UNO STRANO INCONTRO

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Megami pov's

Dopo aver trascorso tre ore abbondanti a sistemare i documenti da presentare al preside, siamo riuscite ad accogliere le nuove reclute in maniera più affettuosa possibile. Flavia, dopo numerose prediche da parte di Mary, decise di rimanere per fare almeno una coreografia, portando quella che ci ha fatto vincere gli awards, whistle.
Una volta finite le presentazioni, la riccia scappò verso casa, maledicendo ogni santo per aver accettato di ballare con noi, mentre io, Ile e Mary chiudemmo il club e andammo verso casa.

"Le nostre strade si dividono qui" scherzò Mary, suscitando la risata mia e della corvina "Ci vediamo domani" sorrise imboccando la strada di casa

"Io vado pure, a domani Meg" sorrise Ile allontanandosi

Sorrisi a mia volta facendo cenno con la mano, pronta a tornare nel mio soffice letto, ma degli schiamazzi richiamarono la mia attenzione.
Seguì il rumore che stava tormentando le mie orecchie, e arrivai al campo al fiume, dove un gruppo bambini occupava il campo. Le loro risate cristalline di mescolavano al fruscio dei loro passi rapidi e alle grida di incoraggiamento reciproco. Alcuni di loro, con magliette colorate e numeri stampati sulla schiena dribblavano abilmente il pallone, mentre altri si lanciavano in scatti veloci per cercare di recuperalo. Il portiere era la metà di Mark e i guanti erano troppo grandi per le sue mani piccole, ma nonostante questo era concentrato a seguire i consigli di mio cugino per parare al meglio qualsiasi tiro. Il campo era un caleidoscopio di colori, movimenti e suoni, un luogo dove ogni bambino si sentiva libero di correre, giocare e sognare.
Silvia notò la mia presenza e, senza pensarci due volte, mi corse in contro con un sorriso a 32 denti.

"Alla fine sei passata! Sono contenta!" disse rivolgendomi un sorriso sincero e pieno d'affetto,

"Ho solo sentito delle voci, sono passata per cuorisità" risposi non distogliendo lo sguardo dal campo e da tutti i colori che lo occupavano

"Bene ragazzi! 5 minuti di pausa!" comunicò una voce maschile inconfondibile  "Meg?!" esclamò Mark tra lo stupore e la gioia saltandomi addosso

"Così mi schiacci!" ridacchiai cercando di sostenere il peso del capitano

"Sono molto contento di vederti qua! Vieni ti faccio conoscere alcuni dei piccoli!" sorrise tirandomi per un polso verso il campo. Non sapevo quali emozioni stavo provando in quel momento, non sapevo perché avevo permesso a Mark di tirarmi verso il campo, e soprattutto, non sapevo cosa stavo facendo lì, in un posto che mi faceva provare tutto, tranne che felicità. Eppure c'era qualcosa che mi attirava in quel maledetto campo, nello sguardo dei bambini, felici di correre dietro ad una palla e l'entusiasmo di mio cugino, che rendeva anche una lezione di matematica una cosa bella.

"Ragazzi un attimo di attenzione!" annunciò Mark battendo le mani "Lei è mia cugina, Megami, vi allenerà fisicamente per prepararvi al meglio ad affrontare una partita" mi indicò con un'aria compiaciuta. La mia faccia era tutto fuorché compiaciuta. Io dovevo allenare fisicamente questi bambini? Non ne avevo idea e manco voglia a dirla tutta. Ma vedere Mark così felice mi faceva scaldare il cuore e dirgli di no sarebbe stato impossibile. Quindi decisi di accettare una proposta che non mi era stata neanche fatta.

"Molto piacere!" sorrisi ricevendo l'approvazione da parte dei bambini. A dirla tutta non mi dispiaceva affatto, Mark stava cercando di farmi avvicinare ad un mondo che lui amava e che forse io, dovevo solo iniziare ad accettare, senza farmi condizionare dalla mie esperienze passate.
Trascorsi le ore seduta sulla panchina accanto a Silvia, guardando attentamente i movimenti dei bambini e cercando di correggere le cose che mi sembravano fatte male.
Quando il sole stava iniziando a tramontare, tutti i piccoli aspiranti calciatori si dileguavano verso le proprie case, tranne una, Maddie. Quella bambina aveva lo stesso spirito di Mark, non si arrendeva e continuava imperterrita il suo allenamento.
Mentre cercava di fare un gol a Mark, uno dei suoi tiri superó la traversa andando in testa ad un signore che passava accanto al campo.
Mark corse a scusarsi ottenendo un calcio nello stomaco da parte dell'amico.
Io mi alzai di scatto e mi misi davanti a Maddie, richiamando Mark in cerca di qualche segnale

"Mark tutto bene?!" domandai cercando non perdere di vista Maddie e Silvia

"S-si Meg" rispose stringendosi l'addome con le braccia

"E tu chi sei ragazzina?" chiese uno dei due uomini con un ghigno stampato in volto.
Maddie si aggrappò alla mia gambia tremando come una foglia, mentre Silvia era rimasta pietrificata.

"E tu chi ti credi di essere per prendere a calci le persone?" dissi nascondendo Maddie e senza distogliere lo sguardo dall'uomo davanti a me

"Non ti piacerebbe sapere di cosa sono capace" mi minacciò con fare arrogante.
Io non accenai al minimo movimento, rimanendo con i piedi piantati a terra e guardando con aria di sfida la persona di fronte a me.
Il signore si giró di scatto e corse verso il pallone tirando un calcio nella speranza di colpire Silvia, solo che il pallone cambiò traiettoria e andò verso me e Maddie.
Quando pensavo che il pallone mi avesse ormai colpita, una figura incappucciata mi saltò davanti deviando il pallone in direzione dei due uomini che se la diedero a gambe. Successe tutto nel giro di pochi attimi, che non mi diedero il tempo di realizzare quello che era appena successo.
Mark corse a ringraziare la persona venuta in nostro soccorso, che si tolse il cappuccio e si limitò a guardare me e Maddie accennando un sorriso. Aveva i capelli bianchi e alzati, una carnagione chiara e gli occhi color caffè, che emanavano rabbia e tristezza. Eppure quando mi sorrise, qualcosa vibró dentro di me, provocandomi delle scariche lungo la spina dorsale.
Mark cercó di parlagli ,ma lui non sembrava voler rispondere e se ne andò, senza dire una parola.

"Sono sicuro che lo rivedrò" disse Mark con aria sognate

"Beh gli devo la mia faccia" ridacchiai girandomi verso Maddie

"Meglio andare a casa, si è fatto tardi" aggiunse Silvia raccogliendo la sua borsa e incamminandosi verso le scale.

Arrivati a casa, io Mark andammo a lavarci, e scendemmo per la cena. Passammo un'oretta con la zia e lo zio, e tra una chiacchiera e l'altra il sonno si faceva sentire, quindi mi alzai e andai verso camera mia.

"Secondo te come si chiama?" chiese Mark sulla soglia della porta di camera mia

"Si chiama, vatti a coricare che è tardi" lo presi in giro buttandomi a peso morto sul letto

"Mi sembra lungo come nome" ipotizzò mio cugino strofinandosi il mento

"Buonanotte Mark" lo liquidai chiudendomi in bagno. Decisi di farmi una rapida doccia prima di mettermi a letto, in modo da poter rilassare i nervi. Una volta pulita mi rannicchiai sotto le coperte e chiusi gli occhi, cercando di cacciare dalla mia testa un ragazzo con i capelli bianchi e gli occhi castani.

Inazuma Eleven: Sotto lo stesso cieloWhere stories live. Discover now