12. Mela

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Li seguii come un condannato a morte segue il suo boia al patibolo.
Forse mi avrebbero piantato una pallottola in fronte.
Per fortuna, non lasciavo soli dei figli o dei genitori bisognosi.
Ero sola. E forse, quell'esperienza mi faceva rendere conto di quanta solitudine effettiva avevo nella vita.
Tanti successi lavorativi ma non un cane che mi cercava nel momento del bisogno, quando ero stata rapita.
Fanculo.
Avrebbero scritto un bell'articolo di giornale per me? Buch avrebbe portato dei fiori sulla mia tomba?
Alla fine, mi importava davvero? Avevo sempre fatto la mi parte. Avevo studiato, lavorato sodo e rispettato il prossimo.
Ero perspicace, intelligente..
Mi ero ficcata in quella situazione di merda, ecco, forse in quel momento non avevo toccato le corde più alte del mio potenziale cognitivo.
Ma un briciolo di rispetto lo meritavo. Avrei chiesto di morire giustiziata. Volevo guardarli negli occhi mentre mi sparano così avrebbero sognato il mio cervello che si spappolava per il resto dei loro giorni.
Sempre se provassero un briciolo di rimorso per le loro azioni.
"Andiamo in ufficio."
Fu Sam a parlare. Si voltò per accertarsi che li stesso seguendo.
Il mi sguardo continuava a guardare le loro gambe che si muovevano su per le scale fasciate nei jeans stretti. Era l'unico modo per restare lucida.
Skin aprì la porta e mi fece entrare.
Andai a sedermi vicino alla sua scrivania per impedire al mio corpo che non seguiva i miei comandi, di farmi svenire da un momento all'altro.
Entrarono e chiusero la porta alle loro spalle sistemandosi accanto a me.
Skin si sedette nella sedia in faccia alla mia, Sam restò in piedi continuando a giocare con l'accendino che aveva in mano.
"Come sono andati questi giorni?" Chiese a sorpresa Skin.
Una merda, grazie.
"Bene." Risposi con un sussulto.
"Ti sei comportata bene?" Chiese allora Sam.
Col cazzo.
Feci un segno di assenso con la testa.
"Mi dispiace." Tuonai io all'improvviso.
Skin alzò gli occhi verso di me.
"Non avevo il diritto di dirti quelle cose. Sono stata cattiva."
Skin si voltò ad osservare Sam senza rispondermi.
Sussultai. Non era importante, avevo solo bisogno di dirlo perché lo pensavo realmente.
Non volevo morire pensando di aver procurato del male. Volevo lasciare il mondo come una brava persona.
"Ho pensato a lungo in questi giorni. Devi capire Mela che io non proteggo solo me stesso. Le ragazze, Sam, Billo.. Che ne sarebbe di loro se saltasse la mia copertura? So che pensi che io sia un mostro ma in realtà, ho a cuore queste persone. Lo capisci?"
Feci un segno di assenso con la testa.
"Dove lo farete?" Chiesi con un moto di coraggio.
I due si osservarono perplessi.
"Dove mi sparerete? Qui in ufficio? Perché voglio morire per un colpo di pistola. Non voglio soffrire e non lo merito. Una cosa veloce e indolore. Credo di meritarlo!"
L'uomo di fronte a me sbuffò mentre la mia voce si spezzava alla fine della frase.
"Tu parli troppo e ragioni poco. Come sei diventata detective?"
Non era il momento di litigare. Era meglio stare zitti. Mi trattenni a stento osservando lo zombie che teneva in mano un palloncino tatuato sul polso della mano destra di Skin. Era un tatuaggio bizzarro, faceva contrasto con i tatuaggi dell'altra mano.
"Non ti uccideremo."
Tirai un sospiro di sollievo.
"Ma.."
Ecco, ci siamo. Il mio destino non è più tra le mie mani ma mi scivola via come sabbia.
Le parole che pronunciò Sam di seguito mi uccisero dentro.
"Parti questa sera. Jet privato verso il Messico. Non possiamo dirti la destinazione. Siamo stati sul posto in questi giorni e abbiamo preso accordi. Starai dai nostri collaboratori. Nonostante i tuoi pregiudizi, sono brave persone. Non gli farai perdere la pazienza. In quel caso finirai davvero dentro un fosso. Forse non è la vita che ti aspettavi, ma almeno sarai in vita. Ti tratteranno bene, ce ne siamo accertati. Non sanno che sei una detective, se glielo dici sono cazzi tuoi. Credono tu sia la figlia di un nostro nemico. Potrai vivere. Anche vivere bene se farai la brava. Sempre meglio di una bara. Ci ringrazierai tra dieci anni."
Li guardia sconcertata.
Il mio cervello aveva smesso di funzionare.
Messico? Delinquenti come loro? Nuova vita? Fra dieci anni?
Scoppiai in lacrime, senza più difese.
Poteva andare peggio di così?
Si, poteva.
In Messico, in mezzo ai narcotrafficanti, sola, abbandonata, donna..
"Non farmi questo." Provai a chiedere scossa dalle lacrime.
Skin aprì la bocca per dire qualcosa ma Sam si mosse velocemente e gli mise le mani sulle spalle.
Il suo sguardo tornò duro.
"Mi dispiace. Hai avuto una possibilità ma non ha funzionato. Troppo pericoloso. Starai bene. Devi solo cercare di stare tranquilla. Stai zitta qualche volta insomma.."
Avevo perso ogni difesa, ogni senso di vergogna.
Mi inginocchiai di fronte a lui e gli presi le mani.
"Smettila!" Mi intimò Sam.
"Non farmi questo. Ti prego, non farlo."
Skin scosse la testa.
Merda.
"Ti prego.." continuai con quella cantilena.
"Posso essere meglio di così. Dammi l'occasione!"
Scosse la testa.
"Allora uccidimi!"
"Non mi sporco le mani così. Prendi le cose che ti abbiamo regalato, prepara le valigie e vattene. Nessuno minaccia la mia famiglia, mai. Non posso permetterlo. Non ce l'ho con te, sei in gamba ma la vita ci ha messi contro. Non dovevi cercarmi Mela. Dovevi lasciarmi perdere."
Staccò le mani con forza e balzò in piedi.
Io caddi in avanti finendo a terra, senza più vergogna.
"È meglio di quello che pensi. Stai tranquilla."
Mi strinsi le braccia al petto e scoppiai in un pianto disperato.
Come avevo fatto a finire in quella situazione? Come poteva essere vero?
Che ne sarebbe stato di me?
E poi si spense tutto. Non sentivo più i rumori, non sentivo più emozioni, non sentivo più niente.
Ero già morta dentro mentre andavo incontro al mio destino.
Era finita.

SkinWhere stories live. Discover now