Capitolo 52 - Migliore versione di me -

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<<Tu davvero credi>> la voce di Hope si intromette nella conversazione, avanza decisa verso di me, un luccichio le brilla negli occhi. Si mostra spavalda, ma sopratutto, arrabbiata.
<<Di poter ricomparire dopo due mesi e iniziare a dettare ordini, come se niente fosse!>> continua mentre è a pochi centimetri dal mio corpo.
Non rispondo, perché non so cosa dire. Un leggero senso di colpa mi attanaglia all'altezza del petto.
Cosa sono? Sentimenti?
Non adesso
<<Perché vuoi aiutarci? Perché vuoi salvare la città?>> sono di nuovo senza parole perché la risposta non so darmela nemmeno io. Vorrei urlagli tutta la verità, tutti i miei dubbi, ma per qualche ragione, qualcosa mi frena. Mi spintona con un braccio, sulla mia spalla destra.
<<Combatti contro di me, ti piace tanto combattere!>>
Mi spintona di nuovo. Succede tutto così velocemente.
<<Combatti!>>
Appoggia le mani sul mio petto e mi spinge contro uno dei pilastri. Le ferite sulla schiena si riaprono, le sento bruciare. Mugugno per il dolore.
<<Combatti contro di me!>>
Non proferisco parola, mi concentro nell'osservarla. La sua presa si allenta, il suo sguardo é perso. Sembra che si stia rendendo conto di aver superato il limite, e probabilmente si è resa conto che mi ha fatto male davvero.
Hayley si avvicina e si mette tra noi.
<<Calmiamoci adesso>> dice guardando la figlia. Si gira verso di me.
<<Tu va a farti una doccia mentre noi escogitiamo qualcosa>>
Ora sono loro che mi danno ordini.
Le guardo assertive prima di salire in velocità verso la mia vecchia camera. Non so se è mai stata mia effettivamente. Chiudo la porta e lascio uscire l'aria. La stavo trattenendo fino a quel momento.
Non adesso, non devo pensarci adesso.
Lei ti odia
Va bene. Va bene così.
Vado verso il bagno della stanza. Qualcuno bussa alla porta.
<<Sono io>> la voce di Alan mi appare calda e familiare. Chiudo gli occhi e cerco di controllarmi.
<<Avanti>>
Si palesa nella stanza, chiudendosi la porta dietro di se. Io mi giro lentamente verso di lui con tutto il corpo.
<<Ti serve aiuto?>> il mio cuore accelera. Non voglio aiuto adesso, potrei urlare e piangere e non riuscire più a smettere.
<<Ho bisogno di alcool>>
<<Vaffanculo Alexandra!>> sbotta senza preavviso. Sorrido, volevo arrivare a questo.
<<Perché sei venuto?>> chiedo
Non risponde, si guarda intorno, poi abbassa la testa, è teso, non sa cosa rispondere.
Deve andare via.
<<Attendo risposta>>
<<Mi pare che tu sei la prima che non risponde alle domande>>
Cazzo! Deve andarsene!
<<Non ti ricordavo così faccia di culo>>
<<Io ti ricordavo stronza e stronza sei rimasta>> è istantanea la sua risposta. Capisco che la butta di getto.
Mi avvicino lentamente a lui, che non indietreggia.
<<Tu amavi una versione di me che non esisterà mai per lungo tempo, lo sai?>> dico come se fosse un segreto bisbigliato.
<<Io amo ogni versione di te>> afferma convinto.
<<Non mentire a te stesso>>
<<Sai che non riesco a farlo>>
<<Peccato che io non ti ami>>
Il suo sguardo è trucido, di fiamma. Mi giro e mi allontano da lui. Non lo guardo negli occhi, cammino a passi lenti ma decisi.
Lontano da lui.
Stringo i denti e mi giro di scatto.
<<Ops>> rido. Il suo sguardo sembra perso ora.
