20) FRASSINELLA

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Con gesti rapidi e precisi, Khűchtei diede un ordine agli uomini di ferro appiedati:

"Margaash, tedniig khűreel!" (Margaash, circondateli!).

Senza fiatare quelli obbedirono, disponendosi tutto attorno agli Un in modo che ne fossero completamente accerchiati.

Uleg disse a voce bassa:

"Quello a cavallo chiama quelli a piedi Margaash, padrone".

Saaràn annuì, preoccupandosi di tenere le mani bene in vista e a non fare gesti bruschi.

Ognuno dei fanti aveva accanto a sé un lupo che si muoveva docile attorno ai prigionieri, osservando in silenzio il rapido disporsi degli uomini, senza mai per questo perdere di vista il proprio umano.

Quando tutti i Margaash e i lupi furono piazzati, il Togril a cavallo fece cenno a Saaràn di smontare.

Dai fori dell'elmo si udì un ordine breve, secco:

"Buukh!"(Scendete!)

Il Naaxia non ebbe bisogno della traduzione del Taiciuto per comprendere quello che il Togril voleva che facesse.

Per prima cosa aiutò Helun a smontare da dietro, facendola scivolare e posandola delicatamente a terra, poi, dopo aver fatto cenno ai suoi di fare altrettanto, scese a sua volta.

I loro Tarpan vennero presi in consegna da giovani mozzi di stalla e vennero condotti dentro.

Gerel e Saryn raggiunsero immediatamente la madre, Omnod e il Taiciuto si avvicinarono a Saaràn.

Khűchtei attese che fossero tutti riuniti, poi:

"Bűgd ireerei!" (Venite!) disse, facendo un gesto perché lo seguissero.

Avvicinatosi, Uleg gli bisbigliò nell'orecchio:

"Vuole che lo seguiamo tutti quanti assieme, padrone".

Saaràn annuì ancora.

Aiutando a camminare la moglie rimasta senza bastone, la sostenne per tutto il tempo che seguirono il militare.

Si allontanarono dalla stalla e si diressero verso un'altra costruzione, più piccola della stalla, ma ugualmente molto semplice, lineare, costruita in blocchi di pietra e sormontata dal camminamento per soldati di ronda lungo le mura del castello.

Era troppo ridotta in dimensioni per essere un dormitorio e non aveva camini a fuoriuscire dal tetto.

Inoltre, sebbene i fabbricati che confinavano con essa avessero le imposte di legno aperte alle finestre, questa le aveva appena socchiuse.

Non ebbe tempo di chiedersi altro, perché vide Khűchtei entrare nella costruzione e a un suo cenno lo seguì, non prima di aver mormorato alla moglie e ai figli: "Tranquilli, andrà tutto bene".

Cercò di essere convincente, ma quando attraversò per primo la porta in legno e abbassò per un attimo la testa temendo di sbatterla contro il traverso in pietra, non ne fu più così sicuro.

Si sentiva a disagio a entrare in una casa che non fosse una Yurta.

In tutta la sua vita aveva viste ben poche abitazioni fatte in quel modo e comunque sempre da distante, spesso quando erano già state date alle fiamme, ridotte in macerie o in fumosi ruderi.

Mai aveva avuto occasione o desiderio di entrarci dentro e ora che gli toccava farlo, se ne sentiva intimorito.

Temeva, una volta all'interno, gli potesse mancare l'aria oppure gli potesse cadere addosso tutta quella pietra di cui era fatta.

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