71. Mela

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"Vieni. Camminiamo un poco."
Mi suggerì appena la macchina si mise in moto e si allontanò da noi.
"Per andare dove?"
Gli chiesi mentre i miei sensi si misero allerta.
Donati prese la mia pistola e la osservò per un attimo. Controllò quanti colpi avesse in canna e poi me la puntò contro.
"Andiamo dove dico io."
Si avvicinò e mi spinse verso il bosco.
Camminai perché non avevo altre opzioni disponibili anche se in cuore mio sapevo bene dove mi stava conducendo.
Donati aveva capito e noi eravamo fregati.
Pregai dentro di me che Skin e gli altri riuscissero a mettersi in salvo perché qualcosa non andava e se aveva capito che gli avevamo teso un'imboscata, sicuramente la stava mettendo in atto lui a noi.
Sussultai all'idea che qualcuno di loro potesse morire.
"Mi vuoi dire che ti prende? Che vuoi fare?"
Domandai beccandomi l'ennesimo spintone.
Non vedevo nulla. Era buio, freddo e la neve iniziava a cadere più fitta.
Continuavo ad inciampare ed imprecare mentre Donati mi conduceva lì dove mi avrebbe uccisa.
"L'hai fatta scavare per me questa?"
Domandai quando arrivammo alla grande fossa di cui aveva parlato Eugene.
Mi voltai a guardarlo.
C'erano delle torce infuocate intorno alla fossa ma erano troppo sfocate per riuscire a guardare bene in faccia l'uomo che voleva porre fine alla mia esistenza.
Mi faceva ridere la cosa.
Proprio ora che avevo così tanti motivi per vivere, rischiavo di perdere tutto quanto.
Avevo sottovalutato qualcosa? Ero stata poco attenta? Avevo lavorato male?
Mi sembrava di aver eseguito tutto in maniera scrupolosa considerando il fatto che ero sola e senza una squadra di supporto.
Eppure, in qualche modo mi aveva beccata.
Solo io e Buch conoscevamo la verità assoluta.
Era stato lui a tradirmi?
Lo sguardo terrorizzato sul suo viso quando era stato comunicato il cambio di programma mi faceva dubitare di quell'ipotesi.
"Non è solo per te. Questa è per tutti coloro che intralciano la mia strada."
"Io l'ho spianata la tua strada. Non ho intralciato nulla. Senza di me saresti stato perso!"
Gli feci notare con un sussurro.
Mi toccai il fianco per assicurarmi che ci fosse il coltello.
Non mi sarei fatta ammazzare facilmente, avrei combattuto per la mia vita.
Donati non sapeva del coltello e nemmeno del giubbotto anti proiettile.
Era buio, era difficile prendere la mira in maniera precisa.
Avevo speranze di poter lottare e nonostante fossi in netto svantaggio, potevo mantenere viva una piccola speranza di farcela.
"È vero. Per ora sei stata dalla mia parte. Ma so come sono quelle come te. Ora hai sbattuto dentro Skin, domani vorrai sbattere dentro anche me. Conosci il mio contatto, dove arriva, a che ora.. Conosci troppo. Non puoi vivere. Mi dispiace, ma sei un pericolo e io non sono un uomo che ama complicarsi la vita. Chiunque mette a rischio la mia esistenza fa questa stessa fine."
Scoppiai a ridere, prima in maniera contenuta, poi sempre più forte. Era una risata incontrollata che mi faceva scuotere tutto il corpo, dettata dall'adrenalina e dalla paura.
"Che cazzo stai facendo?"
Domandò l'uomo arrabbiandosi. Si avvicinò a me puntandomi la pistola alla fronte.
"Che cazzo hai da ridere?"
Sospirai.
"Tu non sai niente."
Aprii le mani per raccogliere i fiocchi di neve.
Non sapeva dell'imboscata, non sapeva che Skin e gli altri erano liberi, non sapeva che il suo affare non avrebbe mai preso piede. Lui era così pieno di cocaina da non aver capito nulla.
Questo significava che loro aveva una possibilità di farcela e Donati senza i suoi uomini e la sua droga, non era nessuno.
Anche io ero pronta a combattere. Lo avevo fatto sempre nella vita e quella sera sarebbe stata una medaglia in più. Non l'avrei appesa al giubotto come Billo ma l'avrei conservata nel cuore per ricordarmi chi ero e come ero arrivata fino a lì.
Donati non sapeva contro chi si stava mettendo.
"Possiamo risolverla. Posso darti garanzie."
Finsi di supplicarlo.
Fece un passo indietro incapace di capire il mio stato d'animo che passava da risate folli a suppliche instabili.
Lo stavo confondendo.
Toccai di nuovo il colletto e lo strinsi attraverso il giubbotto.
Era lì a darmi speranza.
"Posso dirti una cosa che non sai. È un'informazione preziosa. La più preziosa di tutte."
Arretrò di un altro passo e si spostò alla mia sinistra, quasi timoroso di fronte al mio comportamento.
