la mia scelta una volta che si sarà ripreso?.
Queste erano le domande che mi rimbombavano in testa ogni qual volta provavo a chiudere occhio. Peró poi la mattina tornavo a scuola, parlavo con kekka, e lei mi rassicurava dicendomi che stavo facendo la scelta più giusta.
Non stavamo più insieme, non mi riconosceva nemmeno come una sua ex ragazza, ma io continuavo a considerarlo il mio ragazzo, il cibo di cui il mio cuore si nutriva, io dall'altro lato vedevo ancora l'amore della mia vita, era così. Forse avevo bisogno di più tempo per rimuginare quel dolore, forse un giorno sarei riuscita a continuare la mia vita accanto ad un altro ragazzo che mi amasse come mi aveva amata lui, o forse un giorno sarebbe stato proprio lui ad amarmi come un tempo.
Passavo il tempo,quello che un tempo era occupato dalla sua presenza, lavorando e studiando senza sosta, ero diventata una macchina da guerra, lavoravo anche di notte e studiavo fino a che gli occhi riuscivano a stare aperti, era l'unico modo per non pensare a tutto il resto.
Riuscii a portare a termine il terzo anno di liceo con ottimi voti, nonostante la prof di Filosofia e le sue preferenze. Ritornò l'estate e il campo scuola nella scuola di famiglia, ritornavo a vestire i panni della maestra esaurita che arranca a stare dietro a tanti bambini. Lavoravo già da qualche anno a scuola,ero abituata a urla, pianti e capricci dei bimbi, ma il mese in cui offrivamo l'offerta del Campo Estivo era per noi un vero e proprio massacro. Era luglio, c'erano 40° all'ombra, c'erano le piscine, c'erano i mille gavettoni dei bimbi e la baby dance alle dieci di mattina sotto il sole cocente.
Un mese che pregavamo affinché passasse presto, anche perchè dopo un intero anno scolastico, anche le maestre che HANNO SCELTO quel lavoro, perché amano i bimbi ( spero sia per tutte così), arrivavano a luglio distrutte, avevamo bisogno di quei pochi giorni di pausa di Agosto per ricaricare le pile per Settembre, che portava con sè per me tanti inizi, scolastici e lavorativi.

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