38. Skin

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Faceva male, ma da morire.
Faceva morire.
Un attimo prima stavo arrivando al paradiso, con un bagaglio colmo di errori e ingiustizie con me, ma finalmente mi sentivo di poter essere assolto.
L'istante dopo non arrivava più l'aria nei polmoni e vedevo lei urlare disperata.
Mi avevano tradito.
Fottuti bastardi!
Avevo dato tutto a quegli uomini. Avevo salvato il loro culo, le loro famiglie, dato loro protezione e soldi.
Mi ripagavano facendo le spie.
Lo sapevo dal primo colpo di pistola che qualcuno era diventato Giuda. Donati sapeva che ero alla festa a fare affari, se non mi avessero tradito non avrebbe mandato i suoi macellai al club.
Infatti, quando ero uscito all'esterno avevo trovato i corpi di tre dei miei accasciati a terra e altri due uomini della sicurezza che mi puntavano l'arma contro.
Erano poi arrivati i due scagnozzi di Donati e non avevano perso tempo facendomi capire con le mani quello che a parole non avevo inteso.
Erano lì ad uccidermi e lo sapevo. Se volevano farmi cambiare idea avrebbero scelto un'altra modalità.
L'unica mia apparente preoccupazione però era rivolta a quell'essere nascosto dietro al bancone.
A quella persona che era entrata a gamba tesa nella mia vita girando le regole e i sacri comandamenti.
Sconvolgendo ogni mio punto fermo e ogni mia abitudine.
Era riuscita a farmi perdere tutta la pazienza che avevo, a farmi preoccupare, sentire in colpa come mai nella vita.. Ma anche a farmi sentire umano.
Aveva riconnesso la mia anima al mio corpo e ora potevo morire bramando un paradiso, se solo lei fosse stata al sicuro.
Per quel motivo non mi ero ribellato.
Meglio una morte veloce e quasi indolore piuttosto che dare spettacolo.
Non era da me ma mi sentivo di doverlo a lei. Nessun dramma, nessun urlo, poco caos per non lasciarle impresso nella testa quei rumori per sempre.
Sorrisi all'ennesimo pugno pensando che mi ero preoccupato di tante persone nell'arco della vita, Sam, Billo, le ragazze del club.. Ma nessuno era come lei. Per lei avevo un istinto di protezione viscerale e questo era dettato anche dal fatto che fosse un'imprevedibile pazza.
Infatti, poteva mai starsene buona dietro al bancone?
Poteva farsi gli affari suoi e non rischiare l'osso del collo?
Ovviamente no.
E ora era lì, che scalciava come una forsennata mentre io non avevo nemmeno le forze di vomitare i miei polmoni che probabilmente si erano staccati dalla cassa toracica.
Vidi il suo sguardo posarsi nel mio per l'ennesima volta, per controllare se scorresse ancora linfa vitale dentro di me.
Aveva il viso deturpato dalla paura ed era piena di lividi.
Piangeva a dirotto, non perché due uomini la stavano strattonando e malmenando, perché pensava che io stessi morendo.
Sorrisi. Non sapeva con chi aveva a che fare.
Provai a girarmi lentamente su un fianco, mi facevano male anche le dita dei piedi. Probabilmente si era inceppato qualche impulso nervoso perché il mio corpo era ben poco collaborativo.
Dovevo accelerare la mia ripresa, prima che il terzo uomo scendesse al piano inferiore per unirsi al gruppo.
Anche se c'era una buona probabilità che se l'era data a gambe quando aveva capito che si era messa male.
"Stai ferma, bastarda!"
Un altro ceffone si posò indelicato sul viso di lei facendola quasi cadere a terra, gesto impossibile dato che uno dei due la teneva saldamente per le braccia girate dietro alla schiena.
"Ora ti facciamo vedere noi cosa succede a chi si permette di sfidarci. Vedrai come ti facciamo pentire del tuo scherzetto."
Sorrisi quando vidi la pistola lasciata per terra a pochi passi da me.
Mi credevano morti, gli stronzi. Non sapevano che quelli come me non morivano mai.
Allungai la mano, tesi ogni singolo muscolo del mio corpo finché riuscii ad afferrarla.
Pregai dentro di me fosse carica.
Presi la mira.
Dovevo stare attento, non dovevo rischiare di ferire Mela.
Quando mi resi conto di avere sotto tiro uno dei due, sparai beccandolo al centro della schiena.
Questo urlò di dolore accasciandosi a terra.
Mela spalancò la bocca guardando nella mia direzione.
Le sorrisi ma il sorriso mi morì sulle labbra all'istante quando il secondo uomo di Donati la spinse in avanti facendola cadere a terra e provò a darsela a gambe.
Sparai anche a lui e furono proprio le sue gambe quelle che colpii.
Un colpo solo, diritto all'obiettivo.
Lasciai cadere l'arma mentre le urla dei due uomini mi offuscavano i pensieri.
Allungai la mano verso Mela.
Non piangere così. Mi ammazza più di un colpo d'arma da fuoco.
Strisciò verso di me, inizialmente piano poi sempre più velocemente finché mi raggiunse.
"Sei ferito!"
Urlò mangiando le sue lacrime.
Scossi la testa.
Sollevai leggermente la maglia mostrandole il giubbotto anti proiettile che avevo indossato prima di uscire all'esterno. Ne avevamo diversi in vari punti del club, non si poteva mai sapere.
