Crisi

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Kylian

Mancavano appena 24 ore dalla sfida di ritorno con il Real. Ero in hotel e avevo più ansia del solito. Mi ripetevo di stare tranquillo, di giocare come sapevo, senza paura di rischiare. Ma non era come al solito. Se ne accorsero anche Ney e Marco, che erano in stanza con me. Come in ogni trasferta, mi trovavo sempre in stanza con loro: Marco era il più rompipalle perché voleva andare sempre a dormire presto, mentre io e Ney rimanevamo a giocare alla play fino alle 23:00 almeno. Invece quella sera andò diversamente. Ney dopo l'ennesima partita riniziata mi disse: "Secondo me devi soltanto svagarti un po'... Vieni a giocare dai".

Non ero in vena però. Marco mi diede uno schiaffetto in testa e mi mise abbastanza in imbarazzo: "Kylian ma sei innamorato?". 

Inutile dire che non lo ero, ma non so perché, la prima persona che pensai appena mi fece questa domanda, era proprio Nafris. Ed é lì che mi passò quell'ansia che non era normale: mi ricordai dell'importanza di far gol al Bernabéu. Sia per il passaggio del turno, ma anche per dedicarlo a quella splendida ragazza. In ogni caso, mandai a quel paese Marco e accontentai Ney giocando un po' alla play. Verso le 22:00 qualcuno bussò alla porta: era Messi, e sembrava abbastanza incazzato. Spense la televisione e ci disse: "Ascoltatemi bene... Voi domani mi dovete far segnare per forza. Davanti a questi bastardi del Real non posso fare figuracce come quella dell'andata". Poi si mise davanti a me e con un tono molto duro mi sussurrò: "E tu mio caro fenomenino, lascia il posto a chi in questi palco scenici ha esperienza". Non mi sembrava vero: avevo deciso l'andata, rimediando a una sua prestazione veramente di basso livello, e lui mi trattò così? Lì per lì lasciai correre... Non mi andava di scatenare un casino.  Tanto questo nano é il cocco del mister. Li risposi con 4 parole e poi aprì la porta: "Ci vediamo in campo".            Per fortuna obbedì, e ci lasciò da soli. Ney era l'unico che andava d'accordo con Messi tra noi, ma lì sbottò: "Non é più quello di Barcellona... Prima non alzava la voce in questo modo. Eravamo grandi amici, ma da quando é qui, fa gruppo solo con gli altri argentini. Sarà perché non li ho lasciato la 10?". Né io né Marco fiatammo... Tornammo alle nostre cose quasi come se non fosse successo niente.  Non ci facevamo intimorire sicuramente da un nano del genere. 

