CAPITOLO 13

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La mattina seguente Kora non era ancora tornata, così mi vestii e andai a lavoro.

Anche lì non fu facile: non riuscivo a concentrarmi, né a tenere la mente sui numeri. Così mollai tutto e andai a dare una mano a Isabel e Francis al bancone. I ragazzi stavano pulendo il locale: Isabel lavava il pavimento e Francis asciugava i bicchieri.

"Ragazzi come posso aiutarvi? Oggi non riesco proprio a concentrarmi."

"Riley che non riesce a concentrarsi sui numeri, sta succedendo davvero?" Ironizzò Francis.

"Che c'è amica mia, hai un ragazzo in testa, che occupa i tuoi pensieri?" Continuò a provocarmi Isabel.

A quelle parole mi vennero in mente due occhi antracite e un senso di rabbia mi sorse nel petto. Ero già incazzata con Kora e con mia madre, ricordarmi la spavalderia e l'arroganza di quel tipo mi fece avvampare.
Avevo incontrato qualcuno molto brillante, perché non potevo nascondere che fosse un tipo intelligente, ma sembrava essere talmente insolente, insolente non con le sue parole o con le sue espressioni, ma con i suoi sguardi. Mi aveva guardata, quasi deridendomi per essere caduta nella sua trappola con quell'aria da superiore che pareva utilizzare solo nei miei confronti.

"A quanto pare c'è veramente un ragazzo nei tuoi pensieri?!" Isabel lasciò cadere lo spazzolone per terra e mi si avvicinò.

Eliminai l'immagine di Caleb dalla mia mente e mi affrettai a negare: "Mi dispiace deluderti Isi, ma non c'è nessun ragazzo." Presi la busta della spazzatura e mi affrettai, per evitare altre domande, a portarla fuori nel vicolo alle spalle del pub.

Lasciai cadere la busta nella pattumiera e mi appoggiai al muro, feci respiri profondi e cercai di acquietare quel senso di ansia che mi stava attanagliando. All'improvviso sentii uno strano rumore provenire dalla fine del vicolo.

"Chi c'è lì?" Alzai il tono di voce, sperando che chiunque si nascondesse lì, non fosse nessuno dei miei nuovi <<amici>>.

"Sono io, scusa non volevo spaventarti." Disse Oliver, uscendo da quella zona d'ombra in cui si trovava con le mani in alto.

"Cosa diavolo ci fai qui, nascosto lì dietro per giunta?"

"Io... ero venuto qui solo per vedere come stavi."

"Scusa come cavolo dovrei stare dopo che mi hai fatto prendere un infarto?!"

Mi pentii immediatamente di quel tono troppo duro e cercai di rimediare. "Dimmi che ci fai qui."

"Ieri sera Kora è venuta da noi, dicendo di aver litigato con te ed è rimasta a dormire, quindi volevo sapere come stessi tu." Speravo che Kora avesse almeno tenuto la bocca chiusa e non avesse raccontato i nostri problemi.

"E' stato solo un banale litigio, quando si sta insieme h24 è facile perdere la calma."

Non sembrava avesse creduto molto alle mie parole, lo vidi però annuire: "Casa nostra è sempre aperta per te, quando vorrai venire da noi, puoi farlo senza problemi."

Risi e mi appoggiai al muro, non riuscivo a capire le sue parole: era proprio ingenuo o estremamente scaltro.

"Perché ridi?"

"Niente, solo non riesco a capire perché sembri così interessato a me: ti sei preso la briga di venire fin qui a chiedermi come sto, ad invitarvi a casa tua quando ci conosciamo da quando? Una settimana?" Dissi riflettendo sul fatto che per lui fossi una perfetta sconosciuta. "Insomma per te sono una sconosciuta, perché ti importa così tanto di me?"

Lui sospirò e si poggiò sul muro accanto a me, si sistemò il ciuffo e rivolse il suo sguardo al cielo: "O Riley, quanto è stato cattivo il mondo con te per farti dubitare di qualsiasi gesto buono che viene fatto nei tuoi confronti?"

Siamo ACQUA e FUOCODove le storie prendono vita. Scoprilo ora