32) CIMA KHURTS KHUTGA

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Il Naaxia affidava ancora una volta a Monglik la sua vita, tentando disperatamente di non pensare a dove si trovava.

Il sole non era ancora sorto, ma già alle sue spalle si vedevano i primi chiarori arrossare l'orizzonte.

Mancava poco all'alba e la Sua Signora l'aspettava.

Saaràn fissava come poteva lo stretto sentiero irregolare di roccia e sassi evitando di pensare ai baratri scuri che, a destra quanto a sinistra, minacciosamente scoscesi e vicini, lo terrorizzavano.

Nonostante avesse la pelle del viso spessa come il cuoio e abituata al freddo delle pianure, un vento di Buriana gli tagliava le guance con improvvise raffiche, così gelide da confondersi con i brividi di panico che provava per la salita.

Non sapeva più distinguere cosa lo facesse tremare, se il freddo o la paura.

Sentiva entrambi infilarsi in ogni pertugio lasciato aperto negli indumenti che indossava, facendolo rabbrividire fin dentro al midollo delle ossa.

Per ripararsi meglio calzò sulle orecchie il cappello, serrò la sciarpa e alzò il bavero della giacca, ma fu tutto inutile.

I denti non volevano saperne di smettere di battere.

Era ancora piena notte quando lui, Uleg e due Togril, a cavallo avevano lasciato Togriluudyn per raggiungere le cime dei monti.

Così gli aveva ordinato Frassinella: vieni da me prima dell'alba.

La temperatura gradevole della valle era scesa di colpo, dandogli l'impressione di essere ritornato nella Steppa, quando in pieno inverno le temperature raggiungono anche decine di gradi sotto lo zero.

Non era mai salito tanto in alto con il buio, ma da quando aveva intrapreso l'ultimo tratto, iniziava a comprendere cosa fosse la paura.

Estese macchie di neve ingombravano ancora il versante roccioso a Nord di quella montagna, mentre quello a Sud, ricoperto di alberi fin sulla cima, già ne era del tutto privo.

Ne intravedeva i bagliori alla luce delle stelle e le masse compatte sotto di sé lo chiamavano, in attesa che cadesse.

Lui e Chonyn seguivano la cresta del monte dirigendosi verso Ovest.

Il Togril apriva la strada, il Naaxia, dietro, lo seguiva a pochi passi.

Marciavano lentissimi, al passo, facendo attenzione ad ogni pietra su cui i cavalli dovevano appoggiare gli zoccoli.

Il gigantesco cavallo nero del soldato avanzava senza incertezze aprendo la strada e il piccolo Tarpan lo seguiva, passo passo, fidandosi ciecamente della sua esperienza nel guidarlo.

Sebbene il cielo fosse ancora scuro, Ten-gri era nitido, l'aria limpida e fine, era tersissima fin dove si vedesse.

Benché la luce della luna si stesse facendo via via sempre più fioca, l'assenza totale di foschia permetteva una visuale perfetta in ogni direzione.

Anche a grande distanza, i particolari dei monti che circondavano la vetta che risalivano si vedevano netti e precisi.

Tutto attorno a loro vi erano alte creste, sulle quali abbarbicate e tenaci macchie di verde si diradavano man mano che l'altezza cresceva, per lasciare esposte di rocce e neve le cime.

Salendo di quota, tra breve le avrebbero superate tutte quante in altezza, a eccezione di una.

Era ciò che di più bello Saaràn avesse mai visto in vita sua.

Solamente tre ore prima, scortato da Chonyn e Chadvarlag e seguito da Uleg e dai due lupi Khar e Zurvas, nel bel mezzo della notte era partito dal Castello di Pietra.

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