75. Mela

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Bip, bip, bip.
Il suono del monitor mi dava il voltastomaco.
Era da due settimane che mi accompagnava.
Due settimane passate nel letto di un ospedale con un poliziotto che vigilava su di me continuamente.
Avevano paura che scappassi. Che andassi da lui.
Avevo fatto due settimane di coma. La ferita al collo era superficiale, mi aveva preso solo di striscio, ma con la gamba me l'ero vista brutta.
Avevo fatto oltre sei ore di intervento per sistemare il femore spappolato e ora ero un essere bionico pieno di ferro nella gamba che mi aiutava a tenerla insieme.
Avevo iniziato la riabilitazione e riuscivo a stare in piedi e a fare brevi e lente passeggiate.
Donati era morto e io ero quasi morta con lui in quella fossa.
Avevamo arrestato il colombiano e diversi complici di Donati.
Dei nostri, erano riusciti a scappare tutti.
Neve e Bob avevano preso in mano gli affari del club che mandavano avanti senza il loro capo.
Skin, Billo e Sam erano fuggiti. Nessuno li aveva più sentiti da allora.
Erano ricercati dalla polizia che sapeva con certezza si trovassero al molo quella sera.
Però, non avevano nessuna prova che riuscisse ad incriminarli. Il poco che c'era Buch era riuscito ad eliminarlo.
Le loro proprietà erano state confiscate per alcuni giorni ma in assenza di prove, avevano dovuto ritirare le accuse.
Erano comunque ricercati dalla polizia per essere messi sotto interrogatorio. I telegiornali continuavamo a passare i loro volti spacciandoli per persone scomparse.
Per tanto, era impossibile comunicare con loro. Tutti i nostri telefoni erano sotto controllo, rischiavamo di rivelare la loro posizione.
Bisognava lasciar passare del tempo prima di riprendere i contatti.
L'unico messaggio che era stato inviato, lo aveva spedito Neve la sera in cui era successo tutto.
È in coma ma è viva. C'è speranza.
Citava quest'ultimo e poi si erano interrotti tutti i contatti.

Io ero stata licenziata in tronco per essermi messa a rischio, aver condotto un'operazione non autorizzata e aver tirato fuori quel casino immenso che ero riuscita a creare.
Ero stata indagata per complicità a delinquere ma Buch aveva delle ottime abilità nel fare sparire le prove.
Al momento ero una cittadina libera ma il mio capo nutriva forti sospetti nei miei confronti. Per tanto, non potevo lasciare il paese e avrei dovuto andare a processo per ciò che avevo fatto.
Mi avrebbero schiacciata, ne ero sicura.
Dopo il caso Tenebra, aspettavano solo un mio passo falso per mettermi a tacere per sempre.

Avevo perso tutto in un solo istante. Skin era stato allontanato da me, avevo perso il lavoro e la fiducia dei miei colleghi e mi ritrovavo in un letto d'ospedale senza nessun amico che mi venisse a trovare, perché quella era la mia vita di prima. Quella era la vecchia Mela senza nessuno accanto per cui valesse la pena morire in un fosso.
Era probabilmente il destino che mi metteva tutto davanti agli occhi e mi costringeva a farne i conti.
Avevo scelto un'altra vita ed ero rinata ben prima dello scontro con Donati. Ora dovevo mettere un punto a tutto quello che era stato ed iniziare a vivere di nuovo.
Non potevo farlo lì. Sapevo bene che avrebbero fatto di tutto per distruggermi ma non avevo paura.
Sapevo quanta forza avessi e quanta voglia di lottare.
C'era solo una cosa che mi faceva sobbalzare il cuore ad ogni respiro..
Sospirai pensando a Skin.
Non lo vedevo da un mese ed ero sicura che era ridotto ad uno straccio.
Sapevo che aveva perso la testa.
Mi aveva creduta morta e ora pensava che fossi in coma.
Dovevo andare da lui il prima possibile perché non sopportavo di saperlo distrutto e sapevo che non riusciva a gestire quei momenti. Skin diventava un tornando, distruggeva tutto ciò che incontrava e soprattutto si auto distruggeva.
Sapevo che era invaso dai sensi di colpa e l'unica cosa che avevo bisogno di fare era quello di consolarlo, di dirgli che non aveva sbagliato niente e che se non fosse stato al sicuro, io non ce l'avrei mai fatta a lottare per la mia vita.
Io avevo bisogno di lui tanto quanto lui aveva bisogno di me.

"Permesso. Mi scusi per il disturbo. Sono venuta a portarla a fisioterapia."
Spalancai la bocca quando vidi quell'angelo biondo irrompere nella mia stanza spingendo una sedia a rotelle.
Il poliziotto si tirò su dalla poltrona e le fece un cenno di entrare.
"Sono l'infermiera nuova. Mi hanno detto di portarla di sotto."
Fece un sorriso avvicinandosi al letto per aiutarmi ad alzarmi.
Le strinsi forte il braccio mentre mi trasferivo sulla sedia a rotelle.
"Bene signora. Andiamo."
Il poliziotto ci seguì all'esterno della stanza fino all'ascensore.
"Le dispiace prendere le scale? Gli ascensori sono piccoli e c'è chi ha più bisogno."
Disse Neve con tono autoritario quando questo provò ad entrare con noi nell'ascensore.
Sbuffò ma uscì svoltando poi a destra per prendere le scale.
Neve schiacciò un pulsante.
"Abbiamo poco tempo baby. Usciamo a fare una passeggiata."
Scoppiai a piangere e presi la sua mano con la mia.
"Mi sei mancata tanto."
"Anche tu. E ancora mi mancherai. Parti fra due ore. Vai da lui."
Sussultai a quelle parole.
"Lo hai sentito?"
Ridacchiò.
"Ieri per la prima volta. Telefono non rintracciabile. Mi chiama fingendosi un fornitore di alcool. Sa che sei viva. Ti aspettano proprio dove tu li hai spediti."
Mi asciugai una lacrima.
Le porte dell'ascensore si aprirono e Mela uscì velocemente.
"La porto fuori a prendere aria."
Disse alla reception. Nessuno alzò gli occhi per controllare cosa stesse succedendo.
Mela mi mise in cappuccio in testa e una giacca sulle gambe.
"Noi proseguiremo qui con gli affari. Voi dovete stare lontani per il momento. Un domani vedremo cosa fare ma per ora, l'importante è che siamo tutti al sicuro."
L'aria fredda mi investì la faccia e sorrisi sentendomi libera di nuovo.
"Forza, alzati!"
Mi attaccai a lei e mossi i primi passi incerti seguendola.
Andò diritto verso una macchina rossa e io socchiusi gli occhi per capire chi c'era all'interno.
Scoppiai a ridere quando lo vidi.
Neve mi abbracciò forte e poi aprì la portiera.
"Ricordati che ti voglio bene."
Le dissi mandandole un bacio con la mano prima di salire sulla macchina. Non c'era altro tempo da perdere. Dovevo correre da lui.

"Ciao."
Chiusi la portiera dietro di me e la macchina si mise in moto.
"Mi sei mancata come l'aria."
Sorrisi scoppiando a piangere.
"Grazie di tutto."
Buch mi strinse la mano.
"Andiamo. Abbiamo un bel viaggio davanti a noi."
Spalancai la bocca.
"Vieni con me?"
"Che cazzo di domande. Certo. Ho bisogno di una vacanza anche io dopo tutto quello che ho passato."
Appoggiai la testa contro lo schienale e chiusi gli occhi. Finalmente iniziava a girare tutto per il verso giusto.

SkinTahanan ng mga kuwento. Tumuklas ngayon