67. Mela

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"Sei agitata?" Mi aveva chiesto Skin prima che uscissi di casa.
Lui lo era, era palese. Aveva cercato di nasconderlo in qualche modo ma stava morendo dall'ansia.
"Sei agitata?"
Mi aveva chiesto Neve mentre ci accompagnava alla macchina.
Anche lei era inquieta. Quella situazione non le piaceva. Le avevo rivelato di essere un poliziotto e che eravamo ad un passo dall'essere distrutti nello stesso momento, un po'dura da digerire.
"Sei agitata?" Aveva chiesto Eugene mentre guidava la macchina fuori dalla città.
Ci avrebbe lasciato a due chilometri dalla villa e si sarebbe introdotto nei boschi per avvicinarsi a noi. Poi avrebbe atteso il nostro ritorno e in caso di bisogno, avrebbe chiamato aiuto e sarebbe intervenuto.
"Sei agitata?"
Mi chiese Buch mentre posteggiavo la macchina dove la sicurezza mi stava segnalando.
Sbuffai.
Con lui non ci parlavo.
"Andiamo Mela. Potremmo morire questa sera e tu te ne stai lì con quella faccia. Dimmi qualcosa!"
"Fottiti!"
Aprii la portiera e scesi dalla vettura sbattendola dietro di me, poi seguii l'uomo della sicurezza lungo il grande giardino che conduceva verso la casa.
"Li accompagno io."
Disse qualcuno affiancandomi con un mitra in mano.
Sorrisi quando mi accorsi che era Bob ma evitai di guardarlo in faccia.
Avevo timore che volesse parlarmi e sicuramente c'erano delle telecamere lì fuori e Donati ci stava osservando.
Quando aprì la porta per farci entrare, gli infilai il biglietto in tasca e gli feci l'occhiolino per rassicurarlo. Lui era il nostro aggancio dall'altra parte, dovevamo tenercelo buono perché sarebbe servito in qualche modo.
"Eccoli qui, i miei poliziotti corrotti preferiti. Venite, accomodatevi!"
Donati indossava una vestaglia bianca e delle pantofole dello stesso colore.
Era seduto sul divano, bianco anch'esso, con un bicchiere di vino in mano e due strisce di coca davanti a sè.
"L'hai provata, vedo."
Constatai prendendo posto di fronte a lui.
Mi tolsi la giacca e Buch fece altrettanto.
"Sì. Devo essere onesto."
Gli sorrisi.
"E?"
"Ne voglio ancora!"
Scoppiò a ridere ed estrasse la pistola dalla tasca mettendola sul tavolino.
Alcuni uomini della sicurezza entrarono e ci accerchiarono.
"Non sembra un benvenuto.
Fece notare Buch guardandosi intorno.
"Ma ti ricordo che siamo due poliziotti e tu oggi hai chiamato in centrale. Se dovessimo sparire entrambi, io che ti ho risposto e Mela che tu hai cercato, i sospetti cadrebbero.."
Buch si guardò intorno scrutando tutti i presenti.
"Su di te."
Donati rise nuovo prendendo la pistola in mano e puntandocela contro.
"Non sei il primo ad averci puntato addosso un'arma."
Estrassi la mia e la puntai contro di lui.
In meno di un secondo dodici mitra ci mettevano a fuoco e toglievano la sicura.
"Che carattere poco docile. Cosa credi di fare."
Fu il mio turno di sorridere.
"Se vuoi ammazzarmi non me ne vado da sola. Tu vieni con me."
Rise di nuovo, ma più nervosamente. Era strafatto e in quelle condizioni, era ancora più imprevedibile.
"Abbassiamo tutti le armi ed iniziamo a parlare di affari."
Propose a quel punto.
Appoggiai la pistola davanti a me come fece lui e lo spronai a proseguire.
"Perché oggi ti sei finto il tuo capo?"
Buch allentò il nodo della cravatta.
"Ho pensato che volessi sputtanarci per evitare di pagarci. Sai quali pene vengono date ai poliziotti corrotti? Credevo che tu volessi fregarci."
Donati schioccò la lingua.
"Invece no. Volevo solo essere sicuro che non foste voi a volermi fottere."
"E come?" Domandò Buch aprendo le braccia. "Abbiamo messo in galera tre uomini con prove finte e preso soldi da te. Come ti fottiamo senza andarci di mezzo?"
"A proposito," intervenni io. "Non abbiamo ancora visto il nostro pagamento."
Gli ricordai.
"E senza soldi, salta il tuo contatto. Sabato non si fa nulla se non abbiamo i nostri contanti."
A quel punto si alzò in piedi e andò a prendere una valigetta posandocela di fronte una volta tornato.
