4. Mela

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"Sai quale è la differenza tra un buon detective e un detective mediocre?"

Scossi la testa mentre mio padre si stappava una birra usando l'accendino.
"La pazienza e la generosità."
"La generosità?" Chiesi non riuscendo a capire.
"Sì. Proprio quella."
Rimase in silenzio alcuni istanti, gli piaceva creare un poco di suspence.
"Alcuni hanno fretta. Vogliono fare carriera velocemente. Sono avari di successo, non condividono con il partner il percorso ma fanno da soli. Egoisti, ecco cosa sono. E di solito, finiscono con un proiettile in testa." Si toccò la tempia a quelle parole.
Mi contai le dita della mano, come facevo spesso da quando mamma era morta. Era il mio ancoraggio alla realtà e lo facevo più volte al giorno. Solo dopo tanti anni e tante sedute dal terapeuta avevo accettato che il cancro se la fosse portata via.
"E quindi cosa bisogna fare?" Gli avevo chiesto dopo un grande istante, più per compiacerlo che per altro. Allora, non volevo diventare un detective. La mia vita non era ancora scritta, volevo libertà di scelta, era una bambina. Ma mio padre sembrava aver già scritto il mio futuro e quando aveva preso una pallottola in testa, come quelli che tanto disprezzava, mi era sembrato quasi un obbligo assecondare il suo volere.
"Non devi mai pensare di essere più furbo di un criminale esperto. Da solo non puoi farcela. Sono solo pochi casi di fortuna quelli che senti in tv. Oppure sono dei film. Devi condividere ogni tuo pensiero con il tuo team, preparare in ogni minimo dettaglio il tuo piano e non andare mai da solo. Certo, i meriti saranno condivisi. Ognuno cercherà di portarsi via la fetta di torta più grossa, ma tu salverai il tuo culo e credimi, nulla è più importante."

