9) ANTICHI SAPERI

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Quando riprese conoscenza, Saaràn era steso su di un letto di foglie, riparato dal freddo da una coperta fatta di rametti flessibili e foglie intrecciate.

Era morbida, calda, docile al tatto e gradevole all'olfatto.

Si trovava all'interno di una spelonca rocciosa, una profonda rientranza nella montagna, a quattro, cinque passi dall'ingresso.

Fuori era l'alba.

Una coltre impalpabile di pulviscolo volteggiava leggera nell'aria.

Ogni cosa era impregnata da un acre odore di bruciato e del vago sentore di zolfo lasciato dal vulcano.

Riconobbe all'istante quell'odore sgradevole.

Doveva essere ancora dove l'aveva condotto la Sua Signora, sui Monti Anunna li aveva chiamati, se ricordava bene.

Le prime luci del mattino a malapena tingevano di rosa le pietre accanto all'entrata e la luce era poca, però sufficiente per vedere che quella specie di grotta proseguiva ancora in profondità.

Era a torso nudo.

La giacca in pelle era accanto a lui assieme alle sue armi, agli stivali e al cappello.

Al fianco di questi c'era la sacca a tracolla.

Aveva caldo, un caldo strano, che gli giungeva da dentro e lo faceva tremare.

Capì subito di avere la febbre alta.

Un forte mal di testa gli pulsava contro le tempie, un'arsura incredibile gli seccava la bocca e la gola bruciava quasi volesse andare a fuoco.

Provò a parlare, ma le parole gli rimasero bloccate nel gozzo riarso dalla sete.

Si sentiva debole, fiacco di energie e di forze, il braccio gli doleva e la mano ferita, calda e gonfia, bruciava.

Una benda fatta di foglie intrecciate l'avvolgeva dal palmo all'avambraccio e un impiastro dal forte odore di erbe aromatiche ne ungeva la pelle.

Fece per alzarsi, ma appena si appoggiò al gomito per mettersi su di un fianco, la testa prese a girargli vorticosamente.

Un colpo di tosse profondo e improvviso lo colse impreparato.

Del catarro dai polmoni salì in bocca, gli imbrattò la mano e gli tolse quasi il fiato, obbligandolo a stendersi di nuovo.

Ancora quel muco denso e scuro.

Aveva il colore del sangue e il sapore del ferro.

La gola già irritata, andò in fiamme.

Cosa sta succedendo? si domandò allarmato.

Al suo fianco avvertì una presenza, quasi un fruscìo di foglie che si inginocchiavano accanto al suo giaciglio smuovendo l'aria che l'attorniavano.

Individuò un profumo dolce, intenso, buono, che sapeva di viole di campo e liquirizia.

Con la sua fragranza quel profumo fece svanire l'odore acre e penetrante di bruciato che aleggiava su ogni cosa.

Si voltò e vide al suo fianco una giovane donna.

Era bionda, pallida, portava vesti fatte di foglie e rametti intrecciati.

I lunghi e diafani capelli le scendevano lungo la schiena per poi avvolgersi attorno alla vita, stringendole il vestito aderente al corpo.

In testa, posata sui capelli, portava una corona, un sottile ramoscello di vischio, foglie verde pallido ornate da bacche trasparenti.

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