CAPITOLO 39

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Pov Caleb:

Non potevo dire di non essere stato sorpreso nel constatare che fosse arrivata così vicina alla verità che io avevo cercato per anni; non avevo mai dubitato delle sue capacità, ma non avevo mai pensato potesse scoprire una cosa che era stata tenuta così accuratamente nascosta.

Dovevo stare attento o chissà cos'altro avrebbe potuto scoprire...

Lei invece con i suoi capelli scompigliati, i miei vestiti enormi addosso e con una determinazione che avevo visto poche volte, stava risolvendo quel intricato rompicapo mentre le cucivo una ferita dannatamente dolorosa.

La sua ultima affermazione mi aveva fatto riflettere. Lei era brava, intelligente e scaltra come poche, non avevo dubbi sul fatto che prima o poi avrebbe scoperto la verità.

Avrebbe sofferto? Sì, molto probabilmente sì, ma contavo sul fatto che sarebbe stata abbastanza forte per superarlo.

Mai come in quel momento non potevo dubitare della mia scelta!

"Dai siediti!" Mi ordinò lei, "tocca a me ricucirti!" Sembrava non veder l'ora di infilare l'ago nella mia pelle e prendersi quella sua piccola rivincita.

Mi tolsi la maglietta, dimenticando per un'istante quello che avrebbe visto: tutti quei segni, quelle cicatrici che mi portavo dietro da anni e che erano contornate da dei tatuaggi che, inizialmente avevo odiato, ma di cui pian piano avevo compreso l'importanza.

Lei le vide. Vide tutti quei segni bianchi che mi attraversavano la schiena, con gli occhi percorse la cicatrice che correva giù dal mio collo per poi proseguire fino al lato sinistro del petto, del mio cuore.

Non disse nulla però. Avevo temuto che sfruttasse quel < gioco> che stavamo facendo per chiedermi qualcosa a riguardo, invece, tenne per sé tutti i commenti, tutte le domande e tutte le ipotesi che sapevo benissimo stesse facendo.

Infondo aveva già visto che bel posto fosse stato il <The Children>!

"La prossima domanda è la mia..." le dissi passando oltre a quella questione, "che cosa è successo esattamente la sera al parco e stasera a casa del Conte?"

Vidi la sua mano tremare per un millesimo di secondo, prima di poggiarsi fredda come un ghiacciolo sulla mia pelle e iniziare a cucire lentamente, come se stesse rattoppando un vecchio calzino.

"Quella sera al parco è stata la prima volta che i miei poteri si manifestavano e di conseguenza è stato un po' un disastro; sono andata in Alaska proprio per imparare a gestirli e a evitare di combinare altri casini. Stasera ho semplicemente dato il meglio di me, ho forzato un po' la mano..."

Era stata superficiale nella descrizione, c'era qualcosa che aveva omesso, anche perché le sue capacità andavano ben oltre i semplici poteri di una Lancaster dell'Acqua e di questo ne ero sicuro.

"Quindi mi stai dicendo, fiocco di neve, che sei più forte di quello che tutti noi pensiamo?"

Alzò i suoi occhi dalla mia pelle e solo in quel momento mi accorsi di quanto fossimo vicini e di come il suo profumo di cocco - era quello l'odore di Riley - si fosse mischiato divinamente con il mio.

"Dovresti saperlo benissimo visto che quella sera al parco c'eri anche tu, Cal..." era l'unica che osava pronunciare il mio nome e l'unica che lo faceva in quel modo.

"Si, mi ricordo molto bene il casino che hai combinato quella sera..."

Era inginocchiata nella neve e tremava, tremava per il freddo e per la paura, sembrava un fiocco di neve in una distesa di ghiaccio.

Siamo ACQUA e FUOCOWhere stories live. Discover now