Mela fece un profondo sospiro di sollievo piangendo ancora più forte.
"Prendi la seconda arma. Guarda se hanno altro addosso."
Sussurrai tossendo e interrompendo il momento. Non avevamo il tempo per godere della felicità di essere entrambi vivi. Non potevamo abbassare la guardia.
Mela balzò in piedi e corse a prendere la sua pistola che le era caduta vicino all'entrata.
La puntò verso il primo uomo e si abbassò per toccargli le tasche. Fece lo stesso con il secondo che nel frattempo era probabilmente morto.
"Ho solo questa."
Mi disse tornando da me.
Provai ad alzarmi e lei mi aiutò a mettermi seduto.
"Stai fermo, Billo e Sam stanno arrivando."
Tesi le orecchie.
"C'è un terzo uomo.." Tossii senza riuscire a finire la frase.
Mela provò a trascinarmi indietro, verso il divano ma ero troppo pesante e non riuscivo più a stare sollevato con il tronco. Mi lasciai ricadere a terra.
"Va tutto bene.." Le sussurrai di nuovo scorgendo la preoccupazione formarle delle righe sulla fronte.
Scosse la testa con forza.
"Lo dici perché non puoi vederti!"
Scrutai il suo viso.
Aveva una guancia arrossata, il labbro spaccato in due e perdeva sangue da un sopracciglio.
Alzai un dito accarezzandole il mento.
"Senti chi parla."
Tirò su col naso e poi iniziò a trafficare con il giubbotto per aprirlo.
Mi toccò il fianco e poi il pettorale lasciandomi pieno di brividi.
"Hai una costola rotta. Forse più di una."
Il suo viso era ora analitico, il poliziotto che era in lei era tornato.
"Credo tu abbia un polmone bucato.."
Era probabile, mi sentivo esattamente così.
"Non penso. È solo la botta. Ti hanno mai sparato?"
Fece un cenno di assenso con la testa e io la guardai strabiliato.
Eravamo dalla parte opposta di due fazioni ma aveva dei vissuti simili.
Continuai a guardarla negli occhi cercando di ignorare il rumore che produceva quel maiale schifoso che cercava di strisciare via.
Gli avevo sparato nella gamba, coscia alta.
Nulla di così grave in realtà ma quello smidollato non riusciva nemmeno a svignarsela.
Dovevo usare tutto il mio auto controllo per non alzare la pistola e finirlo sul momento.
Lo facevo per lei e in cuore mio lo sapevo.
Stava cambiando ogni mia prospettiva e non avevo la minima idea di come stesse facendo.
La sua sola presenza mi faceva respirare meglio.
Tirò su col naso di nuovo e si toccò la testa.
Provai a tirarmi su di nuovo.
"Stai fermo. Stai giù."
Mi mise una mano sul petto facendo i sdraiare.
"Sei ferita anche tu."
Inaspettatamente, scoppiò in lacrime a quelle parole.
Lacrime vere, con tanto di singhiozzo e con il fiato strozzato in gola.
Mi sentii squarciare il petto.
"Che ti prende? Stai male?"
Le chiesi afferrandole il polso e spostandole la mano da davanti agli occhi.
"Pensavo tu fossi morto."
Mi confidò tra i singhiozzi.
Rimise la mano davanti agli occhi nel tentativo di calmarsi.
Le posai una mano sulla gamba.
"Sto bene."
Ridacchiò alle mie parole.
"Sto come uno al quale hanno sparato due colpi."
Le presi di nuovo il polso e le sorrisi quando mi guardò.
"Non devi preoccuparti per me. Penso io a tutto. Tu devi solo stare più tranquilla, nasconderti quando te lo dico e non metterti a rischio. Perché io posso farcela, me la so cavare. Però non ce la posso fare a vederti.. così."
Mi tornò in mente l'immagine di lei trattenuta da uno dei bastardi mentre l'altro la prendeva a ceffoni.
Questo era insopportabile.
"È da tanto tempo che nessuno si preoccupa per me. Forse da una vita intera, se tralascio i miei amici."
Le sorrisi sornione facendola sorridere di rimando.
I nostri occhi si incrociarono senza riuscire a staccarsi. Era bella, bella da togliere il fiato.
Rimase immobile continuando a fissarmi.
Come l'avrei baciata in quel momento.
Avrei avuto aria a sufficienza nei polmoni?
Purtroppo il nostro momento venne interrotto dal grugnire del bastardo che era riuscito ad alzarsi in piedi riportandomi alla realtà.
Si voltò a guardarci e poi iniziò a zoppicare verso l'uscita.
Afferrai la pistola e gliela puntai contro.
Osservai il viso di Mela prima di sparare.
Aveva chiuso gli occhi e si tappava le orecchie.
Non diceva nulla, ormai rassegnata alla persona che ero.
Quindi sparai senza mirare il codardo che comunque si buttò a terra spaventato.
Volevo dimostrarle che sbagliava, che potevo essere migliore di così.
Sembrò capirlo quando guardò verso l'uomo trovandolo ancora vivo.
All'improvviso la porta d'entrata si spalancò facendomi trasalire dalla paura.
"Skin!"
Non avevo abbastanza fiato per rispondere al mio amico ma Mela balzò in piedi correndogli incontro.

SkinWhere stories live. Discover now