<<Non sei tu questa>>
<<Hai detto che ami ogni versione di me, questa è la parte migliore!>>
<<Non è vero>>
<<Non mentire>>
<<Non mi arrendo>>
<<Non ti arrendi?>> alzo le braccia e sbatto involontariamente le mani ai lati delle gambe.
<<No>>
<<Dovrai farlo, perché adesso la prima cosa importante da fare è salvare New Orleans>>
<<La seconda cosa è che tu esca da questa stanza>>
<<Non mi arrendo Alexandra!>>
<<Dovrai farlo!>> sento la magia nera che cerca di uscire. Stringo i pugni.
<<No>>
<<Sono un mostro!>>
<<Non tutti i mostri fanno cose cattive!>>
Sento un leggero venticello nell'aria.
<<Va' via!>>
Alan si avvicina velocemente.
<<No!>> siamo a pochi centimetri. Riesco a sentire il calore del suo corpo.
Il venticello si calma.
<<Non ti ho mai voluto bene, eri solo utile per la mia sopravvivenza>> dico guardandolo dritto negli occhi.
<<Questa versione di te non la amo affatto>>
<<Il naso si sta finalmente accorciando>> dico sarcasticamente. Quel sorrisetto che tanto mi caratterizza non riesco a farmelo togliere dal viso.
Non ho neanche il tempo di realizzare quello che è successo, che la porta si chiude dietro la sua possente schiena.
Sento le lacrime cercare di risalire.
No.
Chiudo gli occhi e ripenso a Hope che mi spintona.
Loro ti odiano.
Meglio fare una doccia.
In vasca, cerco di pulire le ferite dietro la schiena quasi guarite del tutto. Quando mi guardo allo specchio, le ferite sulla schiena sono ancora più evidenziate di prima. Le osservo per qualche secondo e mi viene in mente come godeva Marcus ai miei grugniti di dolore quando mi frustava e a quando mi frustava di nuovo perché dovevo far sentire forte e chiaro il mio dolore.
Non ha mai capito che se lui è psicopatico, io posso essere più psicopatica di lui. Avrò la mia vendetta, e dovrà essere veloce, perché io sono una signora. Gli inferi penseranno a lui.
Mi vesto con dei vestiti che trovo nell'armadio e scendo verso il salotto.
Adesso l'importante è salvare New Orleans, tutto il resto, è secondario, oppure lo scartiamo proprio, senza giri di parole.
Scendo ed entro nella stanza, Freya è dietro un tavolo, affiancata da Hope e Klaus. Tutti gli altri accerchiano la stanza.
<<Qual è il grande piano?>> chiedo incrociando le braccia.
<<Abbiamo localizzato il calore delle bombe nella città>>
Con un orecchio sento la risposta di Freya, con l'altro mi concentro su altro.
<<Dobbiamo solo disattivarle quindi?>> chiede Caroline. Non c'era prima.
C'è qualcosa che non va qui. Qualcosa è fuori dall' ordinario.
<<Si>> afferma Klaus.
<<Ci dividiamo, sono 9 bombe sparse per la città>> continua Freya.
<<Hope, Hayley, Klaus e Caroline le 4 a nord>>
<<Rebekah e Elijah le 4 a sud>>
<<Io, Marcel e Alexandra nell'unica che si trova proprio nel centro della città>> continua Freya.
<<Mettetevi questi auricolari nell'orecchio, io e Anthony da qui vi diremo come disattivarle>> dice aprendo una piccola scatola piena di auricolari.
Anthony si siede al lato del tavolo e apre un computer. Inizia a digitare qualcosa.
<<Andiamo allora>> afferma carica Caroline.
<<Aspettate>> dico con tutta la calma del mondo. Ho tutti gli occhi addosso.
<<Abbiamo un ospite indesiderato>>
Mi giro verso dietro e la prendo per il colletto. Stava attaccata al muro, in modalità invisibile.
Esce allo scoperto, sotto lo sgomento di tutti, quando la sbatto contro uno dei pilastri.
