Capitolo 36 - Tu sei il problema -

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Mi avvicino verso Alan. Dalla sua spalla esce sangue a fiumi. Rosso e nero. I proiettili sono avvelenati. Mi siedo sulle ginocchia accanto a lui. Un nodo stretto si fa strada dentro la mia gola e mi sembra quasi di non riuscire a respirare più.
<<Ci penso io>> dico, intenta a fare una magia per far fuori uscire il veleno. Sento il battito della mia famiglia che ci raggiunge poco dopo. Dopo vari tentativi, non mi arrendo. Estraggo il veleno.
<<Dammi la cintura>> ordino ad Anthony di fronte a me. Se la slaccia e me la passa. Fermo il sangue mettendo la cintura tra la spalle e l'ascella più stretta che posso.
<<Sto bene>>
<<Al momento no, ma si, starai bene>> dice Anthony, rassicurandolo.
<<Non abbiamo un attimo di pace>> afferma Kol improvvisamente.
<<Fratello abbiamo tanti altri nemici da sconfiggere>> dice Rebekah.
<<Non possiamo farcela da soli>> affermo.
<<Noi siamo originali, abbiamo sconfitto da soli molti più nemici di quanto pensi>> dice Freya.
<<Intendo che possiamo farcela, ma a stento, a botta di culo>> dico guardandola.
<<Ripeto quello che ha detto la mia cara sorellona, noi siamo originali>> risponde Kol.
<<E solo perché siamo i più forti dell'universo vuol dire che vinceremo, senza un piano ma solo con la forza?>> rispondo io di getto.
<<Elaboreremo e effettueremo un piano>> risponde Elijah.
<<Quando lo elaboreremo esattamente? Perché c'è gente che cerca di ucciderci un giorno si e uno no>> dico.
<<Se proprio vogliamo dirlo, cercando di uccidere te>> dice Marcel. Sento il sangue salire al cervello.
<<Che c'è? Adesso vuoi essere anche tu la mia coscienza?>>
<<Abbiamo bisogno di alcuni giorni, di pausa e di riposo>> interrompe Anthony il litigio mai iniziato del tutto.
<<Per caso qualcuno ha detto Anthony?>>
<<Sentimi bene Marcellus>> dico alzandomi. Lui si alza seguendo il mio sguardo in ogni secondo. Ha quella faccia da 'sono il re di New Orleans' che tanto odio. Lo prendo per il colletto.
<<Hai visto cosa sono capace di fare, non sfidarmi>> dico mostrando i miei occhi da ibrido. Qualcuno si mette in mezzo a noi e ci spintona lontani.
<<Ora basta!>> urla Klaus, con una mano alzata verso me e una verso Marcel.
<<Tu vedi di darti una calmata>> dice verso Marcel.
<<E anche tu>> dice verso di me stavolta. Ho una faccia impassibile, priva di emozioni.
Abbassa le braccia.
<<Anthony ha ragione>> continua.
<<Dove andiamo?>> chiede Rebekah.
<<Andiamo a casa>> afferma Anthony con convinzione, guardandomi. Annuisco.

