49. Mela

574 17 3
                                    

Con mia grande sorpresa Skin mi affiancò e prese a seguirmi. I suoi amici ci guardarono colmi di stupore e paura per la mia audacia.
Skin stava male. Molto male. Lo avevo intuito prima ancora di sentire le loro parole sui suoi problemi.
Per questo, aveva bisogno di una mano.
Lo sapevo bene io.
Avevo passato una vita ad andare dallo psicologo per raccogliere i miei pezzi e mi rendevo conto solo ora di quante barriere avevo innalzato per restare in equilibrio su quella lama che era la vita.
La morte di mia madre, quella di mio padre, il lavoro, il fallimento del mio caso.. Tutto quanto aveva creato solo confusione nella mia testa.
Confusione che in quel momento era stata spazzata via e mi consentiva di vedere tutto lucidamente, per qualche strano scherzo della vita.
Dovevo perdere i miei capi saldi per ritrovarmi, dovevo vacillare per rimettermi in piedi, dovevo cambiare prospettiva per riacquistare la vista e cambiare parte per sentirmi di nuovo utile, e viva.
Lo condussi verso la camera dove dormivo e lo invitai ad entrare con un gesto della mano.
"Non ti toccherò, te lo prometto. Non invaderò il tuo spazio."
Provai a rassicurarlo ricordandomi le parole che aveva pronunciato il giorno prima.
Non deve succedere mai più.
Skin fece un cenno e si introdusse dubbioso nella stanza.
"Che cosa vuoi allora?"
Mi chiese lasciando vagare gli occhi nella stanza.
Mi avvicinai al letto e gli feci segno di sedersi vicino a me.
Skin restò sulla porta con lo sguardo colmo di stupore.
"Fidati di me."
Gli dissi di nuovo battendo sul materasso con la mano.
Solo allora si avvicinò al bordo del letto e di sedette con fatica.
Si prese la testa tra le mani per un istante e potei vedere tutta la stanchezza.
"Sdraiati."
Gli ordinai allora alzandomi in piedi.
Mi guardò con sgomento. Provò ad aprire bocca per ribattere ma lo bloccai immediatamente.
"Hai bisogno di riposare. Sdraiati. Non puoi affrontare i prossimi giorni se non ti calmi."
Ero sicura che mi avrebbe mandato a quel paese ma dopo un attimo di esitazione, si tolse le scarpe e si sdraiò a bordo del letto. Chiuse gli occhi qualche istante con un grande sospiro.
Mi voltai per andare a sedermi sulla poltrona ma lui mi richiamò.
"Ti vorresti sdraiare qui con me?
Mi chiese facendomi sussultare il cuore.
Nonostante questo, feci il giro del letto e mi sdraiai nel lato opposto di esso, voltata sulla schiena.
Skin si girò sul fianco per guardarmi.
C'era dello spazio tra di noi ma quello era il momento più intimo che avessi mai condiviso con qualsiasi essere umano.
"Perdonami."
Mi disse allora facendomi sussultare. Mi voltai anche io sul fianco per poterlo guardare. Skin chiuse gli occhi interrompendo quel contatto.
Pensai bene alle parole da dire ma poi rimasi in silenzio.
Allungai un dito con l'intento di toccargli il braccio ma avevo promesso di non invadere il suo spazio, quindi lo ritrassi.
"Ieri non volevo obbligarti a fare qualcosa che non volevi."
Sussurrai liberando il mio petto da quel peso.
Riaprì gli occhi all'istante.
I suoi occhi erano scuri e profondi, potevo leggere all'interno di essi intere poesie. Non avrei smesso di guardarli nemmeno per un istante.
"Tu non mi hai costretto a fare nulla. Io piuttosto.."
Sorrisi.
"Che stai dicendo.."
"Ho approfittato della situazione. Non avrei dovuto. Avrei dovuto.."
"Non dirlo nemmeno per scherzo."
Lo misi a tacere e chiusi gli occhi anche io.
Mi chiesi se avesse passato tutta la giornata a tormentarsi per l'idea che mi avesse usato qualche sorta di manipolazione per costringermi a fare cose che non volevo.
Era follia.
Skin era follia.
"Hai sentito quello che hanno detto Sam e Billo prima?"
Mi chiese allora con un filo di voce.
"No."
Mentii. Sapevo che non era pronto a parlarne. Lo sentii sospirare e quindi aprii di nuovo gli occhi.
"Prova a riposarti."
Gli suggerii rendendomi conto che era tutto tranne che semplice.
Una forza invisibile cercava di spingere i nostri corpi l'uno verso l'altro.
Le immagini del giorno precedente si facevano spazio prepotenti.
Ma non era il momento e nemmeno la situazione.
Skin non stava bene. Skin si stava dilaniando dall'interno e qualcuno doveva interrompere quell'auto distruzione.
Non dovevo aggiungere altri dubbi, altre paure e sensi di colpa a quella persona così forte e così fragile allo stesso momento.
Chiusi gli occhi e cercai di rilassarmi, di estraniarmi da tutta quella situazione e in qualche modo funzionò perché mi addormentai profondamente.