La mattina seguente era già tutto dimenticato: Marco era già sveglio quando io aprii gli occhi ed era già pronto per scendere. Classica routine, e in un attimo era già sera. Arrivammo allo stadio abbastanza presto, intorno alle 17:30. Prima della partita sentii Simons. Mi dispiaceva un sacco per la sua situazione: era stato messo praticamente fuori rosa, per via della cessione imminente ma continuammo a sentirci molto spesso. Era carico per la sua prossima avventura in Olanda, e questo suo entusiasmo me lo passava rendendomi una bomba d'orologieria di adrenalina. Sentii anche Presnel che sfortunatamente non aveva recuperato dall'infortunio. Mi fece il suo classico in bocca lupo per messaggio e poco altro. Il maestro mi aveva dato la sua benedizione. Ero pronto: non sentivo più pressione. Gli 80.000 del Bernabéu non mi facevano paura. Volevo far gol a tutti i costi. Per Nafris, per me, per la squadra. Prima di entrare in campo però, Messi mi fece un cenno per farmi capire di passarli la palla davanti alla porta. Annuì, ma la verità é che non mi importava nulla di lui, ma solo della squadra.  Fischio d'inizio e si parte: già da subito il Real ci mette in seria difficoltà, ma per fortuna Gigio ci salva in più di qualche occasione. Nel primo tempo tocco pochissimi palloni. C'era tanta pressione su di me da parte dei centrocampisti, e mi rendevano la vita difficile. In breve, ero il pericolo numero uno. L'unica occasione che riesco a ritagliarmi arriva solo nei minuti finali: ricevo palla da Gini, ne dribblo uno, due, tre. Vedo la porta... Calcio. Palo. Urlo strozzato in gola, ma sicuramente un motto di sicurezza per la squadra e per far capire al Real che non eravamo venuti qua solo per difenderci. All'intervallo Pochettino ci disse di continuare così. Di soffrire, e ripartire in contropiede. Non mi sembrò la tattica migliore, ma non dissi niente, anche se con Ney ci guardammo perché avevamo capito che sarebbe stato un secondo tempo di sacrificio. Ed effettivamente é stato così. Si mise anche a piovere, ma per fortuna il terreno reggeva. Gigio ne salvò almeno altri due, e il Real sembrava potesse far gol da un momento all'altro. Nei minuti finali, il Real allenta la pressione: erano stanchi, ma noi di più. Non trovevamo la forza di ripartire. Ogni volta che prendevo palla poi, Messi me la invocava sempre, come se volesse fare tutto lui. Ma non avevo mai la possibilità di servirlo. O era marcato, oppure si nascondeva tra i difensori madrileni. La partita terminò a reti bianche: uno 0-0 che premiava noi per il passaggio del turno, ma sicuramente una prestazione rivedibile. Fui uno dei primi a rientrare negli spogliatoi e mi abbracciai con Gigio: era lui l'eroe di quella serata. Con le sue parate ci ha garantito il passaggio del turno e li ero molto grato. L'ultimo a rientrare fu Messi che si rivolse subito a me. Mi indicò e me ne disse di tutti i colori: "Avevamo fatto un patto... Non me l'hai passata neanche una volta. Chi ti credi di essere?". 

Lì non ci vidi più: lo presi per la maglia e lo appesi al muro.  Mi aveva davvero seccato questa situazione: non ne facevo una questione personale, ma per il gruppo. Da quando é arrivato qua é stato trattato come un re. Sarebbe dovuto essere multato un sacco di volte per le cose che ha fatto: a partire dalle prese in giro a Simons o agli altri giovani della primavera. Proprio nel momento in cui stavo per mollarlo, mi prese da dietro Icardi. Poi si misero in mezzo anche Gini e Marco... Partì una mezza rissa che durò per qualche minuto. Il bilancio era un occhio nero per Marco, e il setto nasale di Icardi rotto. Tra i pacificatori ci fu Marquinhos: "Vi sembra il momento di fare così? Non ci si comporta in questo modo... Siamo uomini, facciamo i seri". Le sue parole misero a tacere il borbottare di Messi e Icardi che probabilmente, non ne ebbero abbastanza. Quando ci vide il mister, rimase per qualche secondo a fissarci. Poi con un tono molto deluso disse: "Non ho nulla da aggiungere. Vi prenderete le conseguenze di ciò che avete fatto". Ovviamente stava guardando me e Marco, come se fossimo stati noi a iniziare. Come se fossero sempre loro i buoni. Questo posto stava veramente diventando un covo di falsi e ipocriti. Avevamo appena eliminato il Real, una delle favorite per la vittoria finale, e noi abbiamo reagito con questa rissa da bar. Non mi tiro indietro dalle colpe, e dico che mi sarei potuto contenere. Però non ne potevo più. Era un susseguirsi di episodi che mi portarono a reagire così. Ma non importa, non ci volli più pensare. Il giorno dopo sarebbe stato sicuramente meglio. Quando tornai in hotel, pensai al mio mancato gol. E annessa, la mancata esultanza per Nafris. Sarà per la prossima volta... Ma mi dispiace.

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