CAPITOLO 12

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All'improvviso, le voci che continuavano a rimbombare nell'arena si assopirono. Il famoso Traghettatore arrivò con passo sicuro tenendo le mani in tasca; i suoi passi erano saldi, forti ed erano l'unico suono che si sentiva in quel momento. Gli uomini sembravano temerlo, non era rispetto quello che vedevo, ma puro terrore. Tutti si voltarono a guardarlo e dopo che si sedette al suo posto, accanto all' Alfa dei Blacks, tutti ripreso a parlare.

Quando mi soffermai sul viso del nuovo arrivato, rimasi di stucco.

Avresti dovuto capirlo prima, Riley!

Il Traghettatore non era altro che <<occhi antracite>>.

Lui era lì in quel momento, seduto al suo posto con gli occhi puntati verso di noi.

"Lui è il Traghettatore... lui è Stone." Mormorò Oliver.

"È lui il beta di Byron?"

"Diciamo che svolge le mansioni di un Beta." Notando la mia faccia interrogativa continuò: "Lui è un Segugio, come me... ma non uno qualsiasi... lui è il Segugio Infernale."

"Segugio Infernale?" Ripetei sconvolta.

"Ha gli stessi sensi sviluppati di noi Segugi, ma ha un legame con l'inferno: è capace, o almeno così si dice, di aprire un passaggio diretto verso il mondo degli inferi."

"Ecco il perché del suo nome, Il Traghettatore di anime, Caronte... è la cosa più folle che ho sentito finora!"

"Nel corso dei secoli non ci sono stati molti Segugi Infernali, lui pare sia solo il secondo, quindi le informazioni su di lui non sono molte."

Portai gli occhi su di lui e il mondo che mi stava attorno scomparve, scomparvero le urla e le risate, tutta la mia attenzione era stata catturata dai suoi occhi antracite. Si trovava nella tribuna di fronte alla mia e mi fissava, mi stava osservando, mi stava studiando di nuovo come quella notte.

Per la prima volta sentii uno sguardo bollente su di me che non cercava di superare le mie barriera, ma semplicemente osservava ogni centimetro di me, ogni centimetro che io ero disposta a mostrare.

Ciò che più mi sconvolgeva era la disinvoltura con cui lo faceva: non tentava minimamente di nascondere ciò che stava facendo. Continuava a tenere i suoi occhi su di me senza preoccuparsi che qualcuno potesse accorgersene. Io che odiavo avere l'attenzione su di me, stavo facendo fatica a mantenere la calma. Non accadeva mai, niente mi smuoveva, ma non so come, il suo semplice sguardo mi destabilizzava.

Portai la mente al presente e cercai di ignorare quel caldo che stava divampando in me.

"Qual è il sono nome?" Chiesi a Oliver senza smettere di guardare Stone.

"Stone."

"Stone sarà il suo cognome, ma il suo nome qual è?"

Sentii Oliver tentennare nella risposta. "Nessuno lo usa e quasi nessuno lo conosce, ma Jay ha indagato e lo ha scoperto."

"Allora qual è?" Ero impaziente di associare la sua figura a un nome.

Oliver abbassò la voce e mi parlò nell'orecchio, come se gli altri licantropi non potessero sentirci.

"Caleb."

Caleb Stone. Gli si addiceva.

Caleb, ti ripagherò con la tua stessa moneta. Ti osserverò e capirò cosa nascondi!

Come l'altra volta, era vestito completamente di nero e nonostante il freddo, portava una T-shirt che lasciava scoperte le sue braccia robuste piene di disegni. I tatuaggi che lo coloravano, non sembravano essere il capriccio di un ragazzino, ma apparivano come il frutto di una precisa idea. Non potei non confermare, come avevo notato quella sera, che non aveva il simbolo di appartenenza al branco. Non riuscivo a spiegarmene il motivo visto che chiunque lì dentro possedeva quel segno di riconoscimento che mostrava con orgoglio.

Siamo ACQUA e FUOCODove le storie prendono vita. Scoprilo ora