<<Cugina Amelia! Quanto tempo!>> il sarcasmo è più forte di me.
Il tratto degli occhi simile a mia madre la rende unica e parte della mia famiglia.
<<Alexandra...è un piacere rivederti>>
<<Non potrei dire lo stesso>>
<<Andiamo non fare la cattivona!>>
La prendo e la sbatto di nuovo contro il muro.
<<Non perdiamoci in chiacchiere, dimmi una buona ragione per cui non dovrei ucciderti proprio ora>>
<<Perché faccio parte della tua famiglia?!>>
<<La famiglia non è per forza di sangue!>> affermo convinta.
<<Puoi lasciarmi per favore?>> tossisce.
<<Non mi fido di te>>
<<Andiamo ci sarà un motivo se sono qui>>
<<Perché hai un grande desiderio di morire>>
<<Perché non ti fidi di me?>>
<<Aspetta, pensiamoci bene...perché forse hai cercato di uccidermi all'età di 15 anni?>>
<<Ma sono vecchie dispute...>>
<<Perché sapevi che il nonno mi picchiava ma non hai fatto niente forse? Non lo so...>> faccio finta di pensare.
<<Proprio di lui ti voglio parlare>>
Mi fermo, mi aspettavo di tutto, ma non questa affermazione.
<<Esplosione, sangue, piccoli pezzi di cervello per tutto il salone, finito>>
<<Lui è vivo>> afferma decisa.
<<Non dire cazzate>>
<<Te lo giuro! Una strega bionda, credo si chiami Esme...Esme, Estel, Emel...>>
<<Esther?>> chiede Hope. Amalia si gira verso di lei.
<<Si! Si! Esatto, l'ha fatto reincarnare due mesi fa>>
<<Perché lo sai?>>
<<Perché l'ho sentito quando è successo e quando sono andata a controllare...è vivo e vegeto>>
<<Ho una foto, mi lasci per favore così posso farti vedere la foto?>> titubante, la lascio. Prende il telefono dalla tasca posteriore e inizia a cercare. I suoi capelli sono corti all'altezza del collo, il suo odore è un misto di terra e legno.
<<Ecco, guarda!>> mi porge il telefono.
La foto è fatta da fuori. Si vede una secca e lunga vetrata, la casa è di legno. Dentro la vetrata si vede il suo profilo. Il viso che mi ha reso la vita un inferno. Dietro di lui c'è un corridoio, affianco al corridoio una parete viene ripresa nella foto, su questa parete c'è appeso un quadro con un paesaggio. È un dipinto paesaggistico, riprende la foresta e una casa. La vecchia casa del nonno. Conosco quel posto, ma sopratutto, conosco quel quadro. L'ha regalato Amelia a mio nonno quando ero imprigionata, ne andava così fiera di quel quadro stupido... poi ricordo che quel quadro era in quella casa quando ho ucciso il nonno, ricordo di averlo maledetto. Quindi significa che qualcuno l'ha preso. Il suo odore di terra e legno...lasciano pensare.
La guardo negli occhi mentre spappolo il telefono in mille pezzi. La sua espressione è sorpresa, la sua bocca forma una O perfetta.
<<Tu davvero pensi di potermi fottere?>>
<<Perché l'hai fatto?>> chiede Amelia.
<<Perché sei venuta ad avvisarmi?>> abbassa la testa, guardando il telefono a terra. Poi di scatto alza lo sguardo e sorride maligna, conosco bene quel sorriso.
<<Per questo>>
<<Pietrificus Totalus!>> Amelia alza il braccio. Sono immobile, non riesco a muovermi, non sento nessun movimento, sono tutti immobilizzati, cazzo!
Sento che riesco a muovere gli occhi.
Guardo Amelia. Mi ha fottuto!
<<Il nonno sarà felice di vederti>> vedo il suo sguardo arcigno, prima che veda tutto buio.

Alexandra Mikaelson - the eldest child - Où les histoires vivent. Découvrez maintenant