Dopo qualche ora, e qualche battibecco con Marcel, ci ritroviamo a Nashville, nel bosco. Scendo dall'auto dal posto passeggeri. Siamo di fronte a casa mia. Avanzo con Anthony e Alan verso la casa. Mi giro verso gli altri.
<<Benvenuti nel Woods>> si guardano intorno curiosi. Chissà cosa staranno pensando. Stanno guardando dietro di noi e non faccio in tempo a chiedere il perché che sento una voca roca e maschile, fin troppo anche per un uomo sulla cinquantina. Una voce familiare, che mi riscalda un po' il cuore di gioia.
<<Non si saluta il proprio vecchio?>> domanda John. Ci giriamo e Alan corre subito ad abbracciarlo, urlando <<Papà!>>
<<Il mio figlio prodigio>> dice abbracciandolo. Io e Anthony sorridiamo e ci guardiamo a vicenda. Si stacca dall'abbraccio e John ci viene incontro.
<<I miei figliocci preferiti!>> urla abbracciandoci e prendendoci con i suoi forti muscoli da Alpha. Ci fa fare una giravolta, un gesto dolce che forse mi serviva. Sorrido e ci stacchiamo.
<<Siete delle vere merde, lo sapete?>> dice John.
<<Siete andati a New Orleans senza nemmeno avvisare con una chiamata ma solo con uno stupido e inutile messaggio>> continua.
<<Voi>> dice indicando Anthony e suo figlio.
<<Stiamo raggiungendo Alexandra non preoccuparti per noi staremo bene e tu>> dice, poi, indicando me.
<<Vado a New Orleans, solo 'Vado a New Orleans' ! Lo sai quanto mi hai fatto preoccupare?>>
<<Era per una buona ragione>> dico indicando con la testa mio padre e la mia famiglia.
<<Oh mio dio>> dice avvicinandosi a loro.
<<La famiglia originale>> realizza. Mio padre lo guarda soddisfatto e compiaciuto. Che problema ha? Non sarà mica geloso?
John si gira verso di me.
<<Lo sai>> dice affermando più che chiedendo.
<<Immaginavo che lo sapessi, ma ora non importa>>
<<Senti->> cerca di dire ma lo interrompo subito alzando una mano in segno di stop.
<<Ho detto che è una questione chiusa, ne ho già discusso con Alan e Anthony>>
John sospira.
<<Scusa>> dice, continuando.
<<Va bene>> dico.
<<Abbiamo bisogno del vostro aiuto>> continuo.
<<Non fare la melodrammatica>> dice Kol. Davvero è così difficile ammettere di aver bisogno di un aiuto? Penso di si, perché il cuore mi batte a tre mila all'ora nonostante John sia la mia figura paterna da anni.
<<Cosa succede?>> chiede John.
<<Un solo nome, infiniti problemi>> dice Anthony.
<<Marcus>> dice Alan tra i denti. Sta serrando la mascella. Il volto di John cambia e si tramuta in rabbia pura.
<<Lo ucciderò con le mie mani quel poppante>>
Al termine 'poppante' mi fermo.
<<Chi è che dice ancora poppante?>> chiede Alan.
<<Tuo padre>> rispondo.
<<Siete incorreggibili>> continua John.
<<Dice anche incorreggibili>> continuo io. John conclude questa presa in giro, avvicinandosi a Klaus. Gli porge una mano.
<<Sono John Richardson>>
<<Mi ricordo di te, l'amico per la pelle di Gloria>> dice Klaus, mettendo le braccia dietro la schiena. John si arrende e lascia scivolare la sua mano sul fianco. Mi sporgo di lato per vedere la sua faccia. Soddisfatta, ma di cosa? Lo guardo come a dire 'andiamo sii gentile!' e lui recepisce il messaggio molto chiaramente.
<<Come sta il branco?>> chiedo con un tono che definirei quasi gentile.
<<Sta bene, grazie>>
<<Volete vedere dove ho vissuto per gli ultimi venti anni?>> chiedo e in automatico mi seguono tutti i Mikaelson. La porta di legno scuro sembra accogliermi a casa. Appena apro la porta, una grossa quantità di polvere si innalza, segno della mia assenza. Mi guardo intorno ed è tutto come prima. La libreria alta quanto una parete alla mia destra ospita tutti quei libri che io adoro. Mi avvicino al tavolo sulla mia sinistra. Appoggio la felpa che avevo in mano sulla sedia. La pianta di Orchidee, una volta alte e maestose, adesso sono afflosciate, stanche della vita, senza che nessuno si prenda cura di loro. Quanto vi capisco.
<<Ci vuole pazienza per mantenere salda una casa del genere>> dice Rebekah, guardandosi intorno.
<<Virtù che tu non hai>> risponde Marcel di getto, alla constatazione di Rebekah.
<<Quanto avete ragione>> dico. Mi accovaccio verso il forno. La pizza ordinata più di un mese fa mi sorride e mi insulta per averla lasciata lì per così tanto tempo.
<<Sto sognando o mi hai appena dato ragione?>> chiede Marcel. Con l'incantesimo incendia le rimanenze della pizza si sgretolano. Lo apro e con le mani raccolgo le briciole e le butto nel cestino sotto il lavandino.
<<Anche a me se per questo>> dice Rebekah.
<<Facciamo una cosa>> dico raccogliendo l'attenzione di tutti.
<<Chiamerò John che vi farà fare un giro turistico>> dico con un tono di leggero sarcasmo. John per il suo branco ha creato un vero e proprio campo. Palestra, mensa, punto di ritrovo: tutto all'aperto.
<<Intanto io darò una sistemata a questa casa e vi preparo i posti letto>>
<<Dormiremo in questa topaia?>> chiede Marcel rivolgendosi agli altri ma non a me.
<<Purtroppo Marcel non dispongo di grande denaro come tutti voi, ok? Quindi mi dispiace molto deludere le tue aspettative>> prendo il telefono e chiamo John sotto gli occhi indagatore di tutti. Gli spiego la situazione e lui mi accontenta come sempre.
<<Ci sono due camere con due letti matrimoniali e un divano letto matrimoniale>> dico appena attacco.
<<Ne rimane uno fuori>> dice Elijah.
<<Io andrò da John>> John si presenta alla porta.
<<Allora Mikaelson, andiamo?>> chiede con un entusiasmo che viene subito smorzato da Kol.
<<Mikaelson? Che cosa siamo? Tuoi amici?>>
<<Vi prego! Basta!>> urlo.
<<Basta cosa?>> chiede urlando Marcel di rimando.
<<Basta litigare! Vi prego!>>
<<Sai qual è il problema? Cara Alexandra>>
<<Marcel andiamo>> dice Klaus cercando di incoraggiarlo a finire la discussione.
<<Tu sei il problema>> continua Marcel. Stringo i pugni senza volerlo.
<<Marcel!>> urla Elijah.
<<No Elijah! Siamo stati per otto anni in pace, otto anni, senza che nessuno cercasse di ucciderci>> dice verso di lui.
<<Da quando è arrivata questa mocciosella>> dice indicandomi.
<<Va tutto storto!>>
<<Hai ragione!>> scoppio a piangere. Non ce la faccio più. Sento il mio corpo teso come un violino.
<<Mi dispiace>> dico tra le lacrime.
<<Mi dispiace, ok? Sono un casino vivente e non dovrei nemmeno esistere!>>
<<Non dire così>> sussurra Klaus.
<<Non ce la faccio più papà>> dico senza neanche pensarci. Prendo la felpa e esco di casa, mi fermo davanti a John.
<<Pensa tu a loro per stanotte>>
John annuisce. Corro verso gli alberi che sono intrecciati tra di loro con i loro rami. Ho il presentimento che sarà una lunga notte.

Alexandra Mikaelson - the eldest childDove le storie prendono vita. Scoprilo ora