13 - Yaelin

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Anche se avevo un libro aperto davanti agli occhi per fare i compiti, i miei pensieri gravitavano inevitabilmente verso Mingi e Yunho. Mezza scuola ormai sapeva che avevano litigato, ma nessuno aveva fatto commenti. Avevano solo guardato i ragazzi pieni d'apprensione.

Non potevo dirgli niente contro. Nemmeno noi avevamo provato a riavvicinare i due ragazzi. Sembrava avessero preso ad odiarsi a vicenda, anche se ogni volta tentavo di negare quello che avevo visto ore prima...


"Vidi una figura che si affrettava a salire le scale. "Yunho! Dove vai?"

Nessuna risposta, solo passi affrettati, di corsa, che salivano le scale a perdifiato. Decisi di inseguirlo come potevo, anche se non volevo essere troppo invadente. Magari mi avrebbe reputata non proprio una brava ragazza... Ma poco importava.

Quando riuscii a raggiungerlo, dopo un pianerottolo di scale, gli afferrai la spalla e lo costrinsi a voltarsi verso di me. "Yunho!" esclamai.

"Lasciami!" disse lui in tutta risposta, dimenandosi dalla mia presa, e finalmente spostarsi di me. Prima che se ne andasse del tutto, l fissai negli occhi. Lucidi di lacrime.,,


Un insistente bussare mi distrasse dai miei ricordi, riportandomi improvvisamente alla realtà. Strano, perché nessuno veniva a trovarmi in camera mia... Ma, dopotutto, la ragazza con cui la condividevo non c'era, quindi ero libera di avere tutti gli ospiti che mi pareva.

Chiusi il libro con deliberata lentezza, poi mi alzai, diretta verso la porta. Non che chi chiunque stesse aspettando che io aprissi fosse indesiderato, anzi, mi serviva proprio qualcuno per farmi staccare un po' la testa.

Appoggiai la mano sulla maniglia e aprii la porta.

Ma, contrariamente a quanto credevo, chi era lì dietro non poteva farmi smettere di pensare a Mingi e Yunho. Anzi.

"Oh, ciao Mingi, che ci fai qui a quest'ora?" fu la prima cosa che mi venne in mente da dire, mentre mi scostavo dalla porta per lasciarlo passare ed entrare. Si guardò intorno, ma sfortunatamente per lui le camere del collegio erano tutte uguali: due letti bianchi col materasso duro come il legno, due scrivanie ai lati e un'altra porta per il bagno.

"Scusa se ti sto disturbando." Il litigio l'aveva molto turbato. Mingi non era solito a scusarsi per questo genere di cose, e Yunho e tutti i suoi insulti gli avevano portato via il sorriso.

"No, no tutto bene," gli risposi, e mi sentii enormemente stupida. Stupida come poche volte nella vita. "Vuoi sederti?" chiesi indicando con un cenno il mio letto. Lui annuì e si sedette lì lentamente.

Lo guardai attentamente, non distolsi lo sguardo nemmeno per un secondo dal suo. Lo fissavo intensamente e lui faceva lo stesso. Ci perdevamo l'una negli occhi dell'altro, i suoi marroni, i miei neri. Il nostro sguardo era talmente intenso che avrebbe potuto fondere il vetro senza difficoltà... "Volevo parlarti," cominciò lui.

Presi ad intuire quello che poteva volermi dire, e nella mia mente ebbe inizio il toto scommesse. Era forse Yunho? Avevano fatto pace? Voleva essere mio amico? Si era fatto una canna?

Non diede spazio ad alcun dubbio. "Già lo sai." Ecco, in effetti lo sapevo già. Mi appoggiai al muro e incrociai le braccia, in un gentile invito a sbrigarsi.

"Ecco, volevo dirti qualche cosa su di noi."


