Qatar 2022: Nafris in Doha

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Nafris

Mattina presto: saranno state le 7,30. Odio svegliarmi a quell'ora ma per una giusta causa lo faccio volentieri. Mi alzo e apro la finestra per godermi la vista della città da quello stupendo attico a due piani da dove viviamo con Kylian: il sole sorgeva appena e con lui anche la città prendeva vita con le prime luci di un classico giovedì parigino. Il tutto era accompagnato da un gradevole odore di  croissant appena sfornati dal locale vicino casa che andava in contrasto con il freddo che faceva. Chiudo la finestra e mi accorgo di avere ancora la valigia aperta: ieri sera erano già le 23:00 e ho mollato tutto in corso d'opera. In realtà mi stava venendo anche il nervoso perché non avevo idea di come far entrare in una valigia 3 paia di scarpe. Sarei dovuta stare lì almeno per qualche settimana quindi dovevo avere spazio per tutto. Ci ho rinunciato ieri sera ma l'avrei dovuta finire entro le 10,00 di stamattina: perché oggi non é un giorno come gli altri. Kylian mi aspetta lì a Doha, e ci divide solo un aereo con la durata di 6 ore. Non ho mai fatto un viaggio così lungo, ma per fortuna ero riuscita a convincere Marco e Jessica a venire con me. Quelli più in ansia in questa situazione sono i miei genitori: sentirli mi fa sempre tanto piacere, mi mancano un sacco, ma sono a dir poco iperprotettivi per la loro amata figlia. Mi hanno raccomandato di stare attenta a ogni cosa, dai bagagli, alle persone che incontro e tante altre cose. Io ansia ne ho, anche tanta, ma in confronto alla loro sono un eremita. Comunque era ora di buttarmi sotto la doccia per sciogliere un po' la tensione, non solo per quello che mi aspetta, ma anche per ciò che ho passato in questi ultimi giorni. Lo studio intenso ma che ha dato i suoi frutti con il massimo dei voti all'esame nasconde un mare di altre situazioni come lo stare da sola a casa e badare ad essa facendo la spesa, pulendo e tutto questo, ripeto, da sola. Sono sempre stata abituata ad avere qualcuno con me almeno nell'ambiente in cui non si prova mai disagio, ovvero casa propria. E tra una cosa e l'altra ho finito per trascurare quello che ho fatto per arrivare a dove sono oggi. La doccia e le sue vibes accompagnano questo momento di riflessione intensa e vagamente filosofica: un anno fa a oggi ero una studentessa in quell'inferno di scuola che ho beatamente finito a Torino. La classe divisa a metà, con io da una parte e il resto dei compagni dall'altra. Il peggior anno scolastico della mia vita, con tanto veleno ingoiato e la bella soddisfazione di aver concluso, anche lì, con il massimo. Un giorno come gli altri mi appare una insperata notifica sul cellulare del mio idolo che ad oggi é il mio fidanzato. Parte della forza che mi ha contraddistinto in questo periodo me l'ha data lui, con la sua positività, la sua gentilezza, il suo modo di fare spesso anche simile al mio. Un'intesa speciale non solo sulle passioni ma anche sul modo di agire e, in un certo senso, prendere a pugni questa vita frenetica. Non é sempre stato facile: le incomprensioni, spesso anche dettate da un mio francese tutt'altro che perfetto, ci hanno portato a qualche scontro ma mai nulla di veramente pesante. Proprio perché l'essere simili, ci porta a ricongiungerci subito. Spero solo che dall'altra parte ci sia un ricambio di queste emozioni così forti, brucianti come carboni ardenti che scaldano come una doccia calda in un freddo novembre a Parigi. 

Kylian

La vittoria non aveva portato l'entusiasmo sperato all'ambiente. Si respirava una bell'aria negli spogliatoi, consapevoli di aver reagito allo svantaggio iniziale e aver rimontato una partita di importanza fondamentale per il nostro percorso mondiale. Ma non c'era tempo per festeggiare, anzi, nessuno si doveva azzardare . Ieri, infatti, é stata una giornata senza troppe variazioni: l'unica differenza é qualche sorriso in più in allenamento ma poco altro e soprattutto il momento é inopportuno per scherzare. Neanche il tempo di defaticare che domani affrontiamo la Danimarca, la seconda compagine più forte del girone, dietro solo a noi. Anche loro avevano conquistato i 3 punti nella gara inaugurale contro la Tunisia, perciò diventava già una partita decisiva per le sorti di un girone che ci dava per vincitori a mani basse. Ma non c'era da montarsi la testa: contro l'Australia siamo scesi in campo con la scarpa sinistra sul piede destro e viceversa. Abbiamo vinto perché siamo oggettivamente più forti ma non ci andrà sempre bene come martedì. Deschamps negli spogliatoi a fine partita era incazzato come poche altre volte l'ho visto. Passo nervoso che si sentiva da un chilometro e un pugno alla porta appena entrato: "Ragazzi... Abbiamo vinto... Ma se volete vincere anche la prossima così vi sbagliate. Io vi prendo e vi rimando a casa se vedo certe cose viste oggi. Abbiamo lavorato pomeriggi interi per vincere a fatica contro l'Australia? Rimontando uno svantaggio da una squadra che in 11 non hanno qualità come uno solo di voi? Fate una cosa. Andate a dormire stasera contenti di aver vinto come squadra, nessuno può vantarsi della propria prestazione".
Così abbiamo fatto, senza battere ciglio, con il solo mister che é andato a rispondere alle domande dei giornalisti. I quotidiani di ieri avevano sulla testata grandi titoli come "Grande Francia" o "Francia battagliera", ma dentro di me sentivo come la sensazione che potessi fare molto di più: che questo era solo un assaggio di cosa posso realmente fare. Proprio stamattina stavo parlando con Karim, che aveva segnato due gol contro l'Australia. Era quasi ora di pranzo e l'allenamento era ormai alla sua fase conclusiva: chi correva per defaticare, chi faceva un po' di torello, e poi chi come me e Karim avevamo fatto la partitella ed eravamo cotti sotto il sole bruciante qatariota.
Mentre si toglieva la fasciatura dal mignolo che non si degna di raddrizzarsi, mi aveva fatto una domanda:
Karim: "Contre l'Australie, tu penses avoir bien joué ?" (Contro l'Australia tu pensi di aver giocato bene?).

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