Probabilmente erano passate ore quando riaprii gli occhi. Ero nella stessa posizione di prima mentre Skin si era girato sulla schiena. Dormiva profondamente, ogni volta che inspirava l'aria rantolava a causa del suo polmone.
Era buio, sicuramente erano passate le cinque di pomeriggio. Mi sentivo ancora stanca ed esausta nonostante avessi dormito per molto tempo.
Mi voltai mettendomi sulla schiena anche io e Skin sussultò nel sonno.
Poco dopo aprì gli occhi e li posò su di me girando la testa.
"Scusami, non sapevo tu avessi un sonno così leggero."
Sorrise e alzò la mano per toccarsi la testa.
"Stai meglio?"
Gli domandai allora. Rimase in silenzio per molto tempo.
"Credo di sì. Ne avevo bisogno."
Fu il mio turno di sorridere.
"Grazie."
Sussurrò allora in difficoltà. Non era abituato a ringraziare il prossimo.
Rimanemmo in silenzio per almeno dieci minuti, ognuno immerso nei suoi pensieri. Era bello essere vicini. Anche in quel momento, l'energia che sprigionavano i nostri corpi era curativa.
"Non eri obbligata a farlo. Non dopo ieri. Non dopo tutto."
Disse all'improvviso riportandomi alla realtà.
Sbuffai.
"Perché non la smetti di sentirti in colpa per ogni cosa? E di sentirti responsabile di ogni cosa? L'ho fatto anche io per una vita e sai che ti dico? Non immagini come mi sento meglio ora."
"Non è facile."
Mi interruppe lui facendomi scuotere la testa.
"Sì che lo è. Guarda, sei qui nel mio letto perché te l'ho chiesto io. Come sono stata io a ballare per te per provocarti e a baciarti la prima volta. Come puoi pensare di avermi portata a fare qualcosa che non voglio?"
Lo sentii agitarsi. Non voleva parlare di quanto successo.
"Voglio solo mettere in chiaro questa cosa. Non so cosa succederà nei prossimi giorni. Voglio che non ci penserai più a lungo che ora. Siamo due adulti che hanno deciso consenzientemente di toccarsi. Cosa ti ha spaventato così tanto?"
Rimase in silenzio. Non mi avrebbe mai rivelato quali erano i meccanismi che colpivano i suoi pensieri in quei momenti. Cosa gli ricordavano determinate situazioni, quali traumi aveva dovuto affrontare.
Sapevo del lavoro che svolgeva la madre ed ero sicuro che per lui era difficile pensare di approfittare di una donna in termini sessuali. Sicuramente il fatto che il nostro rapporto fosse non alla pari nei ruoli, nel momento in cui io ero un suo ostaggio, lo faceva vacillare.
Ma poteva starne certo che non ero il tipo di persona che si lascia influenzare dai potenti.
"Promettimi una cosa."
Gli chiesi allora voltandomi sul fianco.
Lo sentii vacillare al mio fianco.
"Promettimi che la smetterai di ragionare al mio posto, come se fossi una stupida."
Spalancò la bocca a quelle parole e si girò anche lui. Eravamo faccia a faccia.
"Io non ho mai pensato che tu fossi stupida!"
"Tu pensi che io non sia in grado di decidere da sola. Ti ho baciato perché sotto coercizione, abbiamo avuto un orgasmo perché in qualche modo tu mi hai obbligata, sto andando da Donati a causa tua.. Non ti rendi conto che siamo tutti artefici del nostro futuro e facciamo scelte autonome. Io sono una persona autonoma Skin. Non mi stai obbligando a fare nulla. Trattami con il rispetto che merito."
Allungai la mano e la posizionai accanto alla sua. Dopo qualche secondo lui allungò il dito toccando il mio.
"È che so che non dovrei sentire tutto questo. È sbagliato."
"È umano."
Risposi io sorridendogli.
"Siamo solo esseri umani."
Allungai la mano e gli accarezzai i capelli.
Stranamente si lasciò fare senza ritrarsi.
"Prendo degli anti depressivi. Ho degli attacchi di panico. Ieri ne ho avuto uno."
"Okay."
Risposi serena ma sorpresa da quella rivelazione.
"Voglio essere onesto con te."
"Ti ringrazio."
Chiuse gli occhi mentre continuavo a toccargli i capelli.
"Skin, il cinquanta percento della popolazione mondiale ha problemi di salute mentale. Quasi la totalità ha un periodo nella vita in cui rientra in una categoria patologica. Pochissimi acconsentono a farsi curare.
Con le vite che avete avuto voi, non mi sorprende per nulla che possiate avere dei demoni che vi inseguono. Dire di avere bisogno di sostegno non ti rende debole, ti rende più forte."
Anche lui allungò la mano per accarezzarmi il viso.
Il suo volto esprimeva gratitudine.
"Non ti giudicherò per questo."
Proseguii.
"Lo so."
Ed era onesto in questa sua affermazione.
"Siamo di nuovo in stato di tregua?"
Gli chiesi allora sorridendo e finalmente rispose al sorriso più rilassato.
"Siamo su delle cazzo di montagne russe."
E aveva ragione. Stare vicino a Skin significava proprio questo. Vivere l'adrenalina di una montagna russa, non sapere quando ti avrebbe portato in alto e quando ti avrebbe sbattuto in fondo.
Non c'era spazio per la noia.
"Spero solo di non trascinarti a fondo con me. Promettimi che non lo farai accadere."
Gli strinsi il mignolo con il mio.
"Te lo prometto."

SkinWhere stories live. Discover now