Capitolo 11.

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Carlos

Mi sveglio con un mal di testa che credo di non aver mai avuto in vita mia. Faccio fatica ad aprire gli occhi, infatti li richiudo subito a causa della luce, stropicciandoli un po' prima di provarci una seconda volta.

La prima cosa di cui mi accorgo è di indossare ancora la camicia di ieri sera, ma di non avere i pantaloni e, in realtà, neanche i boxer.

Sospiro e mi passo una mano sul viso, cercando di rimettere insieme i pezzi e di capirci qualcosa, ma ogni mio tentativo risulta completamente vano quando mi rendo conto di non essere nella mia stanza, bensì in quella di Chloé.

Serro gli occhi ancora una volta e improvvisamente, nella mia testa si susseguono le immagini della nostra notte insieme, dal primo minuto fino all'ultimo, in cui mi sono addormentato.

Giro la testa verso il suo lato del letto, ormai rimasto vuoto, e vedo un bigliettino scritto a mano poggiato sul cuscino.

Sono tornata a Montecarlo. Spero che mi capirai,
Chloé.

Lascio che il pezzo di carta cada dalle mie mani senza neanche curarmi di dove vada a finire, e mi scompiglio nervosamente i capelli, emettendo un grugnito di fastidio.

Io, Carlos Sainz, abituato ad uscire dalle camere delle ragazze con cui vado a letto ancora prima che sorga il sole senza neanche fare un cenno, sono terribilmente incazzato per essere stato mollato con un biglietto come se nulla fosse.

Afferro il telefono, cerco distrattamente il suo numero in rubrica e la chiamo, aspettando che risponda per dirle tutto quello che sento. Ogni squillo è un passo in più che lei compie per allontanarsi da me, finché non entra la segreteria, che mi costringe a riagganciare.

Abbandono il telefono tra le coperte e mi alzo dal letto velocemente, indossando una tuta prima di andare in cucina, dove trovo Caco ad aspettarmi.

"Ehi" mi saluta, finendo di bere il suo caffè.

Mi limito a fargli un cenno con la testa mentre mi avvicino al frigorifero e tiro fuori del succo.

"Chloé è tornata a Monaco per un po'" mi informa, con tono piatto.

"Lo so" dico soltanto. Cerco di non far trapelare il mio nervosismo, ma lui mi conosce troppo bene e riesce a capirmi immediatamente.

"Carlos? Che c'è che non va?" indaga subito, appoggiando la tazzina sul tavolo e sporgendosi in avanti per avvicinarsi a me, come se volesse studiarmi.

"Che vuoi dire?" fingo, versando un po' di succo nel bicchiere.

"È successo qualcosa tra di voi, stanotte? Perché ha deciso di andarsene così di fretta senza avvertire nessuno?" insiste.

Rimango in silenzio ed abbasso lo sguardo per qualche secondo, poi punto gli occhi nei suoi e sospiro, passandomi una mano sul viso. "Abbiamo fatto sesso" confesso, mentre vedo un'espressione piuttosto stupita dipingersi sul suo viso.

"Cazzo, Carlos..." mormora, sfilandosi gli occhiali e mettendoli da parte, per massaggiarmi le tempie in comodità. "Era proprio necessario?" domanda retorico, guadagnandosi uno sguardo in cagnesco da parte mia.

"Che vorresti dire, scusa?" chiedo stizzito.

"Non potevi evitare di scoparti almeno lei? Le abbiamo fatto firmare un contratto di lavoro, non è come una delle ragazze che ti porti a letto ogni giorno!" esclama gesticolando.

"Lo volevamo entrambi, è chiaro?" inizio alzandomi dalla sedia. "Se vogliamo dirla tutta, era lei la più lucida fra i due, e non si è di certo tirata indietro, quindi smettila di dipingermi come il mostro disadattato che non sa tenersi il cazzo nei pantaloni!" alzo la voce, sbattendo le mani sul tavolo ed uscendo dalla cucina per entrare nella mia stanza.

Sbatto la porta alle mie spalle ed ignoro la voce di Caco che prova a farmi tornare da lui per parlare. In questo momento, l'ultima cosa di cui ho bisogno è di discutere ancora con lui. Voglio solo provare a richiamare Chloé per capire il perché di questa sua scelta e parlarci in modo chiaro.

Prendo il suo numero dalle chiamate recenti e premo la cornetta verde, aspettando che accetti la chiamata. Stavolta, risponde dopo pochi secondi.

"Carlos" dice soltanto, con tono fermo.

"Che significa quel biglietto? Perché sei tornata a Monaco?" chiedo senza neanche salutarla.

"Ho l'esame, non te lo ricordi?" dice con ovvietà, lasciandomi interdetto per qualche secondo.

"Non prendermi per il culo, Chloé. Se il motivo fosse stato solo quello, avresti potuto dirmelo a voce e non saresti dovuta scappare via come un ladro" ringhio contro il telefono, alzando leggermente la voce.

La sento sospirare dall'altro lato del telefono e la immagino con quella sua aria indecisa come se fosse davvero qui davanti a me.

"Carlos, per un po' è meglio così. So che abbiamo un accordo, ma nessuno sospetterà nulla se stiamo lontani per qualche giorno, quindi sta' tranquillo in quanto a quell-" dice tutto d'un fiato, prima che io la interrompa.

"Non me ne frega un cazzo di quel maledettissimo accordo!" urlo, passandomi una mano tra i capelli e tirandoli leggermente per la frustrazione.

"Carlos..." sussurra lei. "Non rendere le cose più difficili, ok? Ci vediamo fra qualche giorno per la cena di fine anno della Ferrari" mi fa sapere, prima di riagganciare.

Lancio il telefono sul letto, rimasto intatto dal giorno prima dato che ho passato la notte in camera di Chloé, e mi siedo su una delle due poltrone che ho davanti.

Mi massaggio le tempie lentamente e chiudo gli occhi.

Maledetto il giorno in cui ho dato ascolto ai consigli di merda di Caco. Dovevo immaginare che sarebbe andata a finire così, che qualcosa sarebbe andato storto.

Due persone non possono fingere di essere innamorate senza che una di loro rimanga davvero coinvolta sentimentalmente. Sembra così palese, eppure io me ne sono accorto troppo tardi.

Paid-for love - Carlos SainzWhere stories live. Discover now