Strinsi in un pugno la forchetta che avevo appena preso. Ma era possibile avere due minuti in pace per mangiare? Invece no! 'Finirà che me le trovo in bagno, ste qua.' Avrei voluto infilarle la forchetta su per il naso molto volentieri, ma ovviamente tutti i pensieri che contenevano violenza nella mia testa erano altamente pericolosi.

L'unica possibilità: aspettare finché non se ne sarebbero andate le leccapiedi della mia classe, per poi finire la cena in santa quiete, sennò mi sarei ritrovata a mangiare di notte.

I ragazzi mi squadrarono, soffermandosi sulla mia faccia infastidita. "Cazzo guardate, volete una foto?" sbottai, troppo innervosita per trattenermi. Si mettevano anche loro adesso? Avrebbero fatto meglio a lasciarmi in pace. Loro non risposero, e fortunatamente ricominciarono a parlare tra di loro.

Sbuffai, incrociando le braccia. E chi aveva voglia di mangiare? Non io. Guardai il piatto mezzo vuoto insofferente, come se mi aspettassi che il cibo scomparisse se l'avessi voluto.

Intanto le due ragazze dietro di me presero a ridere come due oche infami, ignare di tutte le torture che le avrei inflitto se solo ne avessi avuto la possibilità. Il mio odio bruciava come fuoco ardente che non si sarebbe mai spento. Mai e poi mai.

Mi voltai giusto per vederle che si atteggiavano disgustosamente per provarci con Seungmin, uno dei miei compagni di classe, amico di mio fratello dopotutto.

Mi dispiaceva per lui. Nel frattempo i ragazzi avevano ripreso a guardarmi, e nemmeno in silenzio. Stavolta stavano ipotizzando perché mi comportavo in quel modo. Addirittura! Non mi aspettavo di essere il centro dell'attenzione.

"È stressata."

"È nervosa."

"È infastidita."

"È permalosa."

"È una pentola in ebollizione."

Ignorai come potei i loro commenti, ma fu abbastanza difficile non arrabbiarsi oltre, anche perché le due ragazze avevano cominciato a fare le puttane. E vai! Ci mancava solo questa. Pensavo che quello fosse il peggio. Ma, peggio del peggio, si voltarono verso di me e cominciarono a ridermi in faccia, come se si stessero prendendo gioco di me. A quel punto non ci vidi più.

Completamente presa dalla rabbia, mi alzai e tirai uno schiaffo ad entrambe, il rumore era così soddisfacente, volevo farlo di nuovo... ma invece esclamai: "La volete smettere voi due?!"

Le due sgranarono gli occhi, e si misero a gridarmi contro in contemporanea, come due gemelle deficienti che non riuscivano ad alternarsi a parlare. Volevo spaccarle la faccia, strisciarle nel fango, farle provare solo un po' del fastidio che mi provocavano. Se l'avessi detto a parole, sarebbero state così scioccate da rimanere mute per sempre.

"Ho detto: LA VOLETE SMETTERE?!" ripetei, sovrastando le loro disgustose voci acute da bambine. Allora si zittirono, finalmente la mia testa avrebbe potuto riposarsi da loro. Le lanciai uno sguardo di ghiaccio mentre aspettavo la loro prossima mossa.

"Yaelin!"

Una voce mi distrasse. "Sì, Yeosang?!" Mi voltai di scatto, sentivo le vene del collo che martellavano e la voce improvvisamente troppo alta. In una settimana, ero riuscita a trattarli così. 'Ma complimenti Yaelin!'

Il ragazzo si zittì esattamente come le due piccole troie insignificanti dietro di me, e mi guardò stupito. Il cuore minacciava di esplodermi fuori dal petto e le vene blu-viola delle mani presero a scottare come la mia rabbia.

"Non rompere," sibilai, prima di rivolgere un sussurro alle due ragazze. "Dite qualcosa su di me, e vi chiudo la bocca." Afferrai i capelli di una, quella più schifosa. L'altra seguiva lei. Feci per tirarli, ma poi li lasciai andare e corsi via nell'unico posto sicuro.

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