Ero stata avara di successo. Non c'era altro da dire. Papà mi aveva messa in guardia. Ero sicura che nessuno sospettasse di me, che agli occhi di tutti ero anonima ed insignificante. Volevo riscattarmi, ero stanca di fare tutto il lavoro e vedere i miei colleghi premiati più di me. Perché maschi. O perché pensavano che io fossi raccomandata.
L'adrenalina era una droga. Più la percepivi, più ne avevi bisogno una dose e questo ti faceva abbassare la guardia, ti faceva credere di non essere mai in pericolo. O mai abbastanza perché diciamocelo, una piccola dose di pericolo ci piaceva provarla.
Ci compiaceva quando i colleghi applaudivano al nostro rientro, ci dicevano che ce l'eravamo vista brutta ma ce l'avevamo fatta. E se io ce l'avessi fatta, tutti i giornali avrebbero parlato di me. Ero caduta in quello stupido tranello e quel bastardo mi aveva fregata.
L'avevo visto quasi ogni fottuta mattina. Veniva a portarmi il carico di fiori, gli avevo anche offerto una sigaretta.
Lo trovavo persino bello, qualche volta mi ero chiesta come sarebbe stato se lo avessi invitato ad uscire. Ogni volta che arrivava, io e Lily facevamo battute stupide sui suoi muscoli, sui suoi fianchi stretti e il suo culo rigonfio.
Aveva lo sguardo gentile, gli occhi puliti. Ero così sicura di poter capire dal solo sguardo se un uomo fosse perbene o una merda. Che stupida.
Mi aveva fottuta alla grande.
Forse lo aveva messo lui l'indizio su quel corpo per farmi cadere in trappola, era lui che aveva letto nei miei occhi e ci aveva visto la voglia di riscatto che mi avrebbe fatto rischiare qualsiasi cosa.
Merda.
Mossi un piede e poi l'altro. La testa mi faceva male ma non pensavo di aver subito danni neurologici. Non c'erano rumori nella stanza. Faceva caldo ed era profumata quindi non ero ancora finita dentro ad un pozzo. C'era qualcosa di morbido sotto di me.
Mi concentrai per mantenere il respiro calmo. Non sapevo se ci fossero telecamere ad osservarmi. Dovevo pensare in fretta, capire cosa fare.
Mossi una mano lentamente per capire se ero legata ma così non sembrava.
"Ho capito che sei sveglia da un po', apri questi cazzo di occhi."
Sussultai quando sentii la sua voce e mi misi a sedere di scatto. La testa mi diede una fitta allucinante, per alcuni istanti non vidi più nulla.
Aprii la bocca e non potei fare a meno di svuotare il contenuto del mio stomaco accanto a me.
Un trauma cranico?
Non ricordavo più quali erano i criteri per capire se c'era un trauma cranico in atto. Forse il fatto di non ricordarmi i criteri erano un sintomo del trauma cranico, sapevo solo che mi scoppiava la testa.
Alzai la mano per toccarla. Mi avevano medicata. Avevo un cerotto sulla fronte e sentivo i punti tirare. Non volevano uccidermi? Perché curarmi se avessero avuto l'intenzione di lanciarmi in un fosso? Ero sicura che sarebbe stato rapido ed indolore, l'idea di finire ostaggio non mi era passata per la testa, come tante altre cose d'altronde.
Avrebbero chiesto un riscatto? Chi avrebbe pagato per me?
Sarei finita di nuovo sui giornali.
Mi guardai intorno.
Una stanza semplice, nessuna finestra però. Un letto, un piccolo armadio, un comodino e un tavolo rotondo, tutto bianco e molto accogliente. Profumava tutto di buono e di pulito.
Skin era seduto su una sedia a qualche metro da me con una pistola in mano.
Appoggiai i piedi a terra e mi alzai in piedi.
Me la puntò contro.
"Non ti conviene. Sei viva perché io ho deciso così ma cambio idea in fretta."
Mi risedetti. Dovevo essere intelligente. Più intelligente di prima.
"Pezzo di merda." Sputai a denti serrati. Forse non era la cosa più intelligente da dire ma Skin scoppiò a ridere.
Aveva una bella fila di denti bianchi, un sorriso grande e delle labbra carnose, lo sapevo bene perché quel viso lo avevo visto così spesso, lo aspettavo ogni mattina, mentre fingevo di evolvere gli ordini del negozio ma in realtà studiavo i casi che seguivo.
"Credevi davvero che non sapessi chi tu fossi? Che ti aggiravi nel mio territorio indisturbata? Come hai fatto ad avere tutto questo successo se sei così stupida?"
Sbuffai mentre il suo sguardo non sembrava più così cordiale.
Si grattò la nuca con la pistola e poi la ripuntò verso di me.
"Come sei arrivata al club?"
Scoppiai a ridere alla sua domanda. Era nervoso, lo potevo percepire benissimo. Gli tremava il labbro e la mano con cui teneva la pistola non era per nulla stabile.
Non si aspettava che io riuscissi a trovarlo, forse lo avevo addirittura colpito nell'orgoglio. Credeva di essere al sicuro, più furbo degli altri e per questo aveva commesso quegli errori.
Mi strinsi nelle spalle facendolo incazzare ma mi piaceva quel gioco.
"Non fare la stupida, hai un'arma puntata contro e io non sono uno paziente."
Schioccai la lingua e dovetti toccarmi nuovamente la ferita quando una forte fitta mi ricordò come mai mi ero risvegliata in quel luogo.
"Dove sono?" Chiesi allora rendendomi conto che non ne avevo idea. Non ero più al club e se avevano rischiato il culo per spostarmi era perché non erano così sicuri che mi fossi presentata da sola e non avessi i miei uomini pronti a saltargli al collo. Anche perché quella sarebbe stata la procedura normale.
"Parla cazzo!" Mi urlò allora contro facendomi sussultare. La vena gli pompava forte sulla fronte, di sicuro non stava scherzando.
Che avevo da perdere? Quell'uomo spazzava via vite come se non avessero importanza, non avrebbe risparmiato la mia. Tanto valeva cullarmi nel mio successo prima di lasciare questo mondo.
Lo guardai con aria di sfida.
"L'ultimo cadavere che hai mollato tra i cassonetti. Non lo hai ripulito bene. Aveva un biglietto con un numero di telefono. Non più funzionante. Ma ho fatto una ricerca incrociata e ogni chiamata ricevuta su quel cellulare era tracciata nel raggio di cinque chilometri dal tuo locale. Ancora non sapevo che fosse implicato nel tutto, questo l'ho capito dopo. Erano mesi che seguivo quell'uomo e indovina dove spendeva quasi tutti i soldi della sua carta di credito?"
Lo vidi stringere le labbra, quasi impallidire alle mie parole.
"Ma non potevo ancora collegare il club a qualcosa di losco. Certo, è segnalato per qualche rissa, sospetto di prosituzione.. Ma al di là di quello, non c'è davvero nulla. O quasi.."
Skin si fece più vicino di qualche passo e percepii che stava trattenendo il respiro.
"Ho fatto un effrazione a casa sua. Del signor Browne intendo. Ho setacciato in lungo ed in largo quel dannato cottage e ho solo trovato una chiave che non avevo idea di che cosa aprisse. Ci ho impiegato giorni, poi mi sono illuminata! Avevo già visto quella dannata chiave! L'avevo vista in televisione quando mostravano il nuovo museo inaugurato in città, il "Distopic." C'era un quadro che raffigurava quella chiave."
Scoppiai a ridere mentre il volto di Skin si faceva sempre più perplesso. "Ho setacciato il museo e ho scoperto due cose interessanti. La prima, indovina un poco quale era lo sponsor maggiore di tutte quelle opere d'arte?"
Indicai Skin con un dito sorridendo beffarda. "la seconda è che dietro quel quadro c'era una piccola cassaforte. Ho dovuto fare in modo di disattivare allarmi e telecamere con un corto circuito per poterla aprire e rubarne il contenuto. Dentro quella cassetta ho trovato tante cose senza valore e una interessante. Era l'atto di vendita di un attico in centro. L'attico era del signor Browne e vendeva il tutto al club 41 per una manciata di spiccioli. Qualcosa non tornava.."
Mi resi conto di essere esaltata mentre raccontavo nei minimi dettagli come ero riuscita ad arrivare a Skin. Mi trattenni dal sorridere. Ero fiera del mio lavoro fino a quel punto, la cazzata l'avevo fatta presentandomi al club da sola ma con quei pochi elementi, nessuno mi avrebbe permesso un'imboscata.

