20. Mela

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Erano passati sette giorni da quel momento.
Sette giorni di paure e incertezze, senza rivolgerci più parola.
Cosa sarebbe successo ora? In quale buco di culo del mondo mi avrebbe mandata?
E soprattutto, cosa era scattato nella mia testa per comportarmi in quella maniera?
Le mie guance avvampavano solo all'idea di ciò che aveva fatto, e quanto mi era piaciuto.

Aveva nevicato tutta la notte.
Questo mi aveva detto Neve quando si era catapultata in camera mia per svegliarmi.
Avevo il petto pieno di sensi di colpa e il gusto della vergogna in bocca, come ogni mattina da allora.
Avevo poco tempo per pensarci. Lavoravo molto e questo sbavava la mia testa ma come mi ritrovavo a letto i ricordi scappavano dal mio controllo e rivivevo quella scena all'infinito.
Ero arrabbiata. Arrabbiata per come ero stata rifiutata.
Vi rendete conto di quali pensieri conforti sfrecciavano nella mia testa?
Quel pezzo di merda.
Mi aveva umiliata. Ecco cosa aveva fatto!
E io avevo esagerato. Complice era stato l'alcool, forse la spensieratezza del momento o ero semplicemente stata posseduta dal demone della lussuria, non lo sapevo.
Mi misi le mani sulla faccia pensando a quanto avvenuto su quella poltrona.
Ma come mi era saltato in mente.
Cazzo.
"Smettila di sceogiolarti per wualsiasi cosa tu ti stia scrogiolando! Andiamo! Usciamo sul tetto e tiriamoci le palle di neve!"
Scossi la testa mentre mi alzavo e mi infilavo i pantaloni di una tuta azzurra.
"Non posso uscire. Ricordi?"
Neve si fece seria avvicinandosi.
"Non dire stronzate. Qui non ti troveranno i membri della tua famiglia."
Aprii bocca per ribattere ma la ragazza mi aveva già afferrato la mano e mi stava trascinando fuori dalla stanza mentre io cercavo di convincerla che non me la sentivo.
"Ti presto una giacca. La tua è troppo leggera. Muoviti!"
Urlò entrando al volo nella sua camera e tornando con due giacche e una coperta pesante.
"Facciamo la cioccolata calda più tardi. Io amo la neve. Da dove arrivo io nevica davvero spesso e vedrai ti piacerà. È una bufera, la città è in subbuglio. Forse stasera non lavoriamo. Sarebbe stato il mio giorno libero ma sono contenta lo stesso.."
Era impossibile placare Neve quando l'entusiasmo si impossessava di lei.
"Non posso."
Sussurrai colma di tristezza ma la ragazza mi ignorò trascinandomi fino all'entrata.
Le altre ragazze stavano già uscendo fuori.
"Non posso." Ripetei più forte impuntando i piedi in terra.
"Smettila di avere paura di vivere. Lasciati andare."
Mi si riempirono gli occhi di lacrime. Un po' perché aveva azzeccato in pieno il mio malessere di vita, un po' perché quando mi ero lasciata andare, troppo bene non era andata.
"Skin, diglielo anche tu!"
Rabbrividii a quelle parole.
Mi voltai di scatto per trovarmi Skin alle spalle.
La faccia buia e piena di nuvole, gli occhi puntati di su noi.
Aveva delle ferite sulle nocche della mano, aveva preso a pugni qualcosa o qualcuno.
Ci passò oltre ignorandoci.
Cazzo.
"È meglio che torno in camera."
"Smettila! Vieni con noi e basta, ti farà bene e vedrai che non c'è nulla di cui tu debba avere paura là fuori."
Mi lasciai trascinare per alcuni passi finché arrivammo davanti alla porta.
L'uomo della sicurezza ci bloccò la strada .
Porca puttana.
"Falla passare."
Skin si era fermato a pochi metri da noi. Aveva indossato anche lui una giacca pesante e un berretto, probabilmente sarebbe uscito con le ragazze.
L'uomo della sicurezza ci fece un cenno e per la prima volta, da quando?, Uscii all'aria aperta e assaporai a pieni polmoni l'odore di neve e di smog della mia città.
Nevicava forte, faceva un freddo cane.
Conoscevo bene le intemperie di gennaio, sicuramente la città era in tilt e i criminali se la stavano godendo. Ma oggi, non era un problema mio.
"Andiamo!"
Urlò entusiasta Neve correndo per le scale che portavano al tetto.
Mi guardai intorno ancora un istante e poi mi voltai.
Skin era dietro di me, sollevò leggermente la giacca per mostrarmi che era armato.
Bastardo.
E allora mi resi conto che non avevo pensato di fuggire. La mia testa non aveva fatto quel collegamento. Volevo solo salire sul tetto e giocare a palle di neve.
Alzai il dito medio e glielo mostrai per alcuni secondi prima di seguire Neve al piano di sopra.
Lo spazio sul tetto era grandissimo e la neve si era raccolta ovunque. Neve era già impiegata in una grande lotta con gli altri e si divertiva come una pazza.
Appena Sam mi vide mettere piede sul tetto, mi corse incontro spaventato.
"Stai tranquillo." Provai a dirgli mentre mi agguantava un braccio e cominciava a trascinarmi giù dalle scale.
"Mi fai male, testa di cazzo!"
"Lasciala." Gli ordinò tranquillo Skin due gradini più sotto.
"Ti sei bevuto il cervello amico? Che cazzo stai dicendo?"
Mi dimenai per liberarmi e finii col culo a terra.
Sbuffai. Che teste di cazzo.
"Stai tranquillo. Ci siamo noi. Non scapperà o le pianteremo una pallottola sulla schiena."
Sam digrignò i denti.
"Giochi col fuoco. Giochi con le nostre vite per cosa? Una scopata?"
Skin lo osservò severo.
"Non è il momento." Lo intimò.
Spalancai la bocca.
Punto debole numero tre. I due stavano iniziando ad avere vedute diverse sul mio destino.
Due erano le cose; o questo mi avrebbe reso una donna libera, o mi avrebbe reso una donna morta.
"Non ho intenzione di scappare." Dissi angelica sorridendo ad entrambi.
Skin mi guardò male e poi fece un cenno all'amico di tornare sul tetto.
Contro voglia, questo seguì gli ordini.
Anche Skin riprese a salire.
Mi passò accanto senza nemmeno guardarmi, lasciandomi per terra come se fossi un sacco della spazzatura.
"Begli stronzi!" Gli tuonai alle spalle.
"Per fortuna ci sono io!"
Billo corse su per le scale e si fermò di fronte a me. Mi mise le mani sotto alle ascelle e mi sollevò di peso.
"Balli di merda. E probabilmente non sei granché nemmeno nel resto considerando l'umore nero di Skin oggi. Vediamo se sei meglio a palle di neve."
Scoppiai a ridere.
"Vaffanculo."
Gli dissi seguendolo su per le scale.

SkinWhere stories live. Discover now