"Stai zitta! Tu non hai nulla! Stai mentendo per salvarti la vita ma ora ti pianto una pallottola in testa."
Sorrisi a quelle parole.
"Sei sicuro? Sicuro che non abbia mentito su nulla?"
Si mise sull'attenti a quelle parole senza rendersi conto che lo stavo spingendo verso la buca.
"E su cosa avresti mentito? Sentiamo! Parla prima che io prema il grilletto!"
Risi e lo vidi grattarsi la testa in maniera compulsiva appena il suono gli sfiorò le orecchie, come se non lo sopportasse più.
Gli feci fare un ulteriore passo indietro avvicinandomi sempre più a lui e al fosso che ci aspettava.
"Vuoi sapere il mio segreto?"
Sussurrai
"Ti ammazzo! Hai finito di vivere puttana!"
"Skin non è mai andato in prigione. Era tutto finto!"
Approfittai del suo sgomento per saltargli addosso ed entrambi andammo a finire dentro la buca.
Era profonda diversi metri e all'interno non si vedeva praticamente nulla.
Picchiai la testa e la spalla sentendo un dolore atroce in tutto il corpo quando toccai il pavimento duro.
La terra si era congelata, era fredda e scivolosa.
Sentii Donati lamentarsi poco più in là rispetto a me e prontamente, staccai il coltello dallo scotch prendendolo in mano pronta ad attaccare.
I miei sensi erano alterati.
Era buio e avevo picchiato la testa.
Lo sentivo respirare ma faticavo a capire da dove arrivasse il suono.
All'improvviso la buca si illuminò e mi dovetti tappare le orecchie per colpa del rumore.
Donati aveva sparato a caso nella speranza di colpirmi ma, anche lui cieco per colpa della notte, non aveva preso la mira. Si era fregato da solo perché ora sapevo esattamente dove fosse.
Sentii i suoi passi cercare di allontanarsi ma lo rincorsi e gli saltai addosso buttandolo per terra.
"Skin è al molo pronto a farvi fuori tutti."
Urlai mollandogli un pugno.
Ne ricevetti uno di rimando che mi fece cadere indietro ma mi rialzai subito tastando il terreno con le mani per ritrovare quel pezzo di merda.
"Sei un uomo finito! Senza il carico non sei ness.."
L'ennesimo pugno entrò in rotta di collisione con il mio mento.
Sputai del sangue ma l'unica cosa che contava era che il mio coltello era ancora stretto saldamente nella mia mano.
"Sei una schifosa puttana!"
Urlò Donati sparando un colpo verso l'alto, troppo in panico per rendersi conto di cosa stesse facendo.
Gli saltai addosso e cercai di afferrargli l'arma. Partirono altri due colpi che si conficcarono nel terreno duro, senza colpirmi di striscio.
Mi prese i capelli con la mano e capovolse la situazione.
Me lo ritrovai sopra di me mentre cercava di spararmi.
In preda alla disperazione, provai in ogni modo a disarcionarlo o a rubargli la pistola ma, più forte di me, stava riuscendo ad avere la meglio.
"Non ci muoio qui per mano tua! Tu non mi ammazzi!"
Urali dandogli un pugno diritto in testa.
Si sposto all'indietro sorpreso e riuscii a liberarmi del suo peso spostandomi indietro.
Proprio allora mi resi conto di non avere più il coltello nelle mie mani.
Mi buttai sulle ginocchia ed inizia a tastare il terreno.
"Merda, merda!"
Piagnucolai in panico.
Fu allora che Donati sparò di nuovo mancandomi.
La luce che produsse però fece due cose; mi diede modo di vedere esattamente dove fosse il coltello e fece sì che Donati potesse vedere dove ero posizionata io.
Mi lanciai in avanti e presi l'arma, proprio quando Donati sparò di nuovo, un colpo, poi l'altro.
Entrambi colpirono il suo bersaglio mentre la pistola finiva i suoi proiettili.
Mi toccai il petto con la mano ringraziando di avere il giubbotto antiproiettile mentre un dolore sordo mi faceva vomitare tutti i succhi gastrici che avevo nello stomaco.
Il dolore però ero forte. Troppo forte.
Mi tastai di nuovo e poi lo sentii.
L'odore del sangue mi invase le narici mentre il liquido denso e caldo mi bagnava la mano.
Lanciai un urlo.
Mi aveva presa.
Aveva vinto lui.
Io gli avevo permesso di vincere e avevo fallito, nonostante avessi promesso a Skin di tornare a casa sana e salva.
Casa.
Pensai al club. Quante volte avevo detto che non era casa mia?
Invece, proprio ora che il sangue abbandonava il mio corpo, mi rendevo conto che quella era la mia casa, dove c'era la mia famiglia e le mie amiche.
Le persone alle quali tenevo.
E stavo perdendo tutto, lì, in quel buco che puzzava di terra e muffa.
Con quell' uomo allucinato dalle droghe che nemmeno si rendeva conto di cosa mi aveva fatto.
Di cosa aveva fatto a tutti noi.

SkinWhere stories live. Discover now