"Ho continuato con le mie ricerche. Che cosa aveva comprato il club 41 negli ultimi anni? Molte cose. Nulla di illegale in realtà, ma tutte a prezzo stracciato, molte di esse, rivendute a prezzo stracciato dopo poco tempo e indovina? Ricomprate di nuovo per gli stessi soldi o poco più. Per quale motivo? E più cercavo, più trovavo affari nei quali eravate immischiati. Affari che solitamente sono accessibili a pochi, eppure il club era sempre in mezzo.
Poi mi sono ricordata che Yoko Ori, il magnante giapponese ritrovato morto l'anno scorso, aveva una grande quantità di alcool addosso quando era stato ritrovato, aveva avuto dei rapporti sessuali e aveva dei capelli fra le sue dita. Capelli non schedati, chiaramente e mai rinvenuti a chi appartenessero."
Fui io a trattenere il fiato in quel momento. Skin stava capendo.
"La campagna per l'AIDS.."
Feci un cenno con la testa. Avevo creato uno stand vicino al club 41 dove alcuni medici facevano degli esami specifici gratuiti per riscontrare malattie sessualmente trasmissibili. Le ragazze del club avevano partecipato in massa e a tutte erano stati testati i capelli.
"Appartenevano a Marta. Ero sicura che anche quell'uomo era ricollocabile al club."
Skin scoppiò a ridere.
"Le ho spinte io a fare i test."
"Vuoi che le tue puttane siano pulite?" Chiesi rendendomi conto di avere esagerato. Ero sul filo di un rasoio, bastava una parola di troppo per ritrovarmi col cervello sparpagliato sul muro.
I suoi occhi cattivi si posarono su di me e mi fulminarono.
"Non sono puttane! Dovresti portare un po' di rispetto per chi viene dalla strada ed è una vita intera che annaspa per stare a galla e sopravvivere!"
Mi strinsi nelle spalle colpita dalla sua ira. Sembrava le stesse davvero difendendo e si sentisse offeso dalle mie parole.
"Come vuoi." Tagliai corto per cercare di riportarlo ad un livello più tranquillo.
"Ora, devo solo capire cosa farmene di te."
Mi guardai intorno cercando una via di fuga.
Stupida. Doppiamente stupida! Gli avevo anche raccontato tutto e ora davvero non gli servivo a nulla.
"Ucciderti. Oppure venderti a qualche clan. Te ne sei fatta di nemici. Potrei ricavarci qualche soldo ma non vali così tanto. Vuoi ancora il lavoro al club per caso?"
Scoppiò a ridere facendo alcuni passi verso di me.
Ora mi ammazza.
Abbassai gli occhi a terra concentrandomi sul mio respiro. Avevo un solo tentativo per salvarmi il culo. Feci finta di tremare, mostrai tutta la paura che potevo cercando di fargli abbassare la guardia.
Singhiozzai disperata man mano che sentivo i suoi passi avvicinarsi cauti.
Lo sentii esitare.
Quello era il momento.
Gli saltai addosso e gli morsi forte la prima parte di corpo che mi capitò sotto i denti. Lo sentii urlare. Gli diedi un calcio negli stinchi appena i miei piedi toccarono terra e uno nello stomaco.
Sentii il rumore della pistola cadere a terra ma appena il mio sguardo andò alla sua ricerca, un ceffone fortissimo mi arrivò da destra spaccandomi il labbro.
Mi abbassai schivando il seguente e poi, con tutta la mia forza, gli mollai un calcio nello sterno, un pugno in pieno viso ed iniziai a correre.
Spalancai la porta della camera e mi trovai in un lungo corridoio.
Corsi, corsi a perdifiato. Superai una domestica e poi superai Sam che scoppiò a ridere vedendo la scena.
Questo era poco confortante perché se nessuno si preoccupava della mia corsa, forse era perché non c'era nessun luogo dove io potessi finire.
Mi catapultai giù da una lunga scalinata e vidi la porta d'ingresso.
Corsi verso di essa, unica salvezza, ignorando il dolore alla testa ma quando ero ad un passo da questa, l'uomo che mi aveva fatto entrare al club 41 si mise davanti ad essa e mi fece ciao con la mano.
Frenai di colpo e caddi a terra. Guardai a destra e poi a sinistra ma era pieno di uomini armati.
In cima alla scalinata, Skin furibondo mi stava osservando con il sangue che gli colava dal naso.
"Riportatela al piano di sopra e mettetele le manette."
Ordinò sparendo dalla mia vista.

SkinWhere stories live. Discover now