Alzò le braccia per invitarci a controllare.
Era piena di soldi.
"Trentamila. Come avete chiesto."
Accarezzai i soldi fingendomi soddisfatta di ciò che trovavo di fronte a me quando in realtà mi davano solo la nausea all'idea di dove provenissero.
"Perfetto."
Mi alzai in piedi pronta ad andarmene ma un uomo della sicurezza mi spinse di nuovo sul divano.
"Che cosa vuoi?"
Domandai allora.
Riempì un bicchiere di vino passandomelo e fece lo stesso con Buch.
"Come stanno i miei amici?"
Chiese allora riferendosi a loro.
"Stanno in gabbio. Come vuoi che stanno."
Gli risposi dura.
Si beatificò a quelle parole chiudendo gli occhi e inspirando forte l'aria.
"Sono anni che provo a farli fuori."
"E io sono anni che provo a mandarli dentro. In maniera legale era impossibile, questa era l'unica via."
Alzai il bicchiere per brindare e bevvi un sorso.
"Quanto staranno in galera?"
"Probabilmente a vita se riusciamo a scavare a fondo. Abbiamo trovato molti documenti interessanti al club."
Rispose Buch facendolo ridere a crepapelle.
"E al club avete già detto che da sabato avranno un nuovo capo?"
Scossi la testa.
"Le ragazze sanno dell'arresto ma non sanno ancora chi prenderà il loro posto.
Sabato ti presenterai tu e decideranno se restare o meno."
Donati si fece più avanti.
"Ma non avranno scelta. Quelle ragazze saranno tutte mie e basta. Andranno avanti con il lavoro come hanno sempre fatto e mi faranno guadagnare migliaia di soldi."
Inghiotii un boccone amaro.
Era senza scrupoli, questo lo sapevo bene ma non potevo ascoltarlo parlare così delle persone alle quali volevo bene.
"C'è anche una ragazza. È Messicana. Un anno fa Billo ha rivoltato tutta la nazione per vendicarla. Aveva fatto un casino pazzesco vi ricordate?"
Rise da solo fregandosene di essere l'unico.
"Voglio anche lei."
Iniziai a muovere la gamba agitata e Buch ci mise sopra una mano per calmarmi.
"Siamo poliziotti. Ti stiamo aiutando in questa cosa perché ha aiutato noi ma non vogliamo sapere i tuoi piani per il futuro. Non dirci una parola in più, altrimenti.."
"Altrimenti cosa?"
Chiese alzando di nuovo l'arma verso di me per minacciarmi.
"Altrimenti sabato farai la consegna da solo e fanculo."
Tirò un pugno fortissimo sul tavolo alle mie parole facendo trasalire tutti.
"Ti mi hai promesso.."
"Un contatto in cambio di quei tre in galera e trentamila dollari. Ti ho dato tutto. Perché aiutarti ancora?"
Buch boccheggiò di fianco a me.
Aveva capito il mio gioco ma non era sicuro fosse la strada giusta.
"Rischiamo il culo per te e a questo giro che ci guadagno?"
Donati inizio a grattarsi la barba.
Era ad un bivio. Da solo, il contatto sarebbe sparito. Non avrebbe avuto agganci per tenerlo a sè ora che anche Eifel era morto. Eravamo necessari.
"Ve ne darò altri trentamila se mi fate consocere il boliviano e avviate questo business. Quanto guadagna un poliziotto all'anno?"
Ci osservò in viso entrambi.
"Siete dei pezzenti di merda. Ecco cosa siete. E ora fate i risentiti perché i soldi sono pochi?"
Si grattò la testa con la pistola.
"Trentamila in due sono pochi. Se ne aggiungi altri trenta, diventa ragionevole."
Fece un cenno con la testa.
"Pagamento alla fine."
"Metà prima di incontrare il boliviano, l'altra metà ce la consegni in un posto sicuro. Niente scherzi. Ci siamo presi delle garanzie. Se ci fai fuori, non faranno affari con te. Sono agganciati a noi perché gli abbiamo promesso di tenere la polizia lontana dal molo, per sempre. Ogni volta che saranno in consegna, noi saremo a fare retate altrove."
"Prendi soldi anche dal boliviano?"
Mi chiese strabiliato.
"Non sono affari tuoi."
Lo guardai male e lui fece altrettanto.
"Esci da casa mia ora. Torna sabato sera alle dieci con un po' di rispetto in più e un briciolo di umiltà, lurida puttana."
Balzai in piedi e gli feci un inchino.
"Arrivederci capo."
Buch lo salutò alzando la mano e mi seguì verso la macchina.
"Sei una fottuta pazza." Mi sussurrò una volta in macchina.
"Una cazzo di pazza!"

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