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16 Settembre 2007
Avevo da poco compiuto 10 anni, e quella mattina dovevo affrontare il mio primo giorno di scuola media. Ricordo di aver odiato mia mamma con tutta me stessa quella settimana. La odiavo per avermi fatto fare la "primina", non mi capacitavo  del perchè io avevo dovuto frequentare la prima elementare a cinque anni, continuavo a pensare che se solo non avesse all'epoca fatto LEI, e non io, quella scelta io quel giorno mi trovavo a dover tornare a scuola, nella mia classe, con i miei compagni senza dover invece affrontare tutti quei cambiamenti.
Sono sempre stata abbastanza timida, introversa e molto insicura, dunque per me, il solo pensiero di cambiare scuola, amici, professori e ambiente, era una dura sfida.
Ricordo quella mattina, avevo un diavolo per capello. Dopo aver ingurgitato una brioche, costretta da mia madre, perchè con l'ansia fin dentro ai capelli, la colazione era l'ultima cosa a cui potessi pensare, indossai il mio nuovo jackerson blu notte, la maglietta a mezza manica bianca, e le immancabili Hogan che curavo manco fossero monili di oro.
Arrivai puntuale in quella che sarebbe diventata di lì a poco la mia scuola, accompagnata da mia mamma. E seppur eravamo state puntuali, non riuscimmo a trovare due sedie, all'interno dello spazio dedicato per l'occasione alle mamme e ai bambini, perchè a Napoli, ogni evento, frivolo come in questo caso, o importante che sia, TUTTA la famiglia, a partire dalla nonna,nonno, zie, cugini, cani, gatti e #TUTTURIESTAPRIESS devono partecipare. È così, non ci puoi fare niente. Quindi potevamo mai trovare due sedie? No.
Dopo aver preso consapevolezza che ci aspettavano come minimo due orette in piedi, ad aspettare il proloquio del preside, perfettamente imparato a memoria, e ripassato senza essere modificato di una virgola ogni anno, e le varie presentazioni del corpo docente, capimmo che era meglio trovare qualche viso amico. Manco il tempo di girare un pò lo sguardo, che il covo di vipere delle amiche di mia madre, con a seguito le loro ancor più vipere figlie, stavano varcando la soglia dell'androne.
Dopo i vari finti complimenti che le mamme, compresa la mia, si scambiavano riguardo ai completi nuovi di zecca sfoggiati da noi bambine ( adesso capite perché possedevo un paio di Hogan? Ecco), iniziarono le presentazioni, lunghe, noiose, roba che la sigla di Hamtaro ripetuta 100 volte, era più piacevole.
Dopo un' ora piena, due caviglie modalità tacchino ripieno pronto ad essere infornato, iniziarono gli appelli delle varie sezioni.
Ecco, le SEZIONI, in quel momento iniziarono a surriscaldarsi gli animi. Non perchè era arrivato il momento in cui quei mocciosetti, compresa io, lasciavano l'ovile caldo e familiare delle scuole elementari, per entrare a far parte di una realtà scolastica, più autonoma, meno confortevole, dove non c'era più la maestra che per te era come una mamma, ma c'era la Prof. a cui ti dovevi rivolgere non con il Tu, ma con il Lei ( a Napoli con il Voi, ma vabbè era comunque un cambiamento). Gli animi si surriscaldavano quando i genitori, che avevano un paio di mesi prima, fatto grandi regali, a chi era dietro alla scrivania,e aveva il potere di inserire nella stessa sezione del figlio anche il suo migliore amico, si vedevano presi per i fondelli quando i loro benefattori non erano riusciti nel piano strategico.
Dopo aver passato ad elencare tutto l'alfabeto, una prof. bionda, alta, abbastanza robusta iniziò ad elencare i componenti della sezione H.
L'ansia toccò la vetta massima proprio in quei minuti, ero stata assegnata in quella sezione. La H? Che lettera insignificante pensavo.
Eravamo 18, e ne conoscevo solamente una, Anna, una ragazzina che era arrivata in classe mia in quarta elementare. Lei era la mia salvezza. Era lei la mano amica, pronta a sorreggermi quando ero in imbarazzo.

Io e Te, il resto non conta ❤ Where stories live. Discover now