Capitolo 3: Talento sprecato?

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Nafris

Nella vita vanno prese strade a volte complicate, buie e difficili. Come potevo immaginare però di arrivare fino a questo punto? Con un 100 dalla maturità e un Kylian che mi aspetta a Parigi? Se me lo avessero detto un anno fa probabilmente mi sarebbe venuto da ridere. Questa strada era illuminata, bella e prosperosa. Anche se ora un po' di malinconia la sentivo. Mentre ero in macchina direzione aeroporto ho pensato a tante cose: dalla mia famiglia che non mi ha mai privato delle ali della libertà e l'Università a Parigi ne era una prova; Ma ciò nonostante mi mancheranno tanto: mio fratello con cui eravamo una squadra incredibile, mio padre che senza di lui non so come sarei, e gli devo tanto per come sono oggi, e infine mamma, che é semplicemente mamma e mi mancherà.

Salutai loro e raggiunsi il gate per Parigi. Sentivo di avere gli occhi un po' lucidi, ma in pochi minuti pensai che tra poche ore sarei stata nella città dei miei sogni per studiare ciò che mi piaceva. Avevo una valigia più grossa di me che facevo fatica a trasportare, ma per fortuna non me la aprirono ai controlli, anche perché altrimenti non sarei riuscita a richiuderla da sola. Salita sull'aereo, Kylian mi avvisò che lo avrei trovato all'aeroporto appena uscivo dalla porta principale. Buona notizia, almeno non dovevo fare i salti mortali per arrivare in centro.

Due ore dopo...

Parigi eccomi qua! Non vedevo l'ora di uscire da quell'aeroporto. Sia per vedere Kylian, ma anche e soprattutto per iniziare questa mia nuova esperienza. Dopo qualche controllo e un enorme disorientamento generale, riuscì a trovare la uscita principale dell'aeroporto. Ma non vedevo nessun viso familiare. Intanto mi accorsi di non aver attivato ancora il roaming internazionale vsito che avrei dovuto avvisare a casa che ero atterrata. Appena lo attivai, mi arrivò il messaggio di Kylian: "Scusa, un impegno... Ti raggiungo alla stazione, prendi il taxi da sola (Désolé, engagement... Je te rejoins à la gare, prends le taxi tout seule)".

Chiamai un taxi e mi diressi verso la stazione. Ma mentre ero in macchina ci pensai un po': chissà di che impegno si trattava, se era solo una scusa oppure era veramente qualcosa di serio. Non ero arrabbiata però se mi avvisavi prima era meglio, suvvia.  Comunque il malumore mi passò quasi subito perché sentii  i miei per dire loro che era tutto andato bene: l'aeroporto dista circa 25 km dal centro, o almeno questo é ciò che mi disse il tassista, un tipo simpatico che sembrava appena uscito da qualche film anni '70: aveva il basco grigio, la camicia a righe sottili nere su azzurro, e quei baffi che ricordavano Salvador Dalì. Un francesino in tutto e per tutto... Ci mancava solo "la vie en rose" in radio e la busta con le baguette ed eravamo al completo. 

In ogni caso non vidi tantissimo della città, almeno per due terzi del tragitto. Poi si innalzò davanti a me un enorme struttura che sembrava proprio uno stadio. Non mi  sembrava il Parco dei Principi inizialmente e il tassista che mi vide incuriosita dallo specchietto mi disse che era lo Stade de France, dove gioca la nazionale. Non avevo mai calcolato la presenza di questo stadio. Poco dopo mi ritrovai tra le vie della città: ero circondata di Art Nouveau, palazzi in stile Rinascimentale, ed enormi sculture tutte da ammirare. Non passammo davanti alla Università che mi avrebbe accompagnato almeno per un anno, ma sicuramente non sarebbe stato difficile arrivarci. Arrivata in stazione mi avviai verso l'entrata, ma nel mentre presi il telefono e chiamai Kylian. Ma neanche il tempo di fare il numero che eccolo lì davanti a me: "Chi chiami? La polizia? (Qui appelles-tu ? La police ?)".

Mi abbracciò fortissimo, ma quando gli chiesi del contrattempo mollò un po' la presa: "Questioni burocratiche non preoccuparti... Andiamo a casa, sarai stanca (Problèmes bureaucratiques, ne tu inquiétes pas... Rentrons à la maison, tu seras fatiguée)".

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