40) SCONQUASSO

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Bortecino, vista l'inutilità di ogni sforzo per mantenere la pace con gli Un, digrignò e ululò disperata, chiamando a sé i lupi del suo branco.

Era delusa, affranta, aveva sperato di ottenere di più da quella gente, ma ora, davanti all'inevitabile e al pari di tutti gli altri, era determinata a lottare per la salvezza di Togriluudyn.

I quattro nobili Un-han, spinti da un'inestinguibile sete di potere e da un'ambizione sfrenata, avevano deciso di sfidarla.

Urlando come ossessi le spronarono selvaggiamente contro i Tarpan, subito imitati dagli Altai che avevano al seguito.

Da distante, più in basso nella valle, Saaràn udì sollevarsi in aria le urla dei Clan che si preparavano all'attacco e gli si accapponò la pelle, al pensiero di quello che sarebbe successo da lì a poco.

Con un groppo alla gola vide gli uomini fare a gomitate nello spingersi via l'un l'altro e urtarsi nel poco spazio che avevano.

Non abituati a manovrare in luoghi angusti, i cavalieri delle pianure faticavano a districarsi gli uni dagli altri e i loro Tarpan, irritati dalla vicinanza e dalla confusione, si mordevano sul collo, sulle orecchie, nitrivano e scalciavano.

Ogni Clan voleva essere tra i primi a partire, così, disturbandosi a vicenda, i vari gruppi erano più lenti del solito a reagire.

Tuttavia, nonostante quella confusione iniziale, Saaràn non si faceva illusioni.

Era certo che entro breve si sarebbero messi in movimento e avrebbero risalito il corso del torrente in secca, dapprima mettendo i Tarpan al trotto e poi, all'ultimo, spingendoli al galoppo.

Nei cinquantanni che aveva vissuto nella Steppa li aveva visti spesso entrare in azione e sapeva come agivano, ma quella era la prima volta che se li sarebbe visti arrivare direttamente contro.

Questa volta non era soltanto uno spettatore che, da un poggio lontano, indifferente assisteva a un massacro degli Un, ne era il bersaglio.

Quegli Un sarebbero venuti avanti tutti quanti in massa e avrebbero travolto ogni cosa avesse tentato di sbarrar loro la strada.

Non tentò nemmeno di contarli, sapeva soltanto che erano in tanti.

Molti più di loro.

Troppi, per i pochi difensori Togril appostati dietro il varco aperto alle sue spalle e per il drappello di uomini del Clan dell'Orso Bruno che erano rimasti fedeli a Kutula.

Quando i Clan fossero arrivati avrebbero travolto tutto come un fiume in piena.

Tutto era perduto.

Cercò conforto nella Sua Signora, ma non riuscì a incrociarne lo sguardo.

Era tesa, concentrata.

Prima che i vari Clan potessero districarsi nella valle troppo angusta per permettergli di manovrare come volevano, con la coda dell'occhio Saaràn vide Bortecino fare un cenno alle Yaonai rimaste in attesa all'ombra del suo carro-Yurta.

Non ebbe nemmeno il tempo di chiedersi cosa stesse accadendo, che già una delle due figlie di Neko si lanciò verso un ciuffo d'erba e in un attimo sparì, lasciando dietro di sé una nuvola di vapore.

Alle sue spalle, dall'interno della montagna, a Saaràn giunsero gli scricchiolii delle corde che si tendevano per riportare al proprio posto l'enorme masso che avrebbe chiuso il varco e udì gli ordini impartiti ai Murlag da Chonyn e Chadvarlag.

Avvertì lo scorrere polveroso della pietra sui binari di metallo, ma anche senza voltarsi sapeva che il masso si muoveva lento, troppo lento per chiudersi in tempo prima che arrivassero gli uomini lungo